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Ultimo aggiornamento giovedì 1 aprile 2021
Durante la battaglia di Kamdesh in Afghanistan, 54 soldati americani sono impegnati a respingere centinaia di guerriglieri talebani nell'avamposto militare più pericoloso del mondo. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Satellite Awards, Il film è stato premiato a National Board, 1 candidatura a Critics Choice Award, 3 candidature a Critics Choice Super,
CONSIGLIATO SÌ
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A Kamdesh, in Afghanistan, i soldati di un avamposto americano fanno fronte agli attacchi talebani con armi, dollari e diplomazia. Ma il tentativo del capitano Keating di dialogare coi locali finisce con la sua morte in fondo a un dirupo. A precipitare con l'ufficiale è pure la situazione. Il 3 ottobre 2009 cinquantatré soldati sconsideratamente installati nella gola di una montagna vengono attaccati da quattrocento talebani. L'intervento aereo e il coraggio di un manipolo di uomini eviteranno la débâcle. Il bilancio sarà comunque pesante: otto militari morti, numerosi feriti e diverse medaglie per riparare l'incapacità dei loro superiori a valutare la minaccia.
The Outpost è il racconto di una battaglia annunciata, almeno dal collaboratore afghano che ogni mattina paventa l'ipotesi agli ufficiali americani di stanza in Afghanistan. Era già accaduto con gli inglesi e coi russi dopo di loro. Ma ieri come oggi l'allarme resta inascoltato.
Fior di analisti hanno calcolato i rischi e ritenuto il luogo evidentemente inespugnabile. Ma in quella 'fortezza' lontana come quella romanzesca di Dino Buzzati, i 'tartari' finiscono per arrivare davvero. L'attesa dei soldati americani non sarà inutile ma ugualmente insensati appaiono i cerimoniali militari che Rod Lurie indaga piazzando la camera sulla 'linea di tiro'.
Ispirato al libro di Jake Tapper ("The Outpost: An Untold Story of American Valor"), The Outpost rintraccia un episodio eroico e autentico della guerra in Afghanistan, inscrivendosi pienamente nel paradigma della guerra contro il terrorismo condotta dagli Stati Uniti dopo l'undici settembre. Il film come il libro si mostra critico verso le gerarchie militari americane ma fatica a trattenere un manicheismo fastidioso quando si tratta di descrivere i Talebani, gli afghani - silhouette nere e indefinite che si muovono tra i soldati americani che li sorvegliano - e i soldati afghani integrati nell'esercito americano, derisi o trattati con disprezzo. Praticamente dei codardi che fuggono la battaglia e si nascondono simbolicamente in una latrina.
Le premesse promettono il peggio, la classica operazione hollywoodiana sull'eroismo dei soldati americani, ma fortunatamente le cose si fanno più complesse di così. Se la fine e le interviste sui titoli di coda ai combattenti sopravvissuti e ricompensati a suon di medaglia giocano chiaramente la carta del patriottismo esacerbato, la messa in scena ridimensiona i toni.
Tra sangue, coraggio e citazioni bibliche, il regista israeliano firma un film debordante di azione e testosterone, impegnandosi però a descrivere la vita delle reclute al di fuori del campo di battaglia. Ed è lì che prendiamo coscienza dell'assurdità della guerra in Afghanistan, incontrando soldati che non hanno la minima idea di che cosa ci facciano in quell'angolo di mondo né per cosa si battano. La bandiera, certo. Qualunque sia il regime politico in vigore negli Stati Uniti, il dramma della guerra non conosce flessione, niente può ammainare la bandiera del Paese. Rossi o blu, conta l'eroismo, nient'altro.
Eppure l'arte della guerra registra almeno sullo schermo dei cedimenti. Se l'american sniper di Bradley Cooper era capace di abbattere un bersaglio a centinaia di metri di distanza, il maggiore di Ethan Hawke (Good Kill) può farlo a migliaia di chilometri. Il furore guerriero caro al cinema è rimpiazzato dal ronzio dei droni che sorvolano i territori nemici e fanno il lavoro sporco senza sprecare vite. Quelle americane almeno.
The Outpost contempla ancora la fisicità ma serve una guerra che non ha niente dell'epicità della Prima Guerra Mondiale che affascinava Howard Hawks, niente dell'eroicità della battaglia di Midway che filmava John Ford. Gli eroi di Rod Lurie hanno perso l'aura dei loro antenati cavallereschi. A suggerire questa perdita ontologica è soprattutto il cast del film, un esercito di figli d'arte al servizio di un nuovo eroismo, un eroismo atono. Scott Eastwood, Milo Gibson, James Jagger, Will Attenborough sono volti depotenziati che interrogano un genere che non trova più un'incarnazione divistica dal sergente di Brad Pitt (Fury). Privi della luccicanza dei padri, i protagonisti, a cui si aggiungono un vano Orlando Bloom e un febbrile Caleb Landry Jones, sono funzionali a racconto in cui nessuno si distingue. Tutti sono degli eroi sul campo e in un film che non nega a nessuno un momento di gloria.
Il territorio è ostile e ha bisogno di mille occhi. Perché se ogni guerra ha la sua immagine - le trincee per il 14 - 18, la giungla per il Vietnam, i pozzi di petrolio per l'Irak - quella dell'Afghanistan è il soldato nell'uniforme imbottita e in perenne stato di allerta. Il pericolo è ovunque e può sorgere da un cecchino, da un'auto kamikaze o una borsa incustodita.
Siamo lontani dai war movie della New Hollywood (Apocalypse Now o Il cacciatore), che proponevano una riflessione metafisica sulla guerra e la violenza, The Outpost si inscrive piuttosto nella linea di The Hurt Locker ma senza il talento 'esplosivo' di Kathryn Bigelow. Rod Lurie rilegge il patriottismo hollywoodiano in maniera più distaccata, più fattuale, restando nella mitizzazione della figura del soldato e marcando il passaggio di testimone a una nuova generazione di eroi hollywoodiani. Quella degli 'eredi'.
THE OUTPOST disponibile in DVD o BluRay |
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La pellicola (in questi giorni in visione anche du Sky Cinema) è l'adattamento cinematografico del libro The Outpost: An Untold Story of American Valor, scritto da Jake Tapper, e narra la battaglia di Kamdesh, avvenuta il 3 ottobre 2009 durante la guerra in Afghanistan, dove trecento talebani assalirono una base militare statunitense in cui si trovavano cinquantaquattro militari.