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lucva
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lunedì 26 ottobre 2015
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poteva essere perfetto
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per me questo film è da 4 stelle -- , è un film di genere che a me personalmente piace a prescindere ho fatto indigestione di romanzo criminale in tutte le salse ..il film ha una tensione alta ottimo intreccio della storia bella fotografia ma...io avrei ridotto e tagliato alcune scene sesso discoteche lungaggini la storia del papa ..e spaccati su alcuni personaggi ..mi sarei soffermato ho avrei inserito più storia sui personaggi sulla storia della magliana( oarlamentare e samurai) che in fin dei conti è la banda principe della storia della criminalità romana , ad uno spettatore che ne sà meno avrebbe calzato a pennello.
per il resto film godibile crudo e avvincente tra la inutili commediole italiane questo bel film è quasi un diamante
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joker 91
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venerdì 30 ottobre 2015
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se questo è il meglio del cinema italiano.....
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Sollima si dedica alla politica scordandosi totalmente di toccare i veri problemi di questo paese.... che non sono certo un politico smanioso di sesso,droga e menefreghismo all'italiana che agisce come gli altri per interesse proprio,come non sono le famiglie di delinquenti che si servono del personaggio di Germano il problema. Sollima dimentica di toccare un tema importantissimo-la massoneria e la finanza sovra-politica,questo film parla dei soliti pesci piccoli che agiscono per interessi personali ma che sotto sotto non contano veramente nulla a livello sistemico. Un film che parla degli specchi dietro al quale si nasconde il vero potere senza toccare però il tema di chi tira i fili veramente in questa nazione(finanza,banche,unione europea e governi scelti da poteri sovra-politici).
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Sollima si dedica alla politica scordandosi totalmente di toccare i veri problemi di questo paese.... che non sono certo un politico smanioso di sesso,droga e menefreghismo all'italiana che agisce come gli altri per interesse proprio,come non sono le famiglie di delinquenti che si servono del personaggio di Germano il problema. Sollima dimentica di toccare un tema importantissimo-la massoneria e la finanza sovra-politica,questo film parla dei soliti pesci piccoli che agiscono per interessi personali ma che sotto sotto non contano veramente nulla a livello sistemico. Un film che parla degli specchi dietro al quale si nasconde il vero potere senza toccare però il tema di chi tira i fili veramente in questa nazione(finanza,banche,unione europea e governi scelti da poteri sovra-politici). Un film ben girato,ottima musica e cast eccellente(soprattutto Greta Scarano) ma che non dice veramente nulla... una presa ingiro per il pubblico,il potere è altro,questo Sollima lo sa. Un film contro la politica(in special modo la destra)ma essendo produzione rai non poteva essere altrimenti...
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contrammiraglio
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sabato 31 ottobre 2015
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un novembre caldo
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Premessa: due e mezzo sarebbero le stelle giuste, comunque; tralasciando che a novembre son tutti fuori a mezze maniche e sotto l'acqua e che non s'ammala nessuno, finchè non si arriva all'apocalisse (limite temporale preso pari pari dai films e libri americani), il film scorre in maniera anche piacevole, dopo s'ingolfa alla grande.
Meno credibile dell'Amendola terminator, che dà la sua ennesima prova d'inesistente talento attoriale, c'è solo il massacratore dello zingaro amante degli animali (solo carne fresca per il cane) con tutto un insieme di situazioni scopiazzate (malino però) da varie altre pellicole alla ricerca vana di fare un gangster all'americana in salsa capitolina.
Notevole il Numero 8, ma resta una occasione sprecata; parecchio meglio ACAB in effetti!
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attiliolacassa
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martedì 20 ottobre 2015
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nulla di nuovo
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Sollima non fa altro che copiare se stesso e gli altri. Chiari riferimenti a La Grande Bellezza per le ormai classiche inquadrature con lo sfondo dei monumenti di Roma (Colosseo escluso, sarebbe stato veramente troppo) e per una delle prime scene in cui la figa di turno balla al centro della pista e il "povero" Elio Germano fa il Carlo Buccirosso della situazione. Greta Scarano, quelle poche volte in cui gli concede la parola, "sbiascica" come Tea Falco in 1992. Solita crudeltà, fin troppo nella scena della "vendetta" di Elio Germano, molto poco verosimile visto il personaggio, come del resto gran parte della sceneggiatura: tutta la storia nasce dal fatto che il pacato e razionale Claudio Amendola si sia fatto convincere a non eliminare l'unico testimone rimasto di quella notte di sesso e pedofilia.
