Per lei Kore'eda dirige per la prima volta in Occidente e a lei regala uno dei più bei ruoli da tempo, uno dei più bei ruoli tout court. Presentato a Venezia 76 e dal 10 ottobre al cinema.
di Marzia Gandolfi
Nell'economia del cinema francese sono rari i ruoli di primo piano offerti ad attrici sopra i cinquant'anni. I soli personaggi corrispondenti a questo criterio si caratterizzano sovente per due tratti maggiori e conformi all'immagine tradizionale. Condannati a un'esistenza marginale, a una vecchiaia dolorosa e qualche volta alla 'decadenza', incarnano un discorso naturalista e degradante sul tempo che passa. Escluse dal campo dell'erotismo o da qualunque forma accettabile di sensualità, le 'vecchie' attrici finiscono per fare la spalla all'eroe o all'eroina più giovane. La rappresentazione del tempo è meno crudele per gli uomini. I ruoli per gli over cinquanta non mancano e valorizzano la figura dell'uomo di esperienza che innamora ovviamente una donna più giovane. Insomma se l'attrice deve accettare di diventare nonna e passare in secondo piano, l'attore resta addirittura al centro di un commercio amoroso. In questo contesto la vittoria di Catherine Deneuve alla fine di Potiche - La bella statuina, apre nuovi orizzonti.
Alla maniera di Suzanne Pujol (Potiche), che affranca la donna dal foyer, Catherine Deneuve sposta più in là la visione tradizionale dell'età, abbattendo gli stereotipi, trasformando il rischio di emarginazione in potenziale di affermazione e conciliando la necessità di esserci con la consapevolezza dei limiti dell'accettabilità sociale del tempo che passa.
Hirokazu Kore'eda si affida alla sua figurazione stilistica del passaggio degli anni e alla sua aura singolare: l'immagine che emana dal suo carattere e da quello dei suoi personaggi abituali. Per lei Kore'eda approda in occidente e a lei regala uno dei più bei ruoli da tempo, uno dei più bei ruoli tout court. Mélange di fuoco e di ghiaccio, Catherine Deneuve conferma con Le verità, contro il rigore del tempo e un uso preciso del décor (la casa e gli spazi domestici offrono da anni una forma cinematografica alle sue eroine), una rappresentazione della maturità florida e trionfante.
Sotto la superficie quieta di un dramma borghese, Le verità è un ritratto straordinario di attori, nello specifico di attrici. Impossibile indovinare quando recitano e quando no, quando piangono veramente o quando fingono (magnificamente) come il personaggio di Ludivine Sagnier che pensa al suo cane (morto) per trovare le lacrime.
Star del cinema francese sul punto di pubblicare la sua biografia, ritoccando la realtà e cancellando (o quasi) le sole persone che abbiano veramente contato per lei, Fabienne (Catherine Deneuve) scrive solo della sua grandezza. Quando sua figlia Lumir (Juliette Binoche), rientrata dagli Stati Uniti in occasione dell'uscita del libro, lo legge scoprendo passaggi che non corrispondono ai suoi ricordi di infanzia, le vecchie ferite si aprono. Soprattutto quella di Sarah, attrice e amica (cara) di Fabienne, scomparsa molti anni prima e mai menzionata nel suo libro. E Sarah sembra proprio evocare il fantasma di Françoise Dorléac, sorella di Catherine Deneuve, morta troppo giovane.
Come Emmanuelle Devos prima di lei (I re e la regina), Juliette Binoche comprende presto che la sua giurisdizione e le sue leggi in scena e davanti a Catherine Deneuve non valgono più. L'attrice può andare e venire nel film a condizione di non rivendicare il possesso del territorio. Kore'eda la immagina un passo indietro, tangenziale, indipendente dal resto della storia.
Interpretando una sceneggiatrice che arriverà a scrivere un discorso di scuse per la madre, Juliette Binoche ammette la regalità di Catherine Deneuve, riconoscendole precedenza e presenza. Tra le due regine, la vecchia e la nuova, esiste per Kore'eda una differenza fondamentale. Madre di una bambina e moglie di un attore fallito, Lumir appare perduta tra New York, dove abita, e Parigi dove non abita più. Fabienne dispone al contrario di una sicurezza materiale e morale. La differenza sta tutta nell'età e nel territorio. Lorin è una regina senza regno, Fabienne esercita la sua sovranità su un territorio preciso (casa e set). La sua legittimità viene da lì. È regina in casa e regina di ogni film che ha interpretato. Kore'eda a suo agio da sempre coi bambini, che filma come nessun altro, sa bene come trattare gli attori.