Benito Mussolini torna sulla Terra. Un aspirante scrittore intravede lo scoop, ma finirà per diventare uno strumento... per il ritorno del Duce al potere. Ora su TIMVISION.
Timur Vermes era un nome non molto popolare, fino a tre anni fa. Un suo romanzo era stato pubblicato nella collana dei narratori stranieri della Bompiani, nel 2012, il titolo originale era Er ist wieder da, tradotto Lui è tornato, che divenne un film nel 2015 per la regia di David Wnendt, di grande successo. Era la storia di Hitler che si risveglia nel prato del Führerbunker ai giorni nostri, riprende in mano la situazione, col consenso dei tedeschi che non lo hanno dimenticato, tutt’altro.
Omologa di quel luogo che vide la fine del Führer, è la Porta ermetica, storico richiamo alchemico romano, dove piomba un Mussolini sessantenne, l’età che aveva nel 1943. Un segnale: l’ego di Hitler è noto, ma il titolo in prima persona del duce rilancia un ego ancora maggiore.
Suggestivo e puntuale è l’incontro con Andrea, un velleitario, senza lavoro, aspirante regista che scambia il vero dittatore con un attore e fiuta il grande colpo mediatico, così come il duce, al quale non manca(va)no riflessi e scaltrezza, fiuta a sua volta il gioco. Sfrutterà la situazione per tornare al potere.
Il film è uscito il primo febbraio di quest’anno, un mese prima delle elezioni, e credo che intendesse fornire un’aspettativa, un monito, ma senza dare indicazioni ideologiche o indulgere in revisioni storiche. Bastava quel personaggio grottesco, quel modello forte, perché in automatico si delineassero dei richiami con la politica di questo momento.
La lunga, contraddittoria, in certi momenti grottesca gestazione del tentativo di governo di questi giorni, può essere intesa come un contrappasso, una contro-satira divertente ma da tenere d’occhio. Non mancano le citazioni alla Crozza, che sarebbero Craxi, Berlusconi, Renzi, Salvini e Grillo, ma sono abbastanza leggere da... non sembrare Crozza.
Nel film la politica e i media procedono di pari passo. Il tour di Andrea e Benito attraverso l’Italia diventa, a poco a poco, trionfale. Il concetto, media, gradimento, si confonde col concetto, politico, consenso. L’ex duce si rende conto che tutto sommato, il Paese non è così diverso da quello che aveva lasciato. Il popolo aspetta un leader che, nei contemporanei, non c’è.
Grazie all’esposizione mediatica e alla piazza Mussolini si accorge che ormai la piattaforma è pronta. Non resta che prendere il potere. L’indicazione finale può essere questa: i media sono peggio di Mussolini. Del resto, è notorio, sul piano della comunicazione il duce fu un inventore e un precursore. Più o meno, ha insegnato a tutti.