Nasce in Tasmania, figlio di un eminente biologo e oceanografo, esercita molti mestieri -interpretando realtà e leggenda eccolo cercatore d'oro, navigatore, pugile, pescatore di perle-. Dopo un breve tirocinio approda alla Warner e ne diventa rapidamente una delle colonne, accanto a personaggi come Bogart, Bette Davis, Cagney. Nel '35, eccolo protagonista di Capitan Blood, titolo che diventerà leggendario, per la regia di Michael Curtiz. A ventisei anni Flynn è un divo. Nei panni di Blood l'attore incarna un eroe aitante, guascone, estroverso, atletico, irresistibile. Un marchio che rimarrà suo esclusivo per tutto il cinema, contemporaneo e futuro, parzialmente ereditato da Douglas Faibanks, ma rinvigorito da un appeal e da una presenza che il divo del muto non possedeva. Diretto in prevalenza da Curtiz e da Raoul Walsh, in quella stagione Flynn appare in film tutti memorabili, tutti esemplari rispetto a quel'eroe che perfeziona in titoli come La carica dei 600, Il Principe e il povero, soprattutto nelle Avventure di Robin Hood, capolavoro assoluto dell'avventura, insuperato, vedibilissimo dopo tanti decenni. Anche La storia del generale Custer è un film perfetto, una petra miliare del western. Progredendo in carriera Flynn diventa anche un ottimo attore. Come altri suoi contemporanei (Ladd, Power, per esempio) aveva una presenza tale da render superflua la recitazione. In realtà Flynn era capace di espressioni e interpretazioni profonde e sottili, solo che potè metterle in campo raramente. Per la Warner era molto più comodo e redditizio farlo esprimere secondo i canovacci semplici e monocordi che piacevano al pubblico. Un vero peccato. Nel '48, in Sul fiume d'argento dava corpo e volto a Michael McComb, eroe complesso e negativo, modernissimo. L'anno dopo era il fratello cattivo ne La saga dei Forsyte. Una menzione anche per la parte dell'alcolizzato fallito in Fiesta, da Hemingway. Nella vita privata Flynn fu una leggenda quasi come i suoi personaggi. Gran bevitore, pronto a tutti gli eccessi, sempre nei guai con le donne (ebbe una causa stupro), era sempre disposto a colorire il proprio personaggio: si fece credere morto in Spagna nel '37, poco dopo si disse di lui che fosse una spia nazista, poco prima di morire era a Cuba per stringere la mano a Castro, da lui definito "l'ultimo Robin Hood". L'accumulo di eccessi lo portò a invecchiare rapidamente. A poco più di quarant'anni era già compromesso, segnato dal bere, da una forma di malaria e da tutto il resto. Morì a cinquant'anni. Sembrava un vecchio. Errol Flynn che duella sul ponte del galeone, che tende l'arco fra gli alberi della foresta di Sherwood, che cavalca alla testa del 7° cavalleggeri, è uno dei grandi identificatori, portatori di sogni e di incanti, che il cinema ci ha riservato. Si contano sulle dita di una mano quelli come lui.