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Checco Zalone, record d'incassi, con qualità

Davvero ottima notizia.
di Pino Farinotti

Checco sostiene un colloquio per entrare nell'arma dei Carabinieri.
Checco Zalone (Luca Medici) (47 anni) 3 giugno 1977, Bari (Italia) - Gemelli. Interpreta Checco nel film di Gennaro Nunziante Che bella giornata.

lunedì 10 gennaio 2011 - Focus

Uno degli episodi centrali del film Che bella giornata è un pranzo. Partecipano Checco, Farah la bella magrebina con suo fratello – terroristi che intendono far saltare la Madonnina del Duomo – altri complici musulmani che dovranno procurare l'esplosivo. Naturalmente il loro progetto sarebbe segreto, semplicemente Checco si è innamorato di Farah. L'ospite è il padre di Checco, uno strepitoso Papaleo, una sorta di mercenario italiano, già attivo in Libano, Iraq e Afghanistan, e se ne vanta coi terroristi. Gente minacciosa, occhi di brace, durissimi, febbrili, un vero disegno animato del fanatico che vuol far saltare l'Occidente. Papaleo vive per mangiare, in quei Paesi non sparava, cucinava. Un terrorista gli chiede "ma perché sei andato là, quali sono i tuoi ideali?" "Il mutuo da pagare, dov'è che mi davano seimila euro al mese, in Italia?". Comincia a offrire cozze crude. I musulmani, tranne il fratello che non si lascia corrompere, all'inizio sospettosi e negativi, cominciano con assaggiarne una, poi un'altra, poi cedono, si abbuffano. Alla fine litigano per correre in bagno, curvi dai dolori di pancia. Entra uno esce l'altro. Sono sempre più accasciati. Salgono in macchina ormai prostrati. Il capo domanda "allora, quando mi date l'esplosivo?" "Ma vaffanculo" Rispondono. Hanno altro cui pensare. Il cuoco mercenario italiano, missionario di pace in quei Paesi caldi, li ha distrutti, con la diarrea.
In macchina, qualche giorno dopo, Checco accende la radio. La notizia è: "In un nuovo messaggio Bin Laden ha proibito ai fedeli di mangiare cozze crude".
Forse non sarà grande cinema, ma è grande comicità. Episodio dalle infinite letture, per esempio: grande, drammatico storico tema rappresentato senza dramma, col sorriso. Metafora, simbolo, paradigma: quell'episodio può essere interpretato, volendo, con un saggio di quattrocento pagine. "Fenomenologia di Zalone". Magari lo scriverò.

Di getto
La mia attitudine a ricordare, magari a classificare il cinema, anche comico, per qualità e impatto, mi riporta di getto la sequenza di Totò Truffa '62, quando Totò e Taranto vendono la fontana di Trevi all'italo-americano Decio Cavallo. E poi Gassman che fa la "musa" letteraria ne I mostri, con la voce in falsetto, l'abito nero con una scollatura che mostra quella schiena di un metro quadrato. E poi la guardia nazista del lager, ne La vita è bella, che spiega le regole della sopravvivenza e Benigni le traduce al suo bambino come fossero il gioco a nascondino. Gioielli antologici, Zalone è in quelle zone, molto alte.
Ottiene l'incarico di capo della sicurezza del Duomo. Lo assume un cardinale, un Tullio Solenghi ispirato, simpatico e grottesco il giusto. Checco ne combina di tutti i colori. Asporta dal museo un dipinto del settecento, Santa Teresa, valore inestimabile, per farlo fotografare con una luce migliore dalla sua amica. Lo riporta facendosi largo fra digos e forze dell'ordine, accorse in massa. Alla fine diventa capo della scorta del Papa. Ferma la colonna di macchine, fa scendere Sua Santità per presentargli un parente, poi gli dà una pacca sulla nuca. "Grazie Benedetto". La chiave-Zalone apre tutte le franchigie. Sono sicuro che Papa Ratzinger, se ha visto il film, si è divertito. Dire cose importanti col sorriso e la smorfia. Un tempo era più facile. Certo, adesso i simboli e le vicende sono più intensi e dolorosi, sono più cattivi e difficili. Ma Zalone, e l'autore Gennaro Nunziante, del quale si parla troppo poco, disarmano tutto, disinnescano tutto col ridere e sorridere magari... poco inglese, ma davvero efficace. Affrontano Islam, Italia e Chiesa, roba pesante. E ne escono vivi.

