Titolo originale | Tromperie |
Titolo internazionale | Deception |
Anno | 2021 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia |
Durata | 105 minuti |
Al cinema | 1 sala cinematografica |
Regia di | Arnaud Desplechin |
Attori | Denis Podalydès, Léa Seydoux, Anouk Grinberg, Emmanuelle Devos, Rebecca Marder Madalina Constantin, Miglen Mirtchev, Gennadiy Fomin, Ian Turiak, Matej Hofmann. |
Uscita | giovedì 28 aprile 2022 |
Tag | Da vedere 2021 |
Distribuzione | No.Mad Entertainment |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,61 su 27 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 28 aprile 2022
Un uomo si trova a conversare con donne che non sa nemmeno se esistono. Tromperie - Inganno è 106° in classifica al Box Office, ieri ha incassato € 30,00 e registrato 9.357 presenze.
CONSIGLIATO SÌ
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Philip, scrittore americano a Londra, dialoga con le donne della sua vita, in particolare con la sua amante, inglese, intelligente, colta e compromessa da un matrimonio a cui a soli trentacinque anni, si è già rassegnata. Da mesi abdica il talamo nuziale per fare l'amore, parlare e discutere (molto) solo con lei, nutrendo di parole il suo insaziabile appetito di scrittore. Amanti, spose, amiche rifugiate o terminali, studentesse bipolari, parlano tutte attraverso la voce di Philip, perfino in sogno. Nessun filo conduttore lega queste conversazioni se non l'eco lancinante delle ossessioni del suo autore, il sesso, l'adulterio, la fedeltà, l'antisemitismo, la letteratura. Feticista delle parole, Philip è in ascolto assoluto delle donne che lo circondano.
Tromperie è un film fervente che crede fermamente nel potere della finzione, della letteratura e del cinema, di tenerci in vita. Senza creazione non c'è desiderio e viceversa.
E tutto il desiderio arriva dal romanzo omonimo di Philip Roth che Arnaud Desplechin ha pensato di adattare per anni, senza trovare mai l'occasione e la maniera. Racconto 'da camera', il confinamento imposto diventa un'opportunità e trova la formula del suo processo alchemico, producendo un oggetto strano, un artificio che rimanda al teatro e dimora nello studio di Philip. L'essenziale dell'intrigo si svolge in quello spazio intimo, alcova sentimentale, gabinetto terapeutico e crogiolo di creazione in azione che vira l'adulterio in confessione e capitoli e avventura il film in un parco o a New York verso altri personaggi, altre donne, quelle che hanno contato nella vita di Philip. Alla maniera di un tourbillon ludico ed esistenziale, la macchina da presa gira intorno a loro e alle loro parole che sorgono e colano come acqua chiara, acqua viva e galvanizzante. Perché Tromperie non è una provocazione e nemmeno una difesa, è piuttosto una rivendicazione, quella del diritto del creatore a creare. Desplechin racconta Philip Roth e la sua relazione con le donne nella vita e nei suoi libri. Per anni sono stati gettati fiumi di inchiostro e di bile sullo scrittore americano e sulla sua presunta misoginia, nemmeno la sua biografia è stata risparmiata, finendo al macero con il suo autore, Blake Bailey, accusato di tante molestie e di troppa clemenza nei confronti di Roth. Desplechin tiene un profilo basso e firma un film emozionante il cui vero soggetto, appena nascosto e appena ostentato, è l'apprensione dell'età, la paura della malattia e il terrore della morte. E poi c'è il sesso, certo, la piccola morte che permette al protagonista di dimenticare quella grande, quella prossima. Come ogni altra opera di Desplechin, Tromperie è un film di fantasmi, i fantasmi delle donne amate come quello di Philip Roth, "uscito di scena" nel 2018.