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Sollima non fa altro che copiare se stesso e gli altri. Chiari riferimenti a La Grande Bellezza per le ormai classiche inquadrature con lo sfondo dei monumenti di Roma (Colosseo escluso, sarebbe stato veramente troppo) e per una delle prime scene in cui la figa di turno balla al centro della pista e il "povero" Elio Germano fa il Carlo Buccirosso della situazione. Greta Scarano, quelle poche volte in cui gli concede la parola, "sbiascica" come Tea Falco in 1992. Solita crudeltà, fin troppo nella scena della "vendetta" di Elio Germano, molto poco verosimile visto il personaggio, come del resto gran parte della sceneggiatura: tutta la storia nasce dal fatto che il pacato e razionale Claudio Amendola si sia fatto convincere a non eliminare l'unico testimone rimasto di quella notte di sesso e pedofilia. Del finale, poi, meglio non parlarne... D'altronde è già stato criticato da tutti.
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giulio
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sabato 24 ottobre 2015
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niente di nuovo
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Niente di nuovo, niente che valga la pena; due ore ben confezionate dei soliti, perpetui, immortali stereotipi di un'Italia avvinghiata su se stessa. Un film che non dice nulla, non aggiunge nulla, anzi livella ogni carattere fino a farne macchia parossistica, quasi morbosa, appunto scontata, ove ogni personaggio fa esattamente ciò che ci si aspetta. C'è il politico colluso con la celtica al collo che va per prostitute e festini e al solito se ne fotte della magistratura; il delinquente di Ostia, giovane e tatuato, che morde il freno e agogna l'ascesa con la fidanzata tossica; lo zingaro che irrimediabilmente finisce per sequestrare un bambino; l'imprenditore messo alle strette che tradisce tutto e tutti per salvar capre e cavoli; il fascista coperto bene, riciclato nel malafarre, traffichino agganciato al vaticano con l'idelogia nel cuore e la mano sul portafoglio; la piazza che grida Ladri o al più Buffoni.
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Niente di nuovo, niente che valga la pena; due ore ben confezionate dei soliti, perpetui, immortali stereotipi di un'Italia avvinghiata su se stessa. Un film che non dice nulla, non aggiunge nulla, anzi livella ogni carattere fino a farne macchia parossistica, quasi morbosa, appunto scontata, ove ogni personaggio fa esattamente ciò che ci si aspetta. C'è il politico colluso con la celtica al collo che va per prostitute e festini e al solito se ne fotte della magistratura; il delinquente di Ostia, giovane e tatuato, che morde il freno e agogna l'ascesa con la fidanzata tossica; lo zingaro che irrimediabilmente finisce per sequestrare un bambino; l'imprenditore messo alle strette che tradisce tutto e tutti per salvar capre e cavoli; il fascista coperto bene, riciclato nel malafarre, traffichino agganciato al vaticano con l'idelogia nel cuore e la mano sul portafoglio; la piazza che grida Ladri o al più Buffoni. Un copione già visto, un bagno moralizzante senza troppo slancio, anzi un certo senso di stanchezza, di accorto perbenismo che ormai ha poco da dire e ancor meno da mostrare se non la reiterata commedia dei ruoli per cui tutti son corrotti, tutti hanno segreti, tutti chiedono favori o ne fanno, fino alla nemesi becera della piazza, delle fogne che straripano, del papa che rinuncia allo scranno, delle pistolettate sotto casa e del governo che rovina. Inutili lungaggini nei dialoghi, inutili scene di sesso, inutile la sparatoria dentro la Coop, maldestre le musiche. Tutto già raccontato, tutto irreparabilmente identico, fermo, inconsistente, poco approfondito, superficiale analisi di chi nulla intercetta del mondo ma si contenta di elencare e intrecciare vizi e malcostume con frasi fatte e malumori apocalittici.
