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Storia 'poconormale' del cinema: quei magnifici anni Cinquanta (2° parte)

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema secondo Farinotti.
di Pino Farinotti

Puntata 26
Cary Grant (Archibald Alexander Leach) 18 gennaio 1904, Bristol (Gran Bretagna) - 29 Novembre 1986, Davenport (Iowa - USA).

giovedì 20 agosto 2009 - Focus

Puntata 26
I Cinquanta come decennio fondamentale del cinema. Evoluzione dei contenuti e della tecnica, "assestamento" dei generi. Emerge un altro dato: Hollywood diventa sempre più leader, guida del cinema, per spettacolo, qualità e mercato. Niente di assoluto naturalmente, ci sono altri paesi e altre correnti, ma il cinema americano, figlio del dopoguerra, diventa davvero un fenomeno che propaga nel mondo caratteri ed esempi, di sentimento, di estetica e di marketing. Quel decennio è davvero l'età dell'oro del cinema.

Colossal
Un segnale esemplare è il colossal. Tutti i generi si evolvono verso ... il colossal, inteso come spettacolo, ricchezza, persino come magniloquente. Una trasformazione che magari non è gradita a una larga fascia di critici-puristi, ma che fa bene al pubblico e anche al cinema. Un esempio in questo senso è Hitchcock. Negli anni quaranta ha firmato capolavori veri come Rebecca e Notorious. Strutture perfette, essenziali, con artifici da studio che tenevano d'occhio il budget, come la ricostruzione disegnata del castello di Menderly, oppure la Rio de Janeiro "immaginata" in truca, un luogo senza identità: il Pan di Zucchero appare solo in un oblò dell'aereo e durante tutto il film non passa un mulatto o un nero, neppure per caso. Licenze che Hitchcock poteva permettersi. Nella seconda parte degli anni cinquanta il regista inglese dirige il "trittico Stewart": L'uomo che sapeva troppo, La finestra sul cortile e La donna che visse due volte. C'è maggiore budget, c'è il colore, la produzione investe per trasferirsi davvero sotto il Golden Gate – la famosa sequenza dove Stewart salva Kim Novak gettandosi nell'oceano- senza... disegnarlo in studio. Insomma, c'è il colossal. Anche questi, come i due b/n citati sopra, sono film perfetti, con un incremento di spettacolo che non toglie niente. Anzi, aggiunge. Aggiunge biglietti al botteghino. Nel '59 Hitchcock dirige Intrigo internazionale, altro titolo decisivo, con Cary Grant questa volta e con budget da... colosso. La produzione questa volta non si trasferì nel Sud Dakota ma ricostruì il monte Rushmore in studio, grande quasi come quello vero. I quattro presidenti scolpiti nelle rocce, Washington, Jefferson, T. Roosevelt e Lincoln, modellati dagli scenografi, hanno più carattere e sono più "veri" di quelli veri. Quella struttura grande e "paurosa": altro incoraggiamento ... al botteghino.

De Mille
Colosso come definizione richiama il genere colossal. I Cinquanta ancora una volta sono il decennio dell'evoluzione, del consolidamento e dello splendore del genere. Un segnale lo dà il maestro massimo De Mille, un anno... prima del decennio, con Sansone e Dalila. Diciamo che trattasi di prova d'autore, con Victor Mature, che fa un Sansone immenso ma quasi grottesco. Nel film ci sono magnifici colori e fotografia. De Mille compirà l'opera a metà decennio col mitologico Dieci comandamenti, un monumento abnorme, con sequenze che avrebbero creato dei precedenti non ricostruibili, come la sequenza di Mosè che squarcia il mar Rosso, proposta e riproposta, ed è un segnale eloquente, negli spot pubblicitari.

Major
La Paramount aveva De Mille, ma le altre major si allinearono all'esigenza di mercato e posero le contromisure. Ma Mgm, storicamente la Casa più ricca, nel '51, facendo propria una legge italiana che detassava le produzioni straniere che investissero da noi, produsse Quo vadis?, un'opera composita di grande estetica e impatto e qualità generale. La vicenda è nota: il tribuno Vinicio (Robert Taylor) si innamora delle cristiana Licia (Deborah Kerr) e diventa a sua volta cristiano. Sullo sfondo la pazzia di Nerone che incendia Roma e Pietro e Paolo che portano la buona novella. Il regista e produttore Leroy assunse 30.000 comparse. Non c'era il computer allora. Il film diede lavoro a tutta Roma, sartorie, alberghi e pensioni, cestini di cibo. Quo vadis è un primo motore. L'anno dopo ancora la Metro produsse Ivanhoe, in un certo senso "gemello" del primo. Cambiava solo la Storia, non più Roma antica ma l'Inghilterra delle lotte fra Sassoni e Normanni, nel segno di re Riccardo cuor di Leone. L'anno dopo la Fox produsse La tunica. Il tribuno non era Taylor ma Richard Burton, la cristiana non più la Kerr ma Joan Simmons e Caligola imperatore aveva preso il posto di Nerone. Ma c'era una novità, decisiva, sì, epocale. Il film era il primo Cinemascope. Il cinema cambiava. Si prendeva più spazio e si emancipava dal piccolo schermo. La conseguenza fu un incremento di ... botteghino. Altri colossal di quella stagione furono Scaramouche, cappa e spada con Stewart Granger, ancora un Metro con schermo quadrato; I Gladiatori, sequel della Tunica, e all'ultimo anno del decennio il fenomeno Ben Hur, campione assoluto di incassi e di Oscar. Fu il canto del cigno del genere. Nel decennio che seguì Hollywood tentò di riproporre un colosso da Roma antica, Cleopatra, con Liz Taylor. Record di budget e record di flop. Il colossal Roma antica apparteneva agli anni cinquanta. E il decennio magnifico, non intendeva farselo usurpare.

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