debboschi
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domenica 19 ottobre 2014
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l'anima poetica de il giovane favoloso
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Molteplici potevano essere i punti di vista da cui raccontare la vita di Giacomo Leopardi. Mario Martone ha scelto quello più intimista, più profondo e delicato, che, paradossalmente, è anche quello più controverso e coraggioso: il punto di vista dell'arte. La figura che anima lo schermo è quella del poeta Leopardi che, ad un certo punto della sua vita, decide di liberarsi dalla " vile prudenza che agghiaccia " ed uscire fuori, andare al di là del confine rappresentato dalle rigide convenzioni familiari, in modo particolare dal padre, ed andare incontro al mondo nell'unico modo possibile: vivendolo. Il desiderio di conoscenza è ciò di cui si nutre l'animo di un artista ed è ciò di cui il giovane Giacomo è affamato.
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Molteplici potevano essere i punti di vista da cui raccontare la vita di Giacomo Leopardi. Mario Martone ha scelto quello più intimista, più profondo e delicato, che, paradossalmente, è anche quello più controverso e coraggioso: il punto di vista dell'arte. La figura che anima lo schermo è quella del poeta Leopardi che, ad un certo punto della sua vita, decide di liberarsi dalla " vile prudenza che agghiaccia " ed uscire fuori, andare al di là del confine rappresentato dalle rigide convenzioni familiari, in modo particolare dal padre, ed andare incontro al mondo nell'unico modo possibile: vivendolo. Il desiderio di conoscenza è ciò di cui si nutre l'animo di un artista ed è ciò di cui il giovane Giacomo è affamato. E' una bramosia, la sua, che gli arde con ferocia nell'animo e che si scontra prepotentemente con i limiti fisici imposti dal suo corpo segnato dalla malattia. Quello che ne risulta è una conflittualità tangibile che, nella splendida interpretazione di Elio Germano, diviene coincidentia oppositorum, lasciando emergere il ruolo centrale assunto dal concetto di "armonia", che subentra, non a caso, a quello di "conflitto". Il volto di questo straordinario attore diviene un vero e proprio campo d'azione dell'espressività, il luogo teatro della sensibilità del poeta Leopardi. Il suo sguardo è il tramite attraverso il quale si entra in relazione con un eloquente "altrove": la dimensione dello spirito. La levità della sfera interiore dipinta sul volto di Elio Germano pare escludere, ma al tempo stesso compensare ed essere compensata dalla storpiatura del suo corpo, la quale impedisce di fare del poeta Leopardi un'entità estranea al mondo e alla sua materialità. Una doppia valenza, quella dell'astrattezza-materialità, che è il contesto stesso del film ed è messa in evidenza da un gioco di inquadrature che si avvale spesso dell'utilizzo della finestra, intesa nel suo doppio significato dei dentro-fuori, a simboleggiare la dimensione di una realtà "altra" che è quella dell'arte.
E' noto quanto sia difficile raccontare per immagini l'essenza della poesia, ma senza dubbio, in questo senso, "Il giovane favoloso" è opera da considerarsi perfettamente riuscita.
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antonietta dambrosio
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sabato 1 novembre 2014
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un giovane leopardi incolore
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Il giovane favoloso -recensione
Se avessimo voluto ripassare la vita e le opere di Giacomo Leopardi avremmo potuto aprire le pagine del nostro vecchio libro di letteratura italiana. Quella di Mario Martone è una cronaca asettica ed incolore di una vita che ha segnato la storia della nostra letteratura, del poeta e filosofo fanciullo che più abbiamo amato al solo udir della voce, perché la sua voce l'abbiamo udita e la sua sofferenza si è fermata sulla pelle, naufragando dolcemente in quel suo mar, abbiamo guardato oltre attraverso i suoi occhi con una lucidità carica di ironia spingendoci al di là di ogni male terreno, sollevati dalla sua poesia.
