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Checco Zalone: niente di nuovo ma nuovo

Cado dalle nubi batte tutti.
di Pino Farinotti

Fenomeno Zalone
Checco Zalone (Luca Medici) (46 anni) 3 giugno 1977, Bari (Italia) - Gemelli. Interpreta Checcho nel film di Gennaro Nunziante Cado dalle nubi.

lunedì 7 dicembre 2009 - Focus

Fenomeno Zalone
Si chiamava Rupert Pupkin lo showman interpretato da Robert De Niro in Re per una notte, a mezza strada fra la cieca fiducia e la mitomania. In quel film Pupkin/De Niro riusciva a sfondare dopo aver attirato l'attenzione su di sé con uno skoop, il rapimento di Jerry Lewis. Quel film iniziava con Rupert che dà uno spettacolo a una platea che non c'è, semplicemente una gigantografia con un pubblico acclamante. Checco Zalone, protagonista di Cado dalle nubi, regista Gennaro Nunziante, nel suo borgo pugliese comincia facendo un'intervista a se stesso, ormai diventato cantante di successo. La piccola telecamera lavora in automatico, non c'è un operatore o un'emittente, c'è solo un sogno. In paese Checco è considerato un idiota, la sua ragazza non vede l'ora di liberarsi di lui, i parenti vorrebbero che rinunciasse a quei progetti che non si realizzeranno mai e che facesse il muratore per lo zio. Così Checco parte per Milano, la grande mela che gli permetterà di fare il cantante.

Nuovo
Davvero niente di nuovo ma... nuovo. E non è simulazione, è leggerezza e intelligenza. Ed è una chiave di una semplicità disarmante, anzi di diverse semplicità. La prima è lui, Checco Zalone, ovvero Luca Medici. È un comico vero, e lo aveva già dimostrato sullo schermo piccolo. Le battute gli stanno addosso, scendono naturali, non cadono dall'alto e non sono annunciate anche se non sono... di Woody. La chimica è quella che gli permette di vendere battute a basso costo a un prezzo più alto. È la capacità dei comici veri. Lo era di Totò, per esempio. Non lo è di Boldi, che è sempre sullo stesso piano delle parole che pronuncia: battuta da tre, Boldi da tre. Un'altra semplicità è il "fuori onda". Checco è politicamente scorretto, ma con tale perentorietà da entrare nel grottesco rimanendone fuori. Anche questo è un trucco dei comici con la chimica giusta. Si trova a dare uno spettacolo in un locale gay. Dice, ballando, "siete malati, ma noi normali vi sosteniamo, specialmente se ve ne state per i fatti vostri". Invece di sconcerto o peggio, risata generale. Dare a dei gay dei malati, è notorio, è talmente improprio da essere grottesco, appunto. Ma Checco sorpassa il pericolo, si fa perdonare l'abnorme scivolata.

Pipì e pupù
Corteggia una ragazza, anzi due, cantando la stessa canzone, orrenda: "faccio la pipì, faccio la pupù e in ogni momento penso a te". Checco riesce a domare la volgarità, a capovolgerla e a venderla come una cosa buona. Altra semplicità di pochi. Si innamora della figlia di un leghista, guarda la piccola scultura di Alberto da Giussano e domanda: "ma è un Power Ranger?" A un party gli si avvicina un ragazzo che, ammiccando (cocaina) gli dice "dai, va' in bagno". Quando un secondo ragazzo gli dice di andare in bagno "fatevi i cazzi vostri, me lo dovete dire voi quando devo andarci?" E, finito in bagno, scambia la polvere bianca per del gesso e sistema un rubinetto che perdeva, poi si rivolge al padrone come se si aspettasse un complimento "pensa a quanto avresti speso per un idraulico". Il destino si compie quando Checco arriva in ritardo a un'audizione, non c'è più nessuno ma lui fa il suo numero al nulla. Però è rimasta in funzione una telecamera che lo riprende. La responsabile della casa discografica dice "trovatelo assolutamente, è meravigliosamente mediocre." E così l'autore legittima il film furbescamente, ma non c'è solo furbizia, appunto.

Prevenuto
Sono sempre prevenuto verso un comico del piccolo schermo che invade il grande. E lo ero anche per Checco Zalone. Ho più volte scritto che, rispetto alla qualità, quasi sempre deprimente, del cinema italiano, il genere comico riusciva a galleggiare. Parlo di film, non di "prodotti" vacanzier-natalizi. Galleggiare vale per i lombardi Aldo, Giovanni e Giacomo, per il napoletano Salemme, per il toscano Pieraccioni, il romano Verdone e pochi altri. Ma questo pugliese al suo esordio ha battuto tutti i titoli, con un'arma convenzionale ha superato i blockbuster nucleari americani, compreso l'invincibile New Moon. E Cado dalle nubi non è un prodotto, è un film. Il fatto (film e box office) è da tenere in considerazione. L'ultima "semplicità" è quella di saper rappresentare contenuti importanti attraverso parabole piccole e comiche. Se è vero che tutto è politica, niente come la politica del nostro paese merita di essere raccontata con la parabole, col grottesco e con lo sberleffo. Nel film viene pronunciata anche la parola relativismo. Credo proprio che l'avvocato Medici/Zalone ne conosca il significato, e che, naturalmente lo conosca l'autore. Non voglio scomodare i Wilder o i Moretti, ma questo Gennaro Nunziante, sceneggiatore e regista, qui ha cercato e trovato. Potrebbe non essere un caso.

Centro
Il centro drammaturgico è un cugino che ospita Checco a Milano. Il cugino è gay. La famiglia meridionale non lo accetterebbe mai. È Checco a "convincere" la zia che il figlio va bene così, sarà felice così. Più coriaceo è il padre -da giovane se le faceva tutte- ma alla fine, dolorosamente anche lui sembra piegarsi. Checco, che dunque lo ha quasi convinto, allora lo abbraccia. Passa un ragazzo in motorino che grida "ricchiuni". È l'ultimo sberleffo, politicamente poco corretto, ma proposto da chi si è conquistato quella franchigia col talento.

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