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Justice League, una drammaticità esasperata

Un'opera migliore del precedente Batman v Superman e molto diversa dai film della casa rivale: la Marvel.
di Eugenio Radin, vincitore del Premio Scrivere di Cinema

Justice League

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Gal Gadot (38 anni) 30 aprile 1985, Petah Tiqwa (Israele) - Toro. Interpreta Diana Prince/Wonder Woman nel film di Zack Snyder, Joss Whedon Justice League.
domenica 19 novembre 2017 - Scrivere di Cinema

L'ultimo prodotto cinematografico dell'universo DC avrebbe dovuto funzionare allo stesso modo in cui The Avengers aveva fatto per il Marvel Cinematic Universe. Non è solamente la compresenza di diversi supereroi in un'unica vicenda a rendere scontata un'associazione dei due film, ma anche il nome di Joss Whedon: regista e sceneggiatore del film Marvel, subentrato nella post-produzione di questo Justice League a seguito del lutto che, lo scorso marzo, ha segnato la famiglia Snyder e ha causato il ritiro di Zack dal progetto.

La differenza riguardo alla maniera in cui Marvel e DC concepiscono i loro prodotti filmici rende tuttavia difficile, in fase di post-produzione, risolvere i problemi di un'opera che, pur risultando decisamente migliore del precedente Batman v Superman: Dawn of Justice, non riesce a reggere il confronto con la casa rivale, ormai diventata regina del Cinecomics.
Eugenio Radin, vincitore del Premio Scrivere di Cinema

Ciò che, nonostante le somiglianze a livello di trama, rende così distante questo film dai cugini dell'universo Marvel è, come dicevamo, una sostanziale differenza nell'approccio e nell'intenzione con cui le pellicole DC vengono concepite.
Gotham city e dintorni appaiono ormai sempre più contraddistinti da una cupa seriosità, da atmosfere plumbee, da un grigiore che arriva a qualificare anche i personaggi, sempre caratterizzati da una certa sofferenza e da un'angoscia interiore, schiacciati dal peso di responsabilità enormi, da una solitudine e da un distacco dal resto del mondo che li rende imbronciati, incattiviti e irrequieti. C'è sempre, nei film DC, un senso di minaccia incombente, una drammaticità esasperata, che dovrebbe esser capace di donare una grandezza tragica al tutto, di descrivere una lotta tra bene e male che diventi testimonianza mitica, archetipica, e che possa dunque sfociare in un processo catartico interno al pubblico.


Una scena del film.
Una scena del film.
Una scena del film.

Tuttavia quest'aura di grandiosità tragica non può trovare nel mondo del fumetto la sua materia prima più propria: c'è sempre infatti in tale mondo una dose sostanziosa di scanzonato intrattenimento che non dev'essere ignorata e che male si accorda con tale seriosità. Non rientra d'altra parte negli intenti dell'arte fumettistica quello di elevarsi a trattazione morale o civica: essa si caratterizza piuttosto come elemento fondante di una cultura pop, e in tale prospettiva dovrebbe saper esprimersi.

Inserire le proprie pellicole all'interno di un universo popolare con il quale condividono cultura, musica, costumi, colori e atmosfere è ciò che, d'altro canto, rende interessanti e attuali le opere Marvel.
Eugenio Radin, vincitore del Premio Scrivere di Cinema

Queste funzionano perché, lontane dal volersi caricare di qualsivoglia classicità drammatica, sanno porsi nella prospettiva del puro intrattenimento, sottraendo alle scene la pesantezza di riflessioni che non è il compito di questo genere di film portare avanti, giocando sui tempi comici e inserendosi all'interno di un mondo fortemente caratterizzato da elementi di contemporaneità pop.
Al corteo funebre che, accompagnato da una malinconica ballata coheniana, depone ghirlande sulla tomba di Superman, il pubblico preferirà sempre i guardiani della galassia che, danzando sulle note di un "awesome mix", distrugge a colpi di pistole laser lumaconi giganti venuti da un altro pianeta, perché, paradossalmente, questo secondo scenario è in fondo più attuale e più vero del primo.


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