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Il giovane favoloso -recensione
Se avessimo voluto ripassare la vita e le opere di Giacomo Leopardi avremmo potuto aprire le pagine del nostro vecchio libro di letteratura italiana. Quella di Mario Martone è una cronaca asettica ed incolore di una vita che ha segnato la storia della nostra letteratura, del poeta e filosofo fanciullo che più abbiamo amato al solo udir della voce, perché la sua voce l'abbiamo udita e la sua sofferenza si è fermata sulla pelle, naufragando dolcemente in quel suo mar, abbiamo guardato oltre attraverso i suoi occhi con una lucidità carica di ironia spingendoci al di là di ogni male terreno, sollevati dalla sua poesia. Elio Germano ha dato volto e figura al nostro Leopardi, in una patetica interpretazione, quasi comica nel mettere in scena una ribellione fine a se stessa, stridendo nel tono della voce, che di lui avevamo sognato melodica come la sua poesia, profonda e infinitamente avvolgente. Nessuno è stato testimone del suo tempo, ma tutti attraverso L'Infinito abbiamo osato superare l'orizzonte, abbiamo riconosciuto il suono del silenzio, e nessun altro ci ha dato la misura ed il valore dell'attesa, l'importanza del dubbio. Attraverso Martone ci si ferma sul bambino prodigio, sul giovane oppresso dall'amore soffocante del conte Monaldo e di sua moglie, rigidi entro i limiti di un'educazione che non va oltre i canoni di regole dettate dalla morale cattolica e di un etica che risponde al rispetto della fede monarchica, seguendone i passaggi solo cronologici, da Recanati a Firenze, poi Roma e Napoli indugiando più del necessario sull'ambigua amicizia con Antonio Ranieri. Dell'evoluzione del suo pensiero solo qualche balzo che va dalla sete di gloria alla ribellione solo immaginata nei confronti di suo padre, dalla fascinazione verso gli ambienti liberali, al pessimismo scaturito anche dalla precaria condizione fisica fino a fargli maturare l'odio verso una natura che definisce matrigna. In ultima analisi Leopardi approda all'esaltazione della noia come conseguenza del nulla dato dal senso di distacco dalla vita, e solo agli spiriti superiori è dato di riconoscerla e provarla. È stato questo il senso dell'opera di Martone, ricondurci al tedio e alla noia nei 137 minuti della sua pellicola, per rendere sublime il nostro spirito? Per cimentarsi in tali opere non basta riempire lo schermo col volto di Elio Germano, sempre più sgarbato e curvo sotto il peso di uno studio sfrenato, che recita pochi versi con poca enfasi sul palcoscenico di una cartolina bellissima, accompagnato dalle note di una colonna sonora in determinati passaggi anche inopportuna e non sarà capace tale opera di sbiadire il senso del suo passaggio dalle vite di ognuno di noi.
Antonietta D'Ambrosio
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(di beppe colella)
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(di grazia miccoli)
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aristole
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domenica 2 novembre 2014
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bruttino
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A mio parere un'occasione mancata. Per le segunti ragioni. Anzitutto il protagonista, praticamente per tutta la durata del film (dunque gobba o non gobba), si muove come un buffone e assume pose da contorsionista (facendo venire in mente, più che Giacomo Leopardi, l'Igor di Frankenstein Junior). Poi quello che dice, e come lo dice, è sempre teso, drammatico, sopra le righe, a tratti urlato. Non c'è praticamente mai nulla di colloquiale, nei dialoghi, nulla di ironico (ed è un mistero come qualcuno abbia potuto vedere qui la riscossa dell'ironia). Gli scambi di idee che il protagonista ha con altri letterati ripetono sempre lo stesso cllchè, storicamente inesatto e artisticamente noioso (Leopardi, buono; gli altri, cattivi): gli altri non fanno altro che criticarlo duramente (chi non conoscesse altro di Leopardi oltre al film, non potrebbe mai immaginare che negli anni '30 egli era già un poeta e un letterato famoso e stimato da moltissimi), e lui come risposta si incazza.