Ossessionato dall'amore per il cinema e dalla vertigine dell'assenza, il regista filma i suoi attori come nessuno e senza nessuno dei trucchi convenuti. La sua maniera è quasi impossibile da spiegare, bisogna guardarla per vederla. Denis Podalydès non è mai stato così seducente e incandescente sullo schermo, nel ruolo (finalmente) inedito per lui dello scrittore seduttore che vampirizza la vita delle sue partner, involontariamente invitato al suo processo, che è solo un gioco. A dargli la replica e tutto l'amore ci sono Lèa Seydoux, Emmanuelle Devos, Anouk Grinberg, Rebecca Marder, Madalina Constantin, mai così belle, degne, sublimi. Affascinate o esacerbate, lo assediano a turno facendo 'godere' quel demiurgo a cui, in uno dei passaggi più belli, Emmanuelle Devos chiede al telefono di vivere mentre 'muore' in una camera di ospedale di New York. Del romanzo di Roth, Desplechin fa meraviglie, fa un film profondamente intelligente e sensibile, un film sorprendente di voci off, in, sopra, sotto, di dentro, voci ebbre, tenere, furiose, intime, letterarie, un film di salti temporali e geografici, dentro i sogni, dentro i ricordi, dentro le pagine. Un film ancora di volti di donne guardate così intensamente, come se custodissero un segreto. Perché, senza dubbio, serbano un segreto. Philip Roth amava le donne e quell'ignoto. Non le amava solo per quello che mostravano ma soprattutto per quello che avevano da dire sulle loro vite, al suo fianco o a quello di mariti e amanti ordinari. È tutto lì il progetto di Desplechin, adattare il romanzo meno conosciuto dello scrittore, ispirato ai suoi diari personali e alle sue relazioni con le donne della sua (contro)vita, senza il carico bigotto di #metoo. I personaggi femminili sono tutti bellissimi, ma l'autore non forza mai la linea sensuale, non enfatizza mai il desiderio sessuale, sono prima di tutto donne che il linguaggio prezioso impreziosisce sullo schermo. Dimentichiamo presto chi 'le scrive' e cediamo al loro magnetismo e a quello di un'opera che guardiamo e ascoltiamo con una facilità sconcertante, quasi fosse musica. Tromperie è un film che dovremmo pregare di vedere, talmente luminoso da accecare mentre omaggia il mestiere degli attori, a cui Desplechin affida una partitura drammatica assolutamente prodigiosa. Poesia nevrotica che 'il professore di desiderio' avrebbe approvato.
Finzione...realtà....politicamente corretto.....Film da vedere. Punto
il film é molto emozionante ed avvolgente per la sua atmposfera densa di sensualità e di eleganza!Léa Seydoux é meravigliosa oltre che bravissima ed il suo partner Denis Podalydés é di grande bravura cosa che lo rende molto attraente.Vedere questo film é un vero piacere per la mente ed il corpo.
“Je suis un fétichiste du verbe!”, dice lui. Sono un feticista della parola. Ed è esattamente così. Si potrebbe dire di tutto il film. Da un romanzo di Philip Roth, un film che è un vortice di parole. Primi piani, giochi di luce, volti. Un homme, une femme: un uomo, una donna. E fra di loro parole, fiumi di parole.
Léa Seydoux e Denis Podalydès sono amanti. Ma soprattutto, si parlano. Lui, scrittore ebreo americano finito a Londra, lei moglie insoddisfatta, infelice, tradita dal marito. Si incontrano, si parlano. Scivolano fra le parole. Eleganti, disinvolti, intellettuali. Parole, parole, parole. Parole, soltanto parole, parole fra loro. La seduzione che passa per il dialogo sapiente, per la parola accattivante. Questo è Tromperie: prendere o lasciare.
Quando sullo schermo ci sono loro due, Léa Seydoux e Podalydès, tutto corre sul filo dell’attrazione, come in un “Ultimo tango a Londra” tutto intellettuale, meno selvaggio e violento. E mentre le parole si rincorrono, artifici teatrali: fondali che scompaiono, luci che vengono accese o spente intorno ai volti dei protagonisti, fondali neri che invadono lo schermo e isolano il volto di lei, fondu come nel cinema muto. O come in un film di Bergman, Monica e il desiderio, con Harriett Andersson.
Chissà. Forse solo il cinema francese ha la forza, o il coraggio, di presentare un film così nudo, vestito solo di parole. Il cinema italiano ha bisogno della commedia, dell’iperbole, dell’equivoco. Il cinema americano ha bisogno dei supereroi. Forse solo il cinema francese può ancora puntare tutto sull’insostenibile leggerezza della parola, in un film tutto di interni, in cui non ci sono inseguimenti per le strade, in cui non c’è nessuna forma di suspense. Protagonisti sono due amanti, ma non c’è il timore di essere scoperti, non ci sono scene madri da aspettare.
