Rocky Balboa |
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Un film di Sylvester Stallone.
Con Sylvester Stallone, Burt Young, Antonio Tarver, Milo Ventimiglia, Geraldine Hughes.
continua»
Sportivo,
Ratings: Kids+13,
durata 102 min.
- USA 2006.
- 20th Century Fox Italia
uscita venerdì 12 gennaio 2007.
MYMONETRO
Rocky Balboa
valutazione media:
3,13
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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ROCKY 6... TUTTI NOIdi mark10Feedback: 0 |
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venerdì 9 marzo 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Confessiamolo: quando la storica colonna sonora di Bill Conti irrompe nel film per accompagnare Rocky tra scalinate e palestre, un brivido accende le nostre schiene. Rieccolo! Dopo 30 anni è ancora là, a soffrire e correre con tanto di "cane formato famiglia" (ricordate Birillo?). E, proprio come allora, l'eroe è ritornato ad essere un cavaliere solitario (come tanti ce ne ha mostrati il cinema). Una famiglia non ce l'ha più, vista la dipartita dell'amata Adriana e l'assenteismo perenne di un figlio (un Milo Ventimiglia non all'altezza) dal capello cotonato e dal midollo tutt’altro che saldo. Proprio la solitudine è il sottile filo conduttore di questo sesto capitolo dell'ormai mitica saga. Balboa vive solo, con le sue bestiole, con il suo ristorante italiano, con il suo passato, con una “bestia"che scalpita e freme dentro di lui. Una “bestia” che vorrebbe un'ultima occasione per ringhiare di nuovo. E l’occasione viene offerta dal giovane campione del mondo Dixon (A. Tarver, vicecampioni dei massimi nella realtà) che, mosso da urgenze economiche, dà la possibilità all’attempato Balboa di tornare sul ring. Storia abbastanza scontata (compresa la sconfitta di misura nel finale) con qualche peccatuccio non da poco (irrisolto il rapporto del figlio di Rocky con Step, un giovane quasi adottato dal pugile: ci saremmo aspettati che Robert, schiumante di invidia e complessi di inferiorità sin dai tempi di Rocky 5, non lo vedesse troppo di buon occhio; per non parlare poi dei danni cerebrali irreversibili riscontrati a Balboa nel capitolo precedente e ora dimenticati con disinvoltura: forse ha operato lo Spirito Santo?), ma che tutto sommato funziona. Pateticità e frasi fatte abbondano (ridicole quelle alla fine del match), ma fanno parte del rockysmo e, specie per i fan di lunga data (come lo è chi scrive), risultano sopportabili. Ciò che più colpisce in questo Rocky Balboa è la tenuta della regia che, nella prima parte, ci regala dei momenti quasi poetici: i ricordi di Adriana che ritornano, l’immagine del macello di Paulie priva dei quarti di bue che erano stati tanto cari al pugile. E’ innegabile: in questi anni Stallone ha studiato. In confronto all’ultimo dei capitoli da lui diretti, il quarto, qui c’è un abisso. Anche l’ultima sequenza, quella dell’incontro filmato con una tecnica televisiva, dimostra una capacità insospettabile nello Stallone regista di significare il contenuto nella forma audiovisiva. Il presente (la pubblicità, le luci, le televisioni a pagamento che mandano l’incontro) si scontra col passato (le immagini appannate della vista del pugile già presenti nei primi Rocky, un bianco e nero di Scorsesiana memoria). E qui emerge l’aspetto più interessante del film: rivedere Rocky dopo tanti anni è come rivedere quei grandi campioni che hanno fatto la storia dello sport e da cui la gente a fatica riesce a separarsi. Ma, soprattutto, l’ultima occasione di Rocky ci dà la possibilità di rivedere noi stessi, di ricordare come eravamo e, per i meno giovani, di ricordare al mondo, oggi così “gerontofobo”, che anche loro possono avere delle cartucce da sparare. Personaggio e star, autore e attore, Sylvester e Rocky si fondono in un unicum che vuole coinvolgere tutti perché, molto americanamente parlando, può essere tutti (vedere i titoli di coda). E’ una morale spiccia, rozza: ma la accettiamo, se non altro per l’impegno e l’autoironia con cui il sessantenne Sly ce la propone. E poi, anche questo è cinema. Perciò: forza Rocky!!!
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