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A mio parere un'occasione mancata. Per le segunti ragioni. Anzitutto il protagonista, praticamente per tutta la durata del film (dunque gobba o non gobba), si muove come un buffone e assume pose da contorsionista (facendo venire in mente, più che Giacomo Leopardi, l'Igor di Frankenstein Junior). Poi quello che dice, e come lo dice, è sempre teso, drammatico, sopra le righe, a tratti urlato. Non c'è praticamente mai nulla di colloquiale, nei dialoghi, nulla di ironico (ed è un mistero come qualcuno abbia potuto vedere qui la riscossa dell'ironia). Gli scambi di idee che il protagonista ha con altri letterati ripetono sempre lo stesso cllchè, storicamente inesatto e artisticamente noioso (Leopardi, buono; gli altri, cattivi): gli altri non fanno altro che criticarlo duramente (chi non conoscesse altro di Leopardi oltre al film, non potrebbe mai immaginare che negli anni '30 egli era già un poeta e un letterato famoso e stimato da moltissimi), e lui come risposta si incazza. Sufficiente la descrizione di Recanati - tolto Monaldo, a cui viene attribuita una personalità che davvero non possedeva: chi, vedendo il film, sospetterebbe che Monaldo era quasi un personaggip da operetta, reboante e tronfio nei suoi atteggiamenti esterni, ma quasi succube inerme della moglie in casa sua? Aggiungi - ed è la cosa più grave - che si fanno dire a Leopardi colossali fesserie, rinnovando ancora una volta i fraintendimenti che il Recanatese per gran parte della sua vita aveva cercato invano di dissipare. A un certo punto, in un breve dialogo con la sorella, il lettore apprende stupefatto che la filosofia di Leopardi è una forma di scetticismo critico. E quando mai? Per Leopardi la ragione è potentissima, e ha da tempo scoperto la verità delle cose (altro che scetticismo!). Il problema è che questa verità è terribile per l'uomo, per cui la filosofia è dannosa (L. dice della sua filosofia che è "dolorosa ma vera"). Si salvano i recitativi, tra cui la scelta originale dei pezzi. L'Infinito non poteva non esserci; ma non c'è nessuno dei grandi idilli, mentre è ripreso lo splendido attacco della "Sera". Poi, a sorpresa, troviamo brani del ciclo di Aspasia tra cui uno, se ho udito bene, addirittura dal Consalvo. Immensa, infine, la recitazione di una parte della Ginestra. Ma per dare queste emozioni bastava un bravo attore e un teatro: per un film è davvero troppo poco.
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filippo catani
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domenica 16 novembre 2014
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un giovane favoloso
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Il film traccia la vita di Giacomo Leopardi; dall'infanzia infelice a Recanati fino alla morte a Napoli.
Martone realizza un'impresa che potremmo definire storica; non era affatto facile rendere visivamente non solo la vita di Leopardi ma anche le sue opere principali. Questo è reso possibile dal fatto che i momenti in cui Leopardi recita parti o intere sue opere lo fa in momenti perfetti. Eccolo allora giovane stretto dentro Recanati che a suo dire lo sa solo apostrofare con nomignoli di scherno quali filosofo ad esempio. Il padre Monaldo gli mette a disposizione una biblioteca fantastica per i tempi sia per la quantità che per la qualità dei testi. Egli però vuole che tutti i suoi figli, e specialmente Giacomo, rimangano perennemente chiusi nella biblioteca marchigiana rifiutando qualsivoglia lusinga o rivoluzione.
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Il film traccia la vita di Giacomo Leopardi; dall'infanzia infelice a Recanati fino alla morte a Napoli.
