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Storia "poconormale" del cinema: puntata 98

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema.
di Pino Farinotti

Don Vito Corleone in una scena de Il padrino (1972).
Marlon Brando 2 aprile 1924, Omaha (Nebraska - USA) - 2 Luglio 2004, Los Angeles (California - USA). Interpreta Don Vito Corleone nel film di Francis Ford Coppola Il padrino.

venerdì 7 gennaio 2011 - Focus

Il concetto "sociale", aderisce al decennio settanta con assoluta intensità. Godard, nel '67, con La chinoise, aveva anticipato il sentimento, il malessere, la rabbia e la voglia di cambiare, anche con la violenza, lo stato delle cose, da parte degli studenti. Ancora una volta sarebbe arrivato prima, con un'indicazione importante, dolorosamente paradossale, nel '72, col suo Crepa padrone, tutto va bene. Una coppia di giornalisti, coppia anche nel privato, incontra gli occupanti di una fabbrica, ma vengono contestati come e forse più dei padroni. Dunque dialettica complessa, impossibilità di pensiero ideologico e univoco, rabbia non decifrabile, e soprattutto crisi privata –la coppia di separerà- determinata dal contrasto ideologico.

Abbrivio
Il Sessantotto era stato uno spunto, un abbrivio. Intorno alla rivendicazione degli studenti e, soprattutto, del mondo del lavoro, nei primi "settanta" si consolidano altre tendenze, a cominciare della violenza. La cultura dei sampietrini, delle chiavi inglesi, delle spranghe e poi, della P 38. Una fase, uno stralcio che certo non ha rappresentato l'idea portante di quel movimento, ma l'ha profondamente condizionata, e identificata, e per certi versi criminalizzata, oltre un'identità iniziale che non era violenta, appunto. Proprio nel primo anno del decennio, come annuncio e promessa tragica, Franceschini, Curcio e Cagol fondano le Brigate rosse. Nel '78 le "Brigate" rapiranno e uccideranno Aldo Moro. Nel '73 i paesi arabi decidono un embargo petrolifero a sostegno della guerra contro Israele. Va in crisi tutta l'economia occidentale. Queste vicende, e questi sentimenti di angoscia sospesa e attiva, non possono che agire sulla letteratura, sulle arti. E sul cinema.

Unità
Primi "settanta" dunque: autore importante è Elio Petri. Il regista trova uno spazio davvero congeniale, è fortunato in un certo senso. Vale un'indicazione: prima di firmare film, Petri firmava critiche sul quotidiano l'Unità. Dunque critico di sinistra, poi sceneggiatore e regista di sinistra. A Petri interessa l'uomo nel suo rapporto con l'autorità e nel suo tentativo di trasgredire le regole comunemente accettate. Il regista ha già firmato opere importanti, come A ciascuno il suo, da un romanzo di Sciascia, quando il cinema internazionale si accorge di lui e lo premia col più alto dei riconoscimenti, l'Oscar, per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970).

Individualità
Gli anni settanta offrono film importanti, diciamo grandi individualità fuori da movimenti e indirizzi. Non nascono momenti come l'Espressionismo, il Fronte popolare, il cinema del New Deal, il Neorealismo. La Nouvelle vague si è andata esaurendo. Quel decennio, con le sue vicende politiche, vive e presenti, ha offerto spunti estemporanei e irresistibili. Come il Vietnam: una tragedia americana che si concluderà nel 1975, con la caduta di Saigon e la prima guerra persa (loro dicono pareggiata) dagli Usa nella loro storia. Il Vietnam, dalla fine degli anni settanta in avanti sarà l'occasione per un vero e proprio genere del cinema. Con titoli-capolavoro, come Il cacciatore (1978) di Cimino e Apocalypse now (1979, Palma d'oro) di Coppola. È Coppola l'autore del mondo del decennio. Nel '72 ha diretto Il padrino (Oscar) e nel '74 Il padrino parte II (Oscar). Una recente classifica, redatta da specialisti che fanno testo, ha posto Il Padrino al primo posto assoluto di tutto il cinema. Metafora delle alienazioni e delle pazzie del mondo sono altri tre titoli da ricordare, Arancia meccanica (1971) di Kubrick, Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) di Forman, e Taxi Driver (1976) di Scorsese. Si afferma Ridley Scott col suo Alien (1979) e Woody Allen compone Manhattan (1979), altro titolo da classifica assoluta del cinema. Ma gli ultimi anni di quel decennio presentano un magnifico paradosso, che si identifica in un modello che esplode dalla gioia di vivere (paradosso, appunto). È John Travolta che canta e balla.

Delfino
Il 1972 non è solo l'anno del Padrino, ma è anche un momento fortunato del nostro cinema. Elio Petri si conferma il nostro delfino con La classe operaia va in paradiso, che vince la Palma d'oro. Il titolo è sintomatico, Petri gioca in casa. Gian Maria Volonté, che si integra alla perfezione col suo regista, è a un operaio in forte disagio prima e poi "punito" dal sistema perché ha perso un dito e non è più nella condizione di rendere come prima. Sempre in chiave di lettura sociale delle vicende, si fa, anzi, si rifà avanti Francesco Rosi, già vincitore nel '63 dell'Oscar con Le mani sulla città, con Il caso Mattei, che il regista risolve, proprio secondo quelle stagioni, sul piano ideologico. Una citazione indispensabile per Volonté, grande, che fa l'operaio nell'"Oscar" di Petri, e il petroliere nella "Palma" di Rosi.

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