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kondor17
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lunedì 2 novembre 2015
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furbo e superficiale
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Nella Roma disturbata e ammanicata di oggi, lo sappiamo, la realtà supera purtroppo e di gran lunga la fiction. Ciò nonostante il regista riesce a fare di un argomento attuale e scottante (l'abusivismo edilizio del litorale romano, le collusioni tra mafia chiesa politica e casta in quel che rimane della nostra capitale) un film banale e sciatto, superficiale all'inverosimile, che si salva grazie a Elio Germano e alle due figure femminili e, in parte, dal numero 8. Non inizio neanche ad elencare le lacune narrative e gli ingredienti essenziali lasciati colpevolmente senza accenno alcuno. Mi limito a dire che la storia gira tutta attorno a un piano regolatore, o riqualificatore, di Ostia che secondo il regista dovrebbe essere approvato in Parlamento da una legge, dietro la quale gravitano poteri forti locali e non, e che vede implicato il parlamentare Favino che, ricattato, si lascia sfuggire con ingenuità disarmante, anche per un neofita del settore, informazioni che manderanno in fumo il business.
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Nella Roma disturbata e ammanicata di oggi, lo sappiamo, la realtà supera purtroppo e di gran lunga la fiction. Ciò nonostante il regista riesce a fare di un argomento attuale e scottante (l'abusivismo edilizio del litorale romano, le collusioni tra mafia chiesa politica e casta in quel che rimane della nostra capitale) un film banale e sciatto, superficiale all'inverosimile, che si salva grazie a Elio Germano e alle due figure femminili e, in parte, dal numero 8. Non inizio neanche ad elencare le lacune narrative e gli ingredienti essenziali lasciati colpevolmente senza accenno alcuno. Mi limito a dire che la storia gira tutta attorno a un piano regolatore, o riqualificatore, di Ostia che secondo il regista dovrebbe essere approvato in Parlamento da una legge, dietro la quale gravitano poteri forti locali e non, e che vede implicato il parlamentare Favino che, ricattato, si lascia sfuggire con ingenuità disarmante, anche per un neofita del settore, informazioni che manderanno in fumo il business. I piani urbanistici invece mi risulta siano decisi dall'urbe, quindi dal comune, a meno che non siano territori demaniali (greti, spiagge) o di interesse naturalistico o geologico generale. Ma del sindaco e delle forze dell'ordine (dov'è finito il commissario Malatesta del libro?) neanche l'ombra. Anche le "famiglie" di cui Amendola è il tramite restano avvolte in un alone di mistero e basta. E invece, le dimissioni del papa e il ruolo della curia e del messo vaticano? Quelle si sono rilevanti? Il tempismo chirurgico con cui l'uscita del film ha coinciso con mafia capitale e le dimissioni di Marino da sindaco, avrebbero permesso a un lavoro decente di contare su un indotto insperato in termini di campagna mediatica. E invece, proprio per i risvolti "incredibili" che la realtà politica, non solo ma principalmente romana, ci propone quasi ogni giorno, è proprio la realtà a stroncare il film senza possibilità di appello. Buona la fotografia e la musica. Qualche scena esteticamente raffinata, soprattutto all'inizio, per il resto triviale, suburrale, insufficiente.
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dario
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venerdì 6 novembre 2015
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gracile
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Il regista non sa raccontare. Il film è fatto di scene a se stanti caratterizzate da vicende sopra le righe. La storia non sta in piedi, i cattivi fanno ridere. Manca del tutto il sottobosco, la suburra autentica. Questa è solo declamata, per giunta male. Recitazione povera, tranne qella di Elio Germano. Soluzioni apocalittiche da quattro soldi. Bella fotografia e scenografia almeno svelta.
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suburro
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martedì 20 ottobre 2015
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fa rima con gomorra
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La prima metà è di una noia mortale, poi comincia una serie di ammazzamenti esagerata.
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La prima metà è di una noia mortale, poi comincia una serie di ammazzamenti esagerata.
Chi si aspetta un ritratto realistico del malaffare a Roma rimane deluso. Chi ha ancora bisogno di un film per capire che la mafia è legata alla politica è un ingenuo.
La sceneggiatura è quasi fumettistica. I cattivi fanno cose da deficienti più che da cattivi. I buoni non esistono. Non puoi neanche goderti il gioco guardie e ladri, perché di guardie non si vede neanche l'ombra. I dialoghi (che alcuni già considerano epici) spesso sono di una banalità irritante. Claudio Amendola mafioso è credibile quanto Don Mazzi capo della Mala del Brenta. Molti elementi sono inutili alla narrazione, di contro manca il seppur minimo approfondimento dei personaggi. Stringere l'inquadratura per un minuto sullo sguardo di un attore lo so fare anch'io. Insomma una serie di scenette concatenate senza l'anima che si richiede a un buon film. Molti parlano di ritmo incalzante, io non ci vedo neanche quello.