Martone realizza un'impresa che potremmo definire storica; non era affatto facile rendere visivamente non solo la vita di Leopardi ma anche le sue opere principali. Questo è reso possibile dal fatto che i momenti in cui Leopardi recita parti o intere sue opere lo fa in momenti perfetti. Eccolo allora giovane stretto dentro Recanati che a suo dire lo sa solo apostrofare con nomignoli di scherno quali filosofo ad esempio. Il padre Monaldo gli mette a disposizione una biblioteca fantastica per i tempi sia per la quantità che per la qualità dei testi. Egli però vuole che tutti i suoi figli, e specialmente Giacomo, rimangano perennemente chiusi nella biblioteca marchigiana rifiutando qualsivoglia lusinga o rivoluzione. La madre è bigotta e distaccata e cura le finanze della famiglia e così per Giacomo saranno vere e proprie ancore di salvezza i suoi fratelli e in special modo Paolina. Leopardi riuscirà disperatamente a fuggire ma ovunque si trovi e sempre pieno di irrequietezza dovuta al rifiuto delle lusinghe dei letterati del tempo sulle "splendide sorti e progressive" dell'umanità. Purtroppo la sua salute debole non gli sarà d'aiuto specialmente nel rapporto con le donne mentre di grande aiuto sarà l'amicizia con Ranieri. E allora se nell'Ottocento era molto più facile rifugiarsi nella Provvidenza manzoniana, ecco che a noi abitanti del Novecento e Duemila suonano quasi profetiche le parole del poeta marchigiano. Chi non ha mai provato quel senso di smarrimento provato dal pastore errante? Chi non vorrebbe fare i conti con la "Natura matrigna" per chiedere spiegazioni dei tanti dolori e delle mille ingiustizie che attanagliano il mondo? Fra l'altro è meravigliosa la resa in immagini del dialogo principe delle Operette Morali ovvero quello tra la Natura e l'Islandese. Eppure, al contrario di quella che è ormai la vulgata scolastica e non solo, Leopardi era anche speranzoso e carico di voglia di vivere. Non per niente il suo testamento letterario che chiude il film è la Ginestra dove oltre alle consuete note dolorose sull'esistenza umana, Leopardi ci indica una via di salvezza e cioè quella di unirci tutti insieme per cercare almeno di contrastare la Natura. Elio Germano è perfetto nel dare vita ad un giovane favoloso e geniale che, come gran parte dei fenomeni, non venne particolarmente apprezzato dai suoi contemporanei ma da noi è considerato un pilastro della letteratura mondiale. Davvero un peccato che sia uscito da Venezia senza alcun riconoscimento; speriamo che la mancanza possa essere presto sanata in altri concorsi.
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luciacinefila
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giovedì 4 dicembre 2014
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questo è il cienma italiano di cui sono fiera
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Appassionante, commovente, originale,storico, ironico; ti fa pensare(tanto...)tistupisce, ti commuove,ti affascina.
Un film dalle mille emozioni.Interpretazione da oscar per il nostro Elio Germano che da il meglio di se nei pochi sorrisi che con una gaiezza inattesa regala al suo personaggio. Il protagonista riesce a farci percepire quasi a toccare con mano le emozioni del suo personaggio.....l'affetto profondo che lo lo legava ai suoi fratelli, la voglia di scoprire il mondo lontano dal suo nido, la curiosità verso l'animo femminile e sopratutto la sua caparbietà nel fare della sua vita una ricerca continua verso il sapere....In particolar modo la sua estrema sincerità e la sua onestà intellettuale che lo differenziava in maniera abissale dai "letterati del tempo" che prima lo adulano e poi lo abbandonano temendolo!
Una considerazione a parte merita la delineazione del personaggio del Conte MOnaldo che sicuramente tanto deve all'attore che lo impersonifica ma che al tempo stesso è una delle figure meglio riuscite del lungometraggio.
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Appassionante, commovente, originale,storico, ironico; ti fa pensare(tanto...)tistupisce, ti commuove,ti affascina.
Un film dalle mille emozioni.Interpretazione da oscar per il nostro Elio Germano che da il meglio di se nei pochi sorrisi che con una gaiezza inattesa regala al suo personaggio. Il protagonista riesce a farci percepire quasi a toccare con mano le emozioni del suo personaggio.....l'affetto profondo che lo lo legava ai suoi fratelli, la voglia di scoprire il mondo lontano dal suo nido, la curiosità verso l'animo femminile e sopratutto la sua caparbietà nel fare della sua vita una ricerca continua verso il sapere....In particolar modo la sua estrema sincerità e la sua onestà intellettuale che lo differenziava in maniera abissale dai "letterati del tempo" che prima lo adulano e poi lo abbandonano temendolo!
Una considerazione a parte merita la delineazione del personaggio del Conte MOnaldo che sicuramente tanto deve all'attore che lo impersonifica ma che al tempo stesso è una delle figure meglio riuscite del lungometraggio.
Colpisce la immensa tenerezza che prova verso il suo figlio più debole, più delicato ma così geniale, verso quel figlio al quale avrebbe concesso qualsiasi cosa ma che teneva così stretto a sè perchè era il suo preferito!
