
Titolo originale | Most People Die on Sundays |
Anno | 2024 |
Genere | Commedia, |
Produzione | Argentina, Italia, Svizzera |
Durata | 85 minuti |
Al cinema | 11 sale cinematografiche |
Regia di | Iair Said |
Attori | Rita Cortese, Iair Said, Juliana Gattas, Antonia Zegers, Francisco Pedro Bereny Rosario Ortega, Alejandro Valente, Sofía Vitola. |
Uscita | giovedì 19 giugno 2025 |
Distribuzione | Fandango |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 19 giugno 2025
David riallaccia i rapporti con sua madre e la sua famiglia, vagando attraverso Buenos Aires per placare la sua ansia generazionale. La domenica muoiono + persone è 49° in classifica al Box Office. lunedì 23 giugno ha incassato € 674,00 e registrato 926 presenze.
CONSIGLIATO SÌ
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Il trentenne argentino David, ebreo, omosessuale e sovrappeso, fa rientro a Buenos Aires dall'Italia (dove nel frattempo si è lasciato con il compagno) per la morte dello zio. Ad accoglierlo trova la sorella, la madre anziana e un'altra zia e fin da subito rivela il suo carattere introverso, capriccioso, eternamente musone. Dopo il funerale David viene a conoscenza anche della notizia più sconvolgente: sua madre ha deciso di staccare suo padre dal respiratore artificiale che lo tiene in vita. E David, che con il genitore ha da sempre una relazione complicata, cade in uno stato di profonda crisi.
Presentato nella sezione Acid di Cannes, un piccolo film argentino dominato dalla figura originale di Iair Said, regista, sceneggiatore e interprete che si è cucito addosso il ritratto di un disadattato alla vita chiamato a confrontarsi con la morte.
L'impudicizia dello stesso autore è uno degli aspetti interessanti di La domenica muoiono + persone (la grafia con il simbolo del "più" è quella corretta): nella prima sequenza del film Said si mostra seminudo, con la carne molle e in eccesso, implorare inutilmente un amante invisibile di perdonarlo, di non lasciarlo, senza vergogna, senza filtri tra l'esposizione del proprio corpo e l'umiliazione della resa alle proprie emozioni. David, del resto, per l'intero film dimostrerà di avere mai veramente un posto dove stare o dove sentirsi a suo agio: su un aereo, dentro l'abitacolo di una macchina, nella stanza di un ospedale. Anche i vestiti che indossa, quando è costretto a fare ritorno in Argentina, non gli appartengono, così come la famiglia a cui fa ritorno, come se la sua natura lamentosa e capricciosa nascondesse un bisogno d'attenzione mai accolto.
Nella tradizione ebraica di lingua yiddish, David è lo schlemihl, l'idiota, l'inetto, a cui l'interpretazione stralunata di Said aggiunge un tono di malinconia e rassegnazione e la natura queer del personaggio un elemento di languore e frivolezza insieme (geniale la gag del lucidalabbra azzurro). Il paradosso di David è che la sua piattezza emotiva, come di qualcuno da sempre abituato a passare inosservato o incapace di essere felice, è annullata da una fisicità imponente, ingombrante, impossibile da non notare... E proprio da questo contrasto nasce il senso del film di Said, in cui l'uomo che non sa affrontare la sua vita si trova costretto a confrontarsi con la morte di una persona cara.
Come in molto cinema argentino contemporaneo - viene in mente Arturo a los 30 di Martín Shanly, visto al Torino Film Festival due anni fa, in cui un altro giovane regista si divertiva a mettere in scena sé stesso e la propria inettitudine - la gravità delle domande di un film è soppesata dalla semplicità minimalista della sua messinscena, votata a un realismo spicciolo, cinico o grottesco a seconda degli umori, spietato e talvolta umanista.
I dialoghi sono semplici, ordinari; le situazioni pure, salvo restare sospese tra il grottesco e il dramma; il ritmo è laconico, distratto, salvo, ancora, concentrare l'emozione in pochi, decisivi momenti. La stessa durata complessiva, che non arriva all'ora e venti di film, riduce lo spazio per il dramma - o meglio, il melodramma - a cui la vita stessa di David tende, tra l'esagerazione della prima sequenza e l'indifferenza scioccata del ritorno a casa.
C'è come uno spazio morto nella vita del protagonista di La domenica muoiono + persone. E così anche nel cinema del suo regista. È lo spazio di affetti mai ricevuti e mai dati, e dunque l'incapacità di riconoscerli, di viverli, e pure di filmarli. Tra i personaggi del film c'è un continuo fraintendimento, uno scherzare senza ragione (la battuta sul sapere guidare, che non fa ridere nessuno ma alla quale tutti cascano) che però è il segno di una grande intimità. Merito anche del cast notevole, in cui spicca Antonia Zegers, volto del cinema di Pablo Larraín di cui è stata moglie.
Allo spettatore è richiesto di partecipare a questa intimità, senza che però il regista del film sappia fino in fondo trasformarla in un sentimento puramente cinematografico. Si resta un po' a parte della follia e del dolore dei personaggi del film, divertiti e insieme indifferenti.
Lo sguardo penetrante di Iair Said contrasta con il corpo molle e l'apparenza svagata del personaggio David, se stesso. Attore, sceneggiatore e regista, il giovane argentino si confeziona addosso il suo primo lungometraggio narrativo e indugia sornione davanti alla macchina da presa. Lo humour s'infila nel dramma: David, in Italia per un master in comunicazione, torna a Buenos Aires in seguito alla [...] Vai alla recensione »
L'amore è più freddo della morte. E, per i vivi, il decesso di un familiare è un costo, emotivo e finanziario. Si potrebbe riassumere cosi l'opera seconda di Iair Said, regista argentino classe 1988, già autore dell'apprezzato documentario Flora's Life Is No Picnic (2019) su una nonna di 90 anni desiderosa di farla finita e sul suo pronipote interessato alla eredità.