Perché la maggioranza dei critici ne parla bene? Semplice, è un film raccomandato!
Certo, al grande pubblico piace la pistolettata, il cattivone tatuato, l'orgetta, l'atmosfera (solo un po') dark. Infatti il regista ha il solo merito di essere un gran piacione, sa bene come incassare al botteghino. Sì, Suburra è un bel nome, evoca una Roma antica molto più interessante, ma temo sia stato scelto solo perché fa rima con Gomorra.
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gamberus
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domenica 25 ottobre 2015
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il nulla
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E' difficile scrivere un commento su questo film, per alcuni versi è " senza difetti" tanto è l'incosistenza artistica. I personaggi sono delle macchiette, la regia è assolutamente incapace di costruire una drammaturgia che regga, dopo pochi minuti si sprofonda in una noia senza fine, nonostante la teorica ambizione di fare un film crudo. Tutto è non credibile, e fa sorridere, perché si vede il lavoro fatto alla "voglio ma non posso". Solo come esempio, ridicola la ragazzina che si muove come un killer professionista della mafia messicana; certo, anche una ragazza lo può essere, ma bisogna disegnare un personaggio credibile! stessa cosa per il povero Germano, che da poveretto bastonato si trasforma improvvisamente in Hannibal Lector .
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E' difficile scrivere un commento su questo film, per alcuni versi è " senza difetti" tanto è l'incosistenza artistica. I personaggi sono delle macchiette, la regia è assolutamente incapace di costruire una drammaturgia che regga, dopo pochi minuti si sprofonda in una noia senza fine, nonostante la teorica ambizione di fare un film crudo. Tutto è non credibile, e fa sorridere, perché si vede il lavoro fatto alla "voglio ma non posso". Solo come esempio, ridicola la ragazzina che si muove come un killer professionista della mafia messicana; certo, anche una ragazza lo può essere, ma bisogna disegnare un personaggio credibile! stessa cosa per il povero Germano, che da poveretto bastonato si trasforma improvvisamente in Hannibal Lector ....li si tocca davvero il fondo. Non me la sento di giudicare Favino, che cosi diretto, si muove perennemente con l'occhio da triglia. Complimenti invece a Amendola, che pur messo in questo disastro, è credibile, bravo, senza mai strafare. Rimane il fatto che questo film è quello che si vuole, ma certo non cinema.
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gianleo67
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martedì 22 dicembre 2015
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romanzo criminale 2.0
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La settimana che occorre per far approvare dal Parlamento una Legge sulle periferie che salvaguardi gli interessi di una classe politica corrotta e legata a doppio filo con la criminalità organizzata, scandisce il tempo di una Capitale immersa nello squallore di spietati traffici illeciti e perennemente battuta dalle piogge di un incessante Diluvio Universale.
Mentre pende su di loro la spada di Damocle delle annunciate dimissioni del Pontefice e la previdile caduta del Governo, una serie di personaggi da Basso Impero si aggirano come creature fameliche e instancabili nel chiuso di un immenso serraglio urbano, incrociando le loro esistenze in un groviglio inestricabile di sfruttamento e di violenza che ci restituisce il senso di una civiltà avviata verso il suo inesorabile declino.
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La settimana che occorre per far approvare dal Parlamento una Legge sulle periferie che salvaguardi gli interessi di una classe politica corrotta e legata a doppio filo con la criminalità organizzata, scandisce il tempo di una Capitale immersa nello squallore di spietati traffici illeciti e perennemente battuta dalle piogge di un incessante Diluvio Universale.
Mentre pende su di loro la spada di Damocle delle annunciate dimissioni del Pontefice e la previdile caduta del Governo, una serie di personaggi da Basso Impero si aggirano come creature fameliche e instancabili nel chiuso di un immenso serraglio urbano, incrociando le loro esistenze in un groviglio inestricabile di sfruttamento e di violenza che ci restituisce il senso di una civiltà avviata verso il suo inesorabile declino.