È come se vedessimo due camminare su un filo. Lei cammina sul filo della sua infelicità, lui la ascolta. Le storie immaginate si mescolano ai dettagli reali, tutto il film sembra sospeso fra quello che viene vissuto e quello che viene immaginato.
Tutto viene raccontato per quadri. Fra la storia di Léa Seydoux e Podalydès, se ne alternano altre: lui con la moglie non più giovane e non più bella, lui con una ex studentessa brillante dal precario equilibrio nervoso, devastata dagli elettroshock. E lui con una sua ex, malata di cancro, divorata dal terrore di morire. Lui, il feticista delle parole, usa la voce come un virtuoso, le calma, le lusinga, le seduce, le accompagna nelle loro riflessioni. Se non ci fosse un attore la cui voce è un’orchestra intera, probabilmente il film non riuscirebbe a sedurci. Così, ci riesce.
Non c’è un esterno, non c’è una strada, non c’è la gente. Ci sono soltanto loro. I due amanti, la casa di lui, la macchina da scrivere, i libri, i divani, le parole, tazze di caffè palesemente senza una goccia di caffè dentro, parole, carezze, lacrime, cuscini, attaccapanni, corridoi, parole, addii, ritorni, slittamenti progressivi dell’amore. Se fosse un film di Truffaut, si chiamerebbe “L’uomo che parlava alle donne”. O l’uomo che immaginava le donne, forse. Cambia qualcosa, in fondo? Vivere un amore o immaginarlo, con tutti i suoi dettagli, con le sue parole, con le sue sofferenze, in fondo è la stessa cosa, sembra dirci il film.
All'inizio, in un palco, una giovane donna rivela di incontrare ogni setti-mana, nel suo studio a Londra -città di esilio volontario -, lo scrittore americano Philip, suo amante. L'incipit già dichiara la finzione scenica: sono le parole (in un incongruo, letterario, teatralissimo francese) a creare ambienti e situazioni (lo studio di lui descritto da lei a occhi chiusi).
Un uomo e una donna. Amanti e adulteri. Bastano per fare un grande film. Almeno se si tratta di Denis Podalydès e Léa Seydoux, e se il film è diretto da Arnaud Desplechin, che riesce nell'impresa di adattare Philip Roth (e il suo romanzo breve in forma di dialogo Inganno) al cinema. Ma anche un uomo e le sue donne. L'amante, la moglie, l'amica, un vecchio amore, una ex studentessa.
All'inizio siamo in un teatro, o una sala di prova. Una donna allo specchio si trucca, poi si gira, guarda in macchina e dice: "non vi dirò il mio nome. Ho 33 anni. Da qualche anno io e mio marito stiamo attraversando una crisi coniugale eppure abbiamo una bambina di 4 anni. Ho conosciuto Philip un anno e mezzo fa. Lui è uno scrittore americano che vive a Londra.
"Sono un feticista delle parole!". Si definisce così il protagonista del nuovo film che il regista francese Arnaud Desplechin ha tratto dal romanzo Inganno (Deception) di Philip Roth. Ma forse scrivere che Tromperie è tratto da Inganno non rende a sufficienza l'idea. Perché Inganno è un testo quasi impossibile da "tradurre" sullo schermo: 166 pagine di soli dialoghi, dove all'inizio non sai bene chi [...] Vai alla recensione »
Credergli? "Sono un feticista delle parole, un ascoltatore, un audiofilo" sostiene lo scrittore Philip in una scena del film "Tromperie - Inganno" di Arnaud Desplechin. Philip come Philip Roth, infatti alla base c'è un libro scritto nel 1990 dal romanziere americano, lo si trova da noi con Einaudi, e naturalmente autobiografia, invenzione, variazioni sul tema si mischiano in questo denso racconto sull'amore [...] Vai alla recensione »
Un uomo, una donna, una stanza. Per buona parte di "Tromperie Inganno" sullo schermo non c'è altro. Ma l'uomo si chiama Philip Roth (Denys Podalydès), la donna è la sua amante inglese (Léa Seydoux) e quella stanza è un luogo indeterminato. Realtà, ricordo, immaginazione? Probabilmente le tre cose insieme, perché trattandosi di Roth forse non ha senso distinguere.
