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Storia "poconormale" del cinema: puntata 77

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema.
di Pino Farinotti

Puntata 77
Charlton Heston (John Charles Carter) Altri nomi: (Charlton Easton ) 4 ottobre 1923, Evanston (Illinois - USA) - 5 Aprile 2008, Los Angeles (California - USA). Interpreta Giuda Ben-Hur nel film di William Wyler Ben Hur.

venerdì 13 agosto 2010 - Focus

Sequenze e modelli: le bighe e Mosè
Ho spesso cominciato il racconto dei grandi modelli e sequenze partendo da un segnale apodittico, diciamo così, nel nostro tempo, la pubblicità. Dire sequenza della corsa delle bighe forse è improprio, visto che si tratta di un "scena" che dura 31 minuti. E comunque è uno dei momenti più popolari, sì, mitologici, di tutto il cinema. Ha dato lo spunto per manifesti e spot, fumetti e cartoni, persino a una famosa scultura in vetro di Murano. Il contesto è conosciuto. Ben Hur (Wyler 1959) è il colosso per eccellenza: 500 attori con almeno una battuta, centomila comparse, quindici milioni di dollari, budget record fino ad allora, dieci anni di preparazione. Ma c'è ben altro, il record di Oscar, undici, battuto molti anni dopo da Titanic. La corsa delle bighe venne girata al Circo massimo, parteciparono altri registi, compreso il nostro Soldati. Un elemento determinante, che estese il senso grandioso ed epico della sequenza era la colonna sonora di Rozsa. Ben Hur, nobile ebreo, alla guida dei quattro bianchi cavalli arabi Aldebaran, Antares, Rigel, e Aldair sconfigge il romano Messala, che muore per le ferite. Tante implicazioni in quella corsa. Ben Hur rappresentava il popolo di Israele oppresso dai romani. Ponzio Pilato assiste alla vittoria dell'eroe autoctono. E c'era grande violenza in quella competizione. Le scene di scontri, di duelli e battaglie, enfatizzate dai rumori, rilanciate nei decenni secondo la naturale evoluzione della violenza nei film -alludo alle battaglie in Braveheart, nel Gladiatore, in Troy, nel Signore degli anelli, e molte altre- arrivano dall'arena ricostruita di Gerusalemme.
Charlton Heston, gli occhi fiammeggianti, i bicipiti tesi, che governa la quadriga: promemoria esclusivo del cinema del '900.

Maggiore
H eston è per lo più ricordato come Ben Hur e Mosè, in realtà è stato un personaggio maggiore. Era penalizzato, come altri, dall'aspetto, aitante, biondo, bellissimo, occhi azzurri e fattezze da eroe antico. Ma è stato un grande attore, vincitore anche dell'Oscar, proprio con Ben Hur. Ha sempre sofferto di quel "limite". Diceva " per tutti sono Ben Hur e Mosè, nessuno ricorda mai che sono nato in teatro, con repertori nobili, a cominciare da Shakespeare." Gli piaceva ricordare la parte di Marco Antonio in 23 pugnali per Cesare, da Shakespeare appunto. Orson Welles lo volle nel suo Infernale Quinlan, nelle parte del poliziotto messicano, a condizione che si tingesse i capelli. Fra i molti ruoli, eroici in prevalenza, Heston ha dato corpo e volto a eroi veri, Gordon, in Khartoum, e a Buffalo Bill. Ed è stato Michelangelo ne Il tormento e l'estasi e protagonista della serie Il pianeta delle scimmie. Dagli anni ottanta si è impegnato in politica, era il presidente del sindacato attori. Era un repubblicano, poco amato dallo schieramento prevalente della gente di cinema, che è democratico. Poco prima di morire, nel 2004, rivelò di avere l'Alzheimer. Nel 2003 il Presidente Bush, repubblicano, lo aveva insignito della Medaglia presidenziale della libertà.

Memoria
Ho detto Mosè, e qui Heston ritorna nel concetto di grande modello. Altra perenne memoria pubblicitaria. I dieci comandamenti è del 1956. È la storia di Mosè che cacciato da Ramesse, riceve le tavole sul Sinai, torna in Egitto per portar via la sua gente. Il popolo dell'esodo arriva davanti al Mar Rosso, i soldati del faraone stanno sopraggiungendo.
Quante volte abbiamo visto la scena del mare che si apre e poi si richiude sulle truppe egiziane? E quanto volte abbiamo visto Mosè/Heston, canuto, sul promontorio, con la sua gente in basso, e tutti squassati dal vento, con quel cielo di tempesta viola, nero e rosso, e il profeta col suo bastone che urla "mirate la potenza di Dio".
Il film vinse un Oscar per gli effetti speciali che si risolvevano nella famosa scena delle acque. Certo, quell'effetto oggi è improponibile, è ridicolo. Tuttavia non bisogna sottovalutare il regista.
De Mille aveva una tale energia e una cifra artistica così riconoscibile da fissare un precedente mai più riproducibile: impaginazione del quadro, disposizione dei particolari, scelte cromatiche "inesistenti" nel reale, costumi che rimanevano sfavillanti e perfetti anche nel fango. Tutto finto, tutto ricostruito, tutto eccesso.
E Charlton Heston, divo e modello assoluto, irraggiungibile dagli umani, era perfetto per quel cinema. E ha lasciato due segnali duraturi, trasversali.

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