Tra passato e presente, gli echi della storia e le cronache dell'attualità, la Suburra della tradizione e la lottizzazione criminale dei traffici da Roma(nzo) Capitale, la strada per questo racconto, come del libro da cui è tratto, è lastricata delle buone intenzioni che non possono che portare nell'Inferno dei Vivi e nel Mondo dei Morti, attraverso quella Terra di Mezzo che le suggestioni giornalistiche e la furbizia letteraria vorrebbe attribuire a personaggi tanto reali quanto ammantati da quell'aura simbolica che solo il mito assurge a rappresentazione universale dei misfatti e delle miserie umane.
E proprio la riscrittura del mito di una Roma da Basso Impero, di una Grande Bruttezza che faccia da contraltare alla girandola patinata dell'immaginario sorrentiniano, si colloca questa rivisitazione in chiave serial-noir dell'ambizioso Sollima che, anche grazie all'abilità dei suoi sceneggiatori, vorrebbe elevare la materia tutta televisiva di questo racconto nato sul calco di un precedente che ha fatto scuola, da quei ranghi della serialità in cui presto finirà per ricadere.
Appesantito da un barocchismo che vorrebbe sfuggire dai consolidati meccanismi del racconto di genere, per puntare alle atmosfere cineree e rarefatte di una condizione umana allo stesso tempo ridicola e miserabile, questo Romanzo Criminale aggiornato al Terzo Millennio finisce per far confluire nell'estetica posticcia di personaggi sopra le righe, tutti i luoghi comuni che in questi anni (giorni?) di scandali mediatici ci siamo fatti sul sottobosco inestricabile che unisce interessi politici e criminalità organizzata, mandanti istituzionali e bracci armati, corrotti e corruttori, tutti organicamente impegnati nello stravolgere e piegare le regole democratiche al solo scopo di perseguire l'interesse personale e consolidare i rapporti di potere. Messa in secondo piano quindi qualunque verosimiglianza naturalistica ed emenadati i protagonisti dello loro reale identità (Ratzinger e Re Giorgio a parte ovviamente), il film di Sollima procede nell'accumulo di storie che inevitabilmente si intrecciano nell'inesorabile count-down di una crisi democratica e morale senza via d'uscita, chiamando a raccolta i personaggi di un triste Praesepe di Novembre da cui non sembra mancare nessuno: dal faccendiere P.R. alla puttana d'alto bordo, dal parlamentare corrotto al capomafia de noantri, dalla testa calda di periferia ai cravattari zingari, dai finaziatori di un innominabile terzo livello (quelli del Sud!?) al nuovo potere temporale dei Papi; collocandoli tutti entro le nicchie di un'appartenenza istituzionale che include templi di culto e aule parlamentari, fondazioni politiche e stabilimenti balneari, ville per feste vip ed accampamenti rom a cinque stelle; tutto questo nel caso in cui ci fosse sfuggita la prevedibile geografia di una lotta per bande di cui riconoscere perfettamente i confini. Privo di qualunque attendibilità antropologica, questo immaginario di figurine televisive quindi ha il solo scopo di spettacolarizzare una realtà ben più squallida e inqualificabile di quello che sembra, riconducendo luoghi, azioni e protagonisti ad una consuetudine romanzesca che vuole dire di più di quello che realmente conosce, parlare di scandali che tutti sanno ed infine ammonirci sui ricatti di un potere su cui le salvaguerdie democratiche sembrano gattopardescamente inefficaci: insomma tutto deve cambiare perchè nulla veramente cambi, con tanto di corollario finale di personaggi principali che fanno tutti una brutta fine senza che questo sposti di una virgola lo status quo degli interessi in gioco. Insomma a metà strada tra racconto d'azione ed ambizioni da pamphlet morale, questo dramma della corruzione e del degrado è infarcito delle inverosimiglianze e dei passaggi illogicici che affliggono chi ignora che il diavolo sta sempre nei dettagli e che le pedine sacrificabili (il P.R., la puttana, la tossica) sono sempre quelli che nella realtà hanno minori probabilità di sopravvivere. Attori dal curriculum più che adeguato per il livello di recitazione che ci si aspetterebbe da loro (tranne un Elio Germano più psicolabile del solito) per un film che si fa ricordare (bene) solo per la noteviole colonna sonora degli M83. Producono principalmente Cattleya e Rai Cinema con un sostanzioso (dopo quello della TV di Stato) contributo pubblico. Per una storia che vorrebbe parlacce der grande magna magna de la Capitale nun c'è che dire...
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