Un uomo tutto di un pezzo, un nobile non solo per le sue origini ma sopratutto per la sua nobiltà di animo che si manifetsa nella sua caparbietà nel trasmettere alla propria prole i principi morali e religiosi con cui a sua volta era stato educato.Egli ben comprende "il male di vivere del suo Giacomo" e cerca di aiutarlo...purtroppo senza ottenere un risultato positivo.
Commovente la scena in cui Il padre si sostituisce a Giacomo nel tagliare la carne servita per il pasto.....ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE BELLISSIMO!!!!!!!!!!!!!
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jackiechan90
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domenica 19 ottobre 2014
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favoloso il giovane ma anche il film
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Elio Germano riesce nel ruolo non facile del poeta Giacomo Leopardi negli anni che vanno dall'adolescenza a Recanati (l'infanzia ci viene mostrata in pochi attimi all'inizio e in rari flashback), la giovinezza con i primi successi (e insuccessi) letterari a Firenze e, infine, l'ultimo grande anelito di vita a Napoli con la declamazione dell'ultima grande poesia, "La Ginestra". Il film di Martone ha un tono e un ritmo molto teatrali e le sequenze della vita leopardiana sembrano proprio tre atti teatrali. Lo stile registico in compenso è molto postmoderno con alcune scene che assomigliano molto a dei "videoclip poetici", essenziali per dare corpo a ciò che di più astratto non può esserci cioè la poesia, soluzione che potrebbe fare scuola ed essere presa ad esempio per ulteriori lavori biopic come questo.
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Elio Germano riesce nel ruolo non facile del poeta Giacomo Leopardi negli anni che vanno dall'adolescenza a Recanati (l'infanzia ci viene mostrata in pochi attimi all'inizio e in rari flashback), la giovinezza con i primi successi (e insuccessi) letterari a Firenze e, infine, l'ultimo grande anelito di vita a Napoli con la declamazione dell'ultima grande poesia, "La Ginestra". Il film di Martone ha un tono e un ritmo molto teatrali e le sequenze della vita leopardiana sembrano proprio tre atti teatrali. Lo stile registico in compenso è molto postmoderno con alcune scene che assomigliano molto a dei "videoclip poetici", essenziali per dare corpo a ciò che di più astratto non può esserci cioè la poesia, soluzione che potrebbe fare scuola ed essere presa ad esempio per ulteriori lavori biopic come questo. Tutta la storia d'altronde è presa direttamente dagli scritti leopardiani e mescola continuamente finzione letteraria e realtà tanto che non è semplice capire il confine tra i due mondi. Da qui il titolo stesso dell'opera e il senso del Leopardi-pensiero che mescola le carte e fa della vita un immenso teatrino di cui farsi gioco ("non ero fatto per l'industria... ma per il sollazzo, il gioco"). Emblematica in questo senso anche la locandina del film che mostra il Germano-Leopardi con la testa capovolta creando così un senso di spaesamento nello spettatore già prima di vedere il film. Leopardi è "favoloso" in quanto sfuggente, dotato di una mente prodigiosa e di una profonda conoscenza dell'animo umano nonché di una grande ironia che il film mostra continuamente facendoci scoprire un lato del poeta non molto conosciuto così come la sua grande gioia di vivere, molto diversa dall'immaginario scolastico con cui siamo abituati a giudicare l'autore dell'"Infinito". è lui stesso a suggerirci di non giudicarlo dalle apparenze esteriori ma dal suo pensiero che non deriva necessariamente dalle sue condizioni fisiche. Se proprio dobbiamo trovare una pecca nel film potremmo dire che la divisione teatrale delle fasi della vita di Leopardi, operata da Martone, lascia talvolta da parte alcuni aspetti che potrebbero essere approfonditi meglio come il rapporto tra Leopardi e la madre, lasciata sullo sfondo rispetto al padre, mentre altre volta l'attenzione su aspetti non proprio rilevanti prevale sulla trama. ma a parte questi dettagli il film rimane anche l'affresco di un epoca evidenziata, in primo luogo, dai dialoghi che ricalcano il pensiero del tempo (non tanto diverso dal nostro) e la ricostruzione delle case, dei borghi, degli oggetti che fanno parte del mondo leopardiano. e, per ultimo, lo splendido paesaggio marchigiano dove possiamo anche noi vedere letteralmente la siepe "dove da tanta parte il guardo esclude", dovee "sedendo e mirando" possiamo contemplare "gli infiniti spazi e i sovrumani silenzi" e perderci naufragando dolcemente in questo mare.
