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Filmmaker Festival 2020, per i 40 anni un’edizione interamente online su MYmovies

Sette sezioni per un programma ricco di eventi dal 27 al 6 dicembre. 
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martedì 24 novembre 2020 - mymovieslive

FILMMAKER compie 40 anni con un'edizione interamente disponibile in streaming su MYmovies, in programma dal 27 novembre al 6 dicembre. E se da un lato si augura di poter tornare presto dal vivo, incontrando il pubblico in sala, all'Arcobaleno e al Beltrade che lo hanno ospitato in questi anni, dall'altro è sicuro che la piattaforma offrirà l'occasione di incontrare – seppure, per adesso, da remoto – un pubblico nuovo, in tutta Italia.

Sette le sezioni in programma (Concorso Internazionale, Concorso Prospettive, Fuori Concorso, Fuori Formato, Moderns, Teatro sconfinato, Corrispondenze) per un totale di oltre 60 film provenienti da 20 paesi.

Tutto il festival sarà visibile in streaming sulla piattaforma MYmovies al costo di € 9,90. Dal primo accesso, ogni film sarà disponibile per le successive 72 ore.

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EVENTO SPECIALE - APERTURA 

L'apertura è affidata a Guerra e pace, il film – già applaudito nel concorso Orizzonti alla Mostra di Venezia e prossimamente nelle sale con Istituto Luce Cinecittà – che segna il ritorno al festival di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti: dal cinema delle origini agli smartphone di oggi, una riflessione sulle immagini che, come in un grande romanzo scandito in quattro capitoli (passato remoto, passato prossimo, presente e futuro), prova a ricomporre i frammenti della memoria visiva dai primi del Novecento a oggi.

CONCORSO INTERNAZIONALE 

Nell'anno della grande pandemia globale, non c'è aspetto della realtà che non sia in crisi: la tenuta del sistema economico e del tessuto sociale, la produzione e circolazione della cultura, i modelli politici, le (in)certezze scientifiche, le prigioni tecnologiche, le roccaforti spirituali e psicologiche. Se questa crisi cambierà tutto, mettendo tutto a rischio, non si può correre il rischio di rimanere fuori dalla Storia. I settori culturali devono piuttosto abbracciare questo rischio, esplorarlo, dargli un senso.

Filmmaker – e il suo concorso internazionale in particolare – si è sempre posto come una mappa testarda del tempo presente. E non rinuncia alla sua vocazione neanche quest'anno, proponendo un percorso di trincea lungo istanze che rimarcano fratture e interpretano la crisi come momento di ricostruzione democratica, umana e identitaria.

Il fluviale El año del descubrimiento di Luis López Carrasco e IMPA – La città di Diego Scarponi portano avanti un discorso puntuale sulla democrazia e sulla riappropriazione degli spazi (e) della memoria. Nel primo, un bar di Cartagena diventa una nuova agorà in cui punti di vista lontani e contraddittori riflettono sulle glorie olimpiche e i disordini sociali del 1992 spagnolo. Nel secondo, entriamo nella vita quotidiana della più antica fabbrica occupata argentina, una città dentro la città che è diventata scuola, compagnia teatrale, ambulatorio medico, laboratorio culturale e democratico. Senza dimenticare C'est Paris aussi di Lech Kowalski, rielaborazione documentaria di Un americano a Parigi, un confronto fra marginalità apolidi tra un nativo americano e gli immigrati che vivono in povertà nei sobborghi della capitale francese.

E poi il ruolo del dispositivo come presa di posizione formale e morale. È questo lo sguardo che veicola l’epopea di Purple Sea di Amel Alzakout e Khaled Abdulwahed, composto da immagini filmate dalla co-regista mentre il barcone su cui era in fuga dalla Siria si inabissava nel Mediterraneo; è la prospettiva che fissa Unusual Summer di Kamal Aljafari, mosaico di frammenti da una camera di sorveglianza che catturano le contraddizioni di un quartiere arabo in territorio israeliano; ed è l'occhio di Clarissa Thieme nelle lunghe inquadrature di What Remains / Revisited, viaggio nella memoria dei luoghi, testimoni silenziosi degli orrori della guerra in Bosnia.

Infine, l'identità come terreno ultimo di tutte le battaglie: come diritto all'autodeterminazione, allo sviluppo personale, alla memoria. Nello struggente Petite fille, Sébastien Lifshitz affronta con delicatezza le questioni di genere attraverso la storia di Sasha, 7 anni, che ha sempre saputo di essere una bambina anche se nata in un corpo maschile. Makongo di Elvis Sabin Ngaïbino ci porta fra i pigmei Aka in Repubblica Centrafricana dove due ragazzi non rinunciano a lottare per il loro diritto all'educazione (proiezione in collaborazione con COE e FESCAAL). In Ziyara, Simone Bitton ritorna in Marocco, terra di origine della sua famiglia, sulle tracce di una cultura ebraica solo parzialmente sommersa dalle migrazioni e dalla Storia. È dunque sempre un confronto faccia a faccia con il mondo e con noi stessi, come quello fra una madre e il figlio eroinomane in Petit samedi della belga Paloma Sermon Daï: fare breccia attraverso la crisi alla ricerca di un'umanità che resiste.

FUORI CONCORSO 

Due maestri: Frederick Wiseman, tra i massimi cineasti viventi, già vincitore del Leone d’oro e dell’Oscar alla carriera, che con il suo ultimo City Hall entra nel municipio di Boston per raccontare l'importanza delle istituzioni democratiche americane messe in pericola dalla presidenza Trump, contrapposta al discorso politico del sindaco democratico Martin Walsh; e un altro Leone d’oro, Jia Zhangke, che in Swimming Out Till the Sea Turns Blue ripercorre in diciotto capitoli la storia della Cina, intrecciando letteratura (con le opere di Jia Pingwa, Yu Hua, Liang Hong, Ma Feng) e cinema, e affermando la forza della parola come strumento per tramandare la memoria del Paese alle generazioni future.

Dopo la “carta bianca” di due anni fa, torna a Filmmaker Luca Guadagnino: il suo Fiori, Fiori, Fiori! è un sorprendente e tenero diario intimo, un viaggio in Sicilia, nei mesi del lockdown, per ritrovare amici, luoghi, ricordi di quand’era bambino.

In collaborazione con Casa Testori e Micamera, il nuovo lavoro di Fatima Bianchi, L’Ouvert, personalissima riflessione sull’evento ancestrale del parto.

Luca Ferri torna a Filmmaker con due nuovi lavori: La casa dell’amore, capitolo conclusivo (dopo Dulcinea e Pierino) della sua “trilogia dell’appartamento”, segue l’incontro con Bianca Dolcemiele, prostituta trans milanese (poi al centro di un fatto di cronaca: ma questa è un’altra storia). E , titolo di apertura di un nuovo ciclo di cinque film, dove sul nero dello schermo materiali d’archivio passano dalla retorica pubblicitaria casalinga a scene di caccia e scuoiamento di orsi polari, mentre in split screen le parole compongo una lettera di placido suicidio imminente.
 


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