Milano
E poi Milano. Città ormai di moda nel cinema. Salvatores l'aveva fotografata da angolazioni che ne facevano una città dell'Impero. Nunziante si concentra sulla parte artistica, il Duomo, i musei, piazza dei Mercanti, vie e giardini colorati e puliti. E poi la Brianza, con l'Adda, prati e ruscelli, ponticelli e laghetti: sembrano il paesaggio e i borghi felici della landa dell'Ispettore Barnaby. Dunque film fortunato anche nell'estetica.
Infine c'è tutto quel denaro al botteghino. Battuti tutti, anche i superprodotti americani. Roba da primato. E mi sembra un gran bel segnale, e un auspicio, grazie a una chimica che noi non troviamo da tanto tanto tempo: record di pubblico, ottenuto con intelligenza e senza "panettoni".

Sorpresa
Lo scorso anno, in occasione di Cado dalle nubi, scrissi di "Zalone" con sorpresa e positività. E sono davvero contento perché ciò che ho scritto trova conferma. Il titolo del pezzo era "Checco Zalone: niente di nuovo ma nuovo". Ecco alcuni stralci: "... davvero niente di nuovo ma... nuovo. E non è simulazione, è leggerezza e intelligenza. Ed è una chiave di una semplicità disarmante, anzi di diverse semplicità. La prima è lui, Checco Zalone, ovvero Luca Medici. È un comico vero, e lo aveva già dimostrato sullo schermo piccolo. Le battute gli stanno addosso, scendono naturali, non cadono dall'alto e non sono annunciate anche se non sono... di Woody. La chimica è quella che gli permette di vendere battute a basso costo a un prezzo più alto. È la capacità dei comici veri. Lo era di Totò, per esempio. Non lo è di Boldi, che è sempre sullo stesso piano delle parole che pronuncia: battuta da tre, Boldi da tre. Un'altra semplicità è il "fuori onda". Checco è politicamente scorretto, ma con tale perentorietà da entrare nel grottesco rimanendone fuori. Anche questo è un trucco dei comici con la giusta chimica. Si trova a dare uno spettacolo in un locale gay. Dice, ballando, "siete malati, ma noi normali vi sosteniamo, specialmente se ve ne state per i fatti vostri". Invece di sconcerto o peggio, risata generale. Dare ai gay dei malati, è notorio, è talmente improprio, e pericoloso, da essere grottesco, appunto. Ma Checco sorpassa il pericolo, si fa perdonare l'abnorme scivolata...".
"...L'ultima "semplicità" è quella di saper rappresentare contenuti importanti attraverso parabole piccole e comiche. Se è vero che tutto è politica, niente come la politica del nostro paese merita di essere raccontata con la parabola, col grottesco e con lo sberleffo. Nel film viene pronunciata anche la parola relativismo. Credo proprio che l'avvocato Medici/Zalone ne conosca il significato, e che, naturalmente lo conosca l'autore. Non voglio scomodare i Wilder o i Moretti, ma questo Gennaro Nunziante, sceneggiatore e regista, qui ha cercato e trovato. Potrebbe non essere un caso...".
"...Il centro drammaturgico è un cugino che ospita Checco a Milano. Il cugino è gay. La famiglia meridionale non lo accetterebbe mai. È Checco a "convincere" la zia che il figlio va bene così, sarà felice così. Più coriaceo è il padre – da giovane se le faceva tutte – ma alla fine, dolorosamente anche lui sembra piegarsi. Checco, che dunque lo ha quasi convinto, allora lo abbraccia. Passa un ragazzo in motorino che grida "ricchiuni". È l'ultimo sberleffo, politicamente poco corretto, ma proposto da chi si è conquistato quell'immunità col talento...".

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