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luigi chierico
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domenica 26 ottobre 2014
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un vero capolavoro tutto italiano
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“O patria mia,vedo le mura e gli archi…degli avi nostri,ma la gloria non vedo”, scriverebbe ancor oggi,dopo 200 anni il nobile favoloso poeta Giacomo Leopardi a cui l’ ottimo regista Mario Martone ha dedicato quest’opera,completa in ogni sua componente.
Un film in cui certo eccelle l’interpretazione di Elio Germano nella parte di G. Leopardi e,a seguire,di Massimo Popolizio,il padre,e di Michele Riondino,l’amico Ranieri,ma su cui non cui si può fare a meno di soffermarci sono: la luce,la fotografia,il doppiaggio,la ricostruzione ambientale,la scelta dei testi del poeta magnificamente declamati e la musica.
La fotografia del pluripremiato Renato Berta non è spettacolare perché il tema trattato non lo permetteva,è invece molto efficace e superlativa nella scelta della luce negli interni e negli esterni: Bellissima la foto di Firenze che si riflette sull’Arno,del terrazzo su Torre Annunziata e tante a lume di candela.
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“O patria mia,vedo le mura e gli archi…degli avi nostri,ma la gloria non vedo”, scriverebbe ancor oggi,dopo 200 anni il nobile favoloso poeta Giacomo Leopardi a cui l’ ottimo regista Mario Martone ha dedicato quest’opera,completa in ogni sua componente.
Un film in cui certo eccelle l’interpretazione di Elio Germano nella parte di G. Leopardi e,a seguire,di Massimo Popolizio,il padre,e di Michele Riondino,l’amico Ranieri,ma su cui non cui si può fare a meno di soffermarci sono: la luce,la fotografia,il doppiaggio,la ricostruzione ambientale,la scelta dei testi del poeta magnificamente declamati e la musica.
La fotografia del pluripremiato Renato Berta non è spettacolare perché il tema trattato non lo permetteva,è invece molto efficace e superlativa nella scelta della luce negli interni e negli esterni: Bellissima la foto di Firenze che si riflette sull’Arno,del terrazzo su Torre Annunziata e tante a lume di candela. La colonna sonora è solo armonia e canto,brani scelti da opere classiche italiane. I panorami,le strade,i ruderi romani sono italiani. Recanati e la casa del conte Monaldo Leopardi e la siepe “che di tanta parte il guardo esclude” è tutta lì, tramandata ai posteri,all’Infinito. Roma, Firenze,Napoli come Recanati conservano il fascino del tempo che fu. Soltanto in questa Italia è possibile girare un film del genere;anche l’angelo,una poetessa Saffo bellissima,una statua che parla a uomini e donne d‘ogni età,d’ogni origine. Il mare ed il Vesuvio con la sua eruzione in una Napoli povera ma generosa,dove il calore umano e la fede si confondono con la cattiveria. La scena delle lucciole notturne incontrate per strada,prese ed uccise da una certa gioventù, preannuncia ben altra più grave violenza che non conosce pietà,neanche dinanzi al dolore e alla tragedia. Per le strade lastricate corre Giacomo con suo fratello, corrono le carrozze. Da questo film biografico ci si aspettava tanta poesia,invece se ne declamano poche, pochissimo rispetto alla mole di produzione del poeta e scrittore,ma tutto il film è una poesia. Quando però Giacomo “Sedendo e mirando interminati spazi” declama,con la voce prestargli dall’attore,la poesia “L’Infinito”, il numeroso ed attento pubblico cade in un silenzio assoluto,i cuori si fermano, l’emozione è grande e strappa l’applauso. Un vero capolavoro tutto italiano che solo l’Italia si può permettere di offrire al suo pubblico.
