Un giovane meccanico accetta la proposta di un facoltoso cliente: durante la sua assenza dovrà prendersi cura del macchinone. Non resiste alla tentazione, però, e lo usa insieme a due amici. Nel cruscotto c'è una chiave. La chiave apre una porta. La porta è quella della casa del proprietario dell'auto. Dentro c'è una stanza. Racchiude indicibili e orrendi segreti. I ragazzi la aprono ma il padrone di casa torna prima. Questa, in estrema sintesi, la trama di La stanza dell'orco, prossimo film dei Manetti Bros. (al secolo Marco e Antonio Manetti, nati a Roma rispettivamente il 15 gennaio 1968 e il 16 settembre 1970) in uscita a maggio distribuito da Medusa. L'orco del titolo è Peppe Servillo, leader degli Avion Travel in un ruolo decisamente insolito per chi è abituato a calcare lo strehleriano palcoscenico del Piccolo di Milano. Del resto ai due registi, sceneggiatori e produttori piace scompaginare le carte. Amano coltivare anomalie, spiazzare continuamente. Per dire: il gruppo preferito di Marco sono gli Slayer, non esattamente un coro dello Zecchino d'oro, e anche Antonio non disdegna l'heavy metal. Per non parlare dell'hip hop: hanno diretto alcuni dei videoclip più rappresentativi del rap romano, a partire da quello storico del Piotta con Valerio Mastandrea (La mossa del giaguaro). Però amano moltissimo il loro lavoro per Gigi D'Alessio (Il cammino dell'età, tutto un piano sequenza alla Muccino) e soprattutto per Max Pezzali (Il mio secondo tempo).
E continuano a spiazzare. In sala da venerdì 9 marzo L'arrivo di Wang, uno dei titoli più applauditi al Controcampo italiano dell'ultima Mostra di Venezia. Fantascienza autarchica, con effetti speciali artigianali ma assolutamente dignitosi e credibili, da non sfigurare neppure di fronte ai blasonati blockbuster digitali di Hollywood. Tensione tutta costruita in un interno, una cantina blindata dove una interprete dal cinese, la brava esordiente Francesca Cuttica, deve aiutare un brutale funzionario dei servizi segreti italiani, Ennio Fantastichini, a interrogare "un'ombra" che appunto parla solo l'idioma di Pechino. Cosa c'è dietro? Un mistero venuto dallo spazio. A metà strada tra una puntata di Ai confini della realtà e la fantascienza "cattiva" degli anni '50, con un finale sorprendente.
Perseverano i Manetti nel volersi occupare solo dei generi. Commedia esclusa, il loro terreno di caccia sono i filoni selvaggi del cinema italiano del passato, horror e thriller in primis ma anche, appunto, la fantascienza. E l'action, alla loro maniera. Resta un ottimo exploit Piano 17 (2005), trucido noir arricchito da notevoli performance attoriali (Massimo Ghini, Antonino Iuorio, Elisabetta Rocchetti, Enrico Silvestrin), ma certo è L'ispettore Coliandro con Giampaolo Morelli (2006 – 2010) ad avere fatto la differenza. Quattordici film autoconclusivi per due stagioni di grande successo su Raidue. Eppure la seconda rete pubblica, confermando il clima di tafazzismo diffuso a viale Mazzini, decide di non proseguire la serie nonostante numerosissime proteste di chi paga il canone, perché non sarebbe più strategico investire in prodotti simili. Peccato, c'era ancora un sacco di carne al fuoco (praticamente quattro episodi già scritti). I Manetti hanno comunque impresso sulle avventure del poliziotto inventato da Carlo Lucarelli un marchio personale, dissacrante, politicamente scorretto ma certo stemperato dall'ironia e dall'intelligenza delle scelte di regia e sceneggiatura. Una ventata d'aria fresca in un panorama asfittico e plasticoso come quello dell'italica fiction.

L'arrivo di Wang sarà mostrato in anteprima web su MYMOVIESLIVE! giovedì 8 marzo alle ore 21.30 per un pubblico esclusivo che potrà vivere e condividere l’esperienza della visione collettiva del film. Richiedi l'invito »