L'infinita contesa tra miseria e nobiltà è al centro dell'opera tratta dal romanzo di Jonathan Lethem.
di Giovanni Chessari, Vincitore del Premio Scrivere di Cinema
"Ciò che accade ai più poveri in questa città non importava ieri e non importerà domani: per gli altri è come se quella gente nemmeno esistesse!". È nelle parole dal fronte degli ultimi, negli sguardi arrabbiati di chi combatte la prevaricazione, nella sofferta consapevolezza di una forbice sociale apparentemente ineliminabile che si esplicita la volontà specifica dell'opera seconda di Edward Norton. D'altra parte, è singolare notare come il motivo della lotta di classe sia stato preponderante nel cinema dell'anno ormai in chiusura, in una curiosa commistione e rivisitazione dei più svariati generi filmici.
Dalle derive horror dell'ottimo Noi (guarda la video recensione) al neo-esistenzialismo del clamoroso Burning (guarda la video recensione), dal tragico contemporaneo dell'acclamato Joker (guarda la video recensione) alle pulsioni thriller del sorprendente Parasite (guarda la video recensione), l'infinita contesa tra miseria e nobiltà ha accompagnato con disinvoltura disparate e affascinanti chiavi di lettura.
In questo ventaglio di maniere differenti applicate al medesimo soggetto, l'intuizione di Norton è quella di recuperare le suggestioni visive e gli snodi indispensabili della detective story in salsa hard-boiled, omaggiandone la partitura naturale e allo stesso tempo destrutturandola a favore di una ricostruzione più pulita nella sostanza e più compassata nella forma. C'è l'investigatore privato assassinato e il suo protetto sulle tracce dell'omicida, ci sono le relazioni parentali nascoste e gli inseguimenti sui tetti, non mancano le rivoltelle sempre cariche e i fumi di un sottomondo dimenticato. È cinema americano tradizionale, fondativo, originario, sul quale il regista non manca di innestare però significativi elementi di rottura: la sindrome di Tourette del Norton attore, la femme per niente fatale, la dilatazione dei tempi narrativi. Tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Lethem e rimaneggiato per circa un ventennio in vista di un adattamento per il grande schermo, Motherless Brooklyn (guarda la video recensione) si traduce così in un'indagine sulla sopraffazione suburbana mascherata da neo-noir metropolitano. È il nuovo apologo semplice, classico eppure efficace dell'eterna lotta tra i molti e i pochi, tra i colossi e i disperati, tra chi la corruzione la agisce e chi per contro la subisce.