Nella Londra del 1987, un famoso scrittore americano, Philip, "esiliato" nella City con la moglie, incontra regolarmente la giovane amante inglese nel suo studio, diventato il loro rifugio e nascondiglio. I due fanno l'amore, litigano e parlano di tutto durante i loro dialoghi tra amanti: di sesso, letteratura, morte, antisemitismo, fedeltà e infedeltà, amanti, spose, studentesse bipolari, amiche malate [...] Vai alla recensione »
Tratto dal romanzo omonimo di Philip Roth, è in assoluto il film più fedele allo spirito e all'opera di questo scrittore. Capace di catturare l'essenza della sua poetica e metterla in scena con il linguaggio cinematografico più affine al suo stile: la passione per le donne, il rapporto tra vita e letteratura, il tradimento adulterino e la fedeltà a se stesso, la narrazione che vampirizza l'esistenza [...] Vai alla recensione »
Philip, scrittore americano a Londra, dialoga con le donne della sua vita, in particolare con la sua amante, inglese, intelligente, colta e compromessa da un matrimonio a cui a soli trentacinque anni, si è già rassegnata. E poi con una donna ceca, ossessionata dalle spie e dalla censura post-sovietica, e Rosalie, che lotta contro un tumore per il quale si sottopone a cure incessanti, alternando speranze [...] Vai alla recensione »
Selezionato a Cannes 2021, Tromperie - Inganno è un esempio di "conversation piece" ideale per chi apprezza i dialoghi. Arnaud Desplechin lo ha tratto dal romanzo di Philip Roth Deception, di cui aveva adattato l'episodio Anale come bonus del dvd di un suo film. Compito difficile, perché il libro è fatto di frammenti di dialogo assemblati in una narrazione non rettilinea, che il regista riproduce mediante [...] Vai alla recensione »
Philip Roth e il cinema. Un rapporto a dir poco tormentato. In pratica quasi una rappresentazione di secondo livello delle vicissitudini emotive dei suoi personaggi. Trasposizioni che hanno sempre tradito lo spirito di fondo dello scrittore statunitense, molto critico nei confronti degli stereotipi imperanti nella società americana e non solo. La macchia umana (2003), Lezioni d'amore (2008) e American [...] Vai alla recensione »
Il rapporto tra le immagini e la letteratura è tornato a riaffermarsi con prepotenza, ne è espressione e quasi manifesto il nuovo film di Arnaud Desplechin, presentato a Cannes lo scorso anno e ora nelle sale ita liane, girato durante il "confi namento" - la misura è quasi sempre quella dell'interno, un appartamento che ricorda l'u niverso parallelo e segreto dell'Assedio bertolucciano del suo ultimo [...] Vai alla recensione »
Arnould Desplechin adatta Deception (Inganno, Einaudi) - romanzo di Philip Roth del 1990 quando su certo tossico egocentrismo maschile non si era ancora abbattuta l'ascia del #MeToo - assumendosi il non facile compito di tradurre sullo schermo un romanzo costruito in gran parte sui dialoghi di un uomo e una donna che intrattengono una relazione adulterina.
Philippe è la controfigura di Roth, l'autore di inganno, trasposto in un film che il regista Arnaud Desplechin confeziona benissimo, raccontando i tormenti erotici del protagonista die discute, ama e litiga con la sua amante inglese. Nel frattempo vive la tragedia della moglie, malata di tumore, sempre immerso nei propri libri e nello studio-alcova del fedifrago.
A partire da uno sguardo in macchina d'un protagonista, si rappresenta senza mediazioni il gioco prediletto dell'amore quando è consapevole che è finito, che sta finendo, che è incominciato per finire. Dal romanzo omonimo solo dialoghi Roth, Desplechin sfida la parola, la sua teatralità (ricorda Rivette), per portare al cinema la presunzione (maschile) di definire relazione e potere.
Fare un film da un romanzo - e per di più da un romanzo scritto da un autore impegnativo, riconosciuto e acclamato tra i migliori al mondo da molti - è sempre una operazione di trasgressione: nel costruire immagini si tradisce la parola cartacea, attraverso la visione dei corpi si rischia di perdere la componente allusiva delle metafore, dei giochi di parole, delle pause, dei trabocchetti.