Poeta pessimista o “Maestro di vita eroica” come fu definito nel 1937?, un secolo dopo della sua morte,avvenuta ad appena 39 anni. Sono stato diffidente nell’andare a vedere questo film,ritenendo che sarebbe stata ancora una volta sostenuta a spada tratta la tesi sulla sua natura pessimista trasfusa in tutte le sue opere come argomentato da tanti critici. Pensavo che il film non mi sarebbe piaciuto sostenendo,al contrario,che Leopardi non era pessimista,ma deluso dalla vita: “O natura o natura perché non rendi poi quel che prometti allor, perché di tanto inganni i figli tuoi?” Il coraggio del Giovane poeta, nell’ affrontare ogni genere di avversità non consente una diversa’analisi. Certo, in pectore,fu un Silvio Pellico,suo contemporaneo,e allorché gli animi che erano in fermento giunsero al 1848 e alle successive guerre di indipendenza tanti italiani sarebbero tornati a dire,come egli scrive ”Alma terra natia,la vita che mi diedi ecco ti rendo”!. Il Canto de “La ginestra” accompagna lo spettatore grato al poeta ed al regista.chibar22@libero.it
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carlosantoni
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giovedì 30 ottobre 2014
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e naufragar m'è dolce in questo mare, di bravura
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Il giovane favoloso
È un film di rara potenza espressiva, non fosse altro che per la straordinaria, superlativa interpretazione di Elio Germano, che nell’interpretare Leopardi dà il meglio di sé e riesce a dargli corpo, e volto, e voce, in maniera così persuasiva ed emozionante come non so chi altri al posto suo avrebbe mai potuto. La sua mimica, il suo sguardo, che modula in un vasto ventaglio di timbri a seconda delle situazioni e delle condizioni esistenziali del suo personaggio, il modo incredibilmente convincente col quale usa mani e piedi e gambe e il corpo tutto per mostrare la gracilità del fisico di Leopardi e il suo progressivo incurvarsi nel tempo sotto l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, il modo asciutto e riflesso con cui recita alcune delle poesie più famose, quasi che le pensasse nello stesso momento in cui le dice, sono una dimostrazione di altissimo mestiere, di straordinaria bravura.
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Il giovane favoloso
È un film di rara potenza espressiva, non fosse altro che per la straordinaria, superlativa interpretazione di Elio Germano, che nell’interpretare Leopardi dà il meglio di sé e riesce a dargli corpo, e volto, e voce, in maniera così persuasiva ed emozionante come non so chi altri al posto suo avrebbe mai potuto. La sua mimica, il suo sguardo, che modula in un vasto ventaglio di timbri a seconda delle situazioni e delle condizioni esistenziali del suo personaggio, il modo incredibilmente convincente col quale usa mani e piedi e gambe e il corpo tutto per mostrare la gracilità del fisico di Leopardi e il suo progressivo incurvarsi nel tempo sotto l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, il modo asciutto e riflesso con cui recita alcune delle poesie più famose, quasi che le pensasse nello stesso momento in cui le dice, sono una dimostrazione di altissimo mestiere, di straordinaria bravura.
Ma non c’è solo Elio Germano: c’è la regia nel suo insieme che appare convincente, a cominciare da una sceneggiatura che affronta la prova difficile di descrivere un personaggio tanto complesso e impegnativo, utilizzando la via più lineare, che è quella cronologica. C’è una fotografia eccellente, non calligrafica (certi hanno fatto riferimento al Mozart di Forman: non mi pare sia un accostamento del tutto congruo: nel film di Martone c’è grande ricchezza, non sfarzo), ma che spessissimo riprende scene di interni, e soprattutto di esterni, trasformandoli in veri e propri quadri, direi allusive proprio di certa pittura ottocentesca; e l’uso misurato della luce ne accresce il fascino. C’è una colonna sonora ben studiata. Ci sono riferimenti continui alle opere leopardiane non direttamente recitate dal magnifico Germano, quali “il venditore di almanacchi” o i “Prolegomeni alla batracomiomachia”.
Unico lato debole, forse, l’eccessivo barocchismo un po’ troppo macchiettistico del capitolo napoletano; ma la chiusa del racconto sull’eruzione del Vesuvio e la declamazione della “Ginestra” è comunque eccellente.
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dario
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domenica 11 ottobre 2015
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didascalico
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Il film è bloccato su una descrizione convenzionale, non su una interpretazione del personaggio: Leopardi è trasformato in un santino. Tutti parlano con la patata in bocca e anzichè dire cose esprimono