«In America, la parola "adulto" è venuta a indicare una pornografia abbastanza forte, mentre altrove, nel mondo, vuol dire maturo e con temi di crescita». Così David Mackenzie definisce il suo cinema: perduto, a tratti immaturo, narratore di personalità non completamente formate, fragili e tormentate, che si centrifugano in attrazioni e torbidi desideri. Dal moro e dark Ewan McGregor, carico di elettricità sessuale, alla più materna e infantile Tilda Swinton, sfatta donna che sembra appena uscita da L'Atalante (1934) di Jean Vigo. Una filmografia strana e difficile da incasellare.
Fratello dell'attore Alastair Mackenzie, David Mackenzie ha diretto diversi cortometraggi vincitori di numerosi premi per la BBC, fra questi: California Sunshine (1997) - 20 minuti della vita di un tossicodipendente, dove recita anche suo fratello, Somersaul (1999) e Marcie's Dowry (1999).
Nel 2002, si dedica al suo primo lungometraggio, l'inedito (almeno in Italia) The Last Great Wilderness (2002), successivamente seguito dalla scandaloso Young Adam (2003) con Ewan McGregor, Tilda Swinton, Peter Mullan ed Emily Mortimer. Thriller ambientato nella Scozia degli Anni Cinquanta, tratto dall'omonimo romanzo di Alexander Trocchi, in cui si mischiano crudeltà di sangue con amori torbidi e proibiti e che gli varrà il BAFTA per il miglior regista scozzese. È qui che comincia a nascere quella "stranezza" che lo contraddistingue. David Mackenzie non divide le persone e i personaggi per categorie: o forti o deboli, o bianchi o neri, dato che tutti nella nostra vita, o in questo caso nella finzione, abbiamo almeno una debolezza, una macchia nera nell'anima. Forse i personaggi dei quali segue le azioni ne hanno qualcuna in più e trovano sfogo alle loro insicurezze in una passione naturale che però è spinta da una pulsione innaturale, ecco perché si imbattono in situazioni sbagliate che travolgono come un ciclone la vita e i loro affetti... ammesso che ne abbiano! Ossessioni e possessioni, fotografie e ritagli di una grigia periferia scozzese, passioni sussurrate, ma maestose, amori non corrisposti, relazioni clandestine, ragazzi sfrontati, ma eccitabili, donne dure, severe, di polso che improvvisamente diventano fragili, manipolabili, incerte. Volano le parole infuocate nelle scene filmate da David Mackenzie, vola il bramosia amorosa, si infiltra la pazzia, l'impotenza e, principalmente, la morbosità spinta al suo limite.
Successivamente, passa alla trasposizione cinematografica del romanzo di Patrick McGrath "Asylum", che qui viene reintitolato Follia (2005) con Natasha Richardson e Ian McKellen. Anche qui si ritorna alle atmosfere morbose e fatali di Young Adam e anche questa nuova fatica del regista viene apprezzata, soprattutto al Festival di Berlino, dove vince un premio minore. Stesso destino per Hallam Foe (2007), dove Jamie Bell interpreta un ragazzo scozzese che rimane traumatizzato dalla morte sospetta della madre, ma allo stesso tempo comincia un'hitchcockiana relazione con una donna che le assomiglia in maniera impressionante. Un'altra storia di amanti maledetti che non sanno o non possono evitare le loro relazioni bruciandosi e distruggendosi a vicenda. I rapporti, nei film di Mackenzie esistono, ma si consumano fra aggressioni e amarezze, poche le dolcezze e i sorrisi, solo la disperazione che sola, si riempie delle prime attenzioni che trova, illudendosi di ricevere in cambio affetto e amore.
