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Ocean's 8, perfetto esempio di summer movie all'americana

Non c'è un solo momento, nel film diretto da Gary Ross, che non sia votato al più sfacciato intrattenimento. Ora al cinema.
di Roy Menarini

Ocean's 8

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Sandra Bullock (Sandra Annette Bullock) (60 anni) 26 luglio 1964, Arlington (Virginia - USA) - Leone. Interpreta Debbie Ocean nel film di Gary Ross Ocean's 8.
domenica 29 luglio 2018 - Focus

Se esiste un esempio per spiegare il concetto di summer movie nella stagione americana, questo è Ocean's 8. Non c'è un solo momento che possa dirsi drammatico, sfumato o legato in qualsivoglia modo ai problemi del presente, e tutto è votato al più sfacciato intrattenimento. Proprio come chiede la stagione estiva, per solito opposta a quella invernale dove scendono in campo i calibri da Oscar, con rare eccezioni a questa cronologia. Ciò non significa che non si possa scendere a un livello analitico, anzi sono proprio questi prodotti più marcatamente industriali (e costruiti in sede di marketing della comunicazione) a sollecitare il nostro interesse.

Il gender swap che ha trasformato la saga mascolina di Steven Soderbergh in un'avventura al femminile è la prima decisione destinata ad avere conseguenze.
Roy Menarini

Sotto le due leader interpretate da donne particolarmente forti - Sandra Bullock già abituata a sostituire i maschi nel genere action e Cate Blanchett, volto e voce profonda del cinema d'autore internazionale - si muovono femminilità attentamente shakerate dal punto di vista etnico e culturale, secondo le regole globaliste e politicamente corrette imposte da Fast and Furious. Tra di esse, oltre al piacere di vedere insieme figure attoriali di estrazione opposta convivere nella banda (in fondo una sorta di meta-film all'interno della narrazione), si nota anche l'attenzione ai consumi mediali contemporanei, come dimostra la scelta in un ruolo tutto sommato non centrale di una star del calibro di Rihanna (piuttosto impacciata, peraltro).


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In foto una scena del film Ocean's 8.
In foto una scena del film Ocean's 8.
In foto una scena del film Ocean's 8.

In effetti, tutto Ocean's 8 è concentrato sul celebrity system, e ne diventa sia espressione sia commento. Anche il poco compreso Ocean's 12 - nelle mani di Soderbergh - si era rivelato un puro divertissement con riflessioni non banali sull'autosufficienza dello star system (film-materasso solo apparente tra il primo e il terzo episodio). Qui la densità teorica del regista statunitense è un pallido ricordo, ma tra Vogue, Cartier, divi hollywoodiani, divi sportivi, musei di arte moderna e contemporanea trasformati in passerelle, fashion system e ossessione per l'accessorio anche Ocean's 8 racconta qualcosa dell'omologazione del mercato, che tende a fondere prodotti artistici e voluttuari in un unico e incessante processo di estetizzazione.

Quanto alla dimensione femminile/femminista, ci troviamo al livello di un generico post-femminismo in salsa Sex & The City.
Roy Menarini

Le protagoniste sono imprenditrici del crimine, figure di donne che preferiscono comandare e che elaborano piani senza uomini tra i piedi (o fregandoli, se essi cercano a loro volta di ingannarle). Ciascuna possiede saperi tecnici e abilità personali che la distingue dalla maggior parte della società e soprattutto sono sempre un passo avanti a inseguitori o nemici. Al tempo stesso, si mostrano impeccabili nell'aspetto e nell'abbigliamento, anzi i travestimenti cui si sottopongono sono occasioni di sfruttare altri elementi della loro femminilità. E poco importa che i personaggi secondari, in quota etnica, finiscano per fare da tappezzeria, con rappresentazioni talvolta di dubbio gusto.

Il tutto non è abbastanza, forse, per contare qualcosa all'interno del lungo cammino dei movimenti culturali e simbolici di riappropriazione nati da #metoo, ma è già qualcosa per far filtrare un pizzico di immaginario anche in un film disimpegnato come Ocean's 8.


RECENSIONE

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