Si parla spesso del concetto di romanzo impossibile da adattare al cinema, nozione ormai smentita da tempo salvo rarissime eccezioni. Tra queste c'è l'opera di Philip Roth, che non ha mai veramente generato trasposizioni particolarmente interessanti, per lo meno in lingua inglese. Anche gli adattamenti tutto sommato dignitosi, come Pastorale americana di e con Ewan McGregor, tendono a non centrare [...] Vai alla recensione »
Inganno di Philip Roth è un romanzo fatto solo di dialoghi a due. Nessuna premessa, nessun contesto, nessun «lei disse, lui dice». Solo trattini, discorsi diretti, a capo. Nessun narratore: il massimo del realismo. E l'apice del fantasmatico: parole libere su carta, a cercare appigli nei corpi, nei luoghi, nei tempi, parole da associare a una voce, a un ambiente.
Londra, 1987. Philip è uno scrittore newyorkese di origini ebraiche esiliatosi prima in Cecoslovacchia e ora in Inghilterra, il cui studio funge da rifugio per la relazione adulterina che lui e la sua amante senza nome vivono alle spalle dei rispettivi coniugi. Quando non fanno l'amore, discutono. Una parla e l'altro ascolta. Il matrimonio infelice di lei, ragazza di provincia prigioniera di un recente [...] Vai alla recensione »
"Questo film - dice Arnaud Desplechin, regista di Deception dal libro di Philip Roth-, nasce da una professione di fede. Credo nell'intreccio tra arte e vita. Penso che l'arte non valga niente se al suo interno non c'è la vita più cruda, e che la vita non valga niente se non c'è arte che ne mostri gli aspetti rilevanti". L'incontro tra i due protagonisti di Deception (in uscita con Nomad Film in primavera), [...] Vai alla recensione »
"È vero che mi diverte avere dei personaggi logorroici (...) Quello che cerco di raggiungere è il momento in cui tutto si infiamma e l'amore diventa carnale, in cui la parola si trasforma in atto, in un bacio, e d'un tratto il dialogo si fonde in gesto". Ecco. Così Arnaud Deplechin, in un'intervista esclusiva di tre anni fa, rispondeva alla nostra osservazione sulla sua opera come punto di congiunzione [...] Vai alla recensione »
Anche volendo tenersi al di fuori delle polemiche che hanno sempre accompagnato il mancato riconoscimento del Nobel alla Letteratura a Philip Roth, è arduo non constatare come dal momento della sua dipartita, oltre tre anni fa, il grande romanziere statunitense sia stato già parzialmente "dimenticato", rimosso in fretta e furia dalla discussione sul cosiddetto "stato dell'arte".
Philip, famoso scrittore, si incontra regolarmente con l'amante, anch'essa adultera, nel suo ufficio. Fanno l'amore, ma soprattutto parlano per ore. Di tutto. Dal romanzo di Roth, tutto di conversazioni (prima del sesso, dopo), Desplechin, pagando il debito all'autore americano che ama di più (una riduzione di La controvita di cui si parla da anni), trae un film dei suoi: teatrale (l'incongruo francese), [...] Vai alla recensione »
Uno scrittore americano, tra Londra e New York, entra in contatto con diverse donne, una delle quali è la moglie. Ma in realtà è solo la trasposizione "fisica" di tanti personaggi. Desplechin fa ancora il teorico e tracciando un percorso immaginario tratto da Philip Roth, con una cadenza fluida elabora la messa in scena dello sviluppo artistico, dove il pensiero e successivamente la parola si fa immagine. [...] Vai alla recensione »
Assente perché malata di Covid, la trentaseienne francese Léa Seydoux, che oggi è forse la più grande interprete del cinema mondiale, è esaltante, al pari del protagonista Denis Podalydès, nello spassoso Deception di Arnaud Desplechin. Dal libro omonimo (Inganno) di Philip Roth, i dialoghi sono in francese e qualcuno storcerà il naso, ma lo script di Desplechin, gli attori e il décor vanno a insindacabile [...] Vai alla recensione »
Inganno. È quello che accettiamo di vivere più o meno consapevolmente ogni qualvolta ci apprestiamo a leggere un libro. O a vedere un film. È lo stesso - dichiarato dal titolo - che Philip Roth tradusse in un romanzo, pubblicato nel 1990, incentrato su uno scrittore americano (Philip, per l'appunto), di stanza a Londra per un periodo, e della sua relazione con una giovane inglese che lo raggiunge [...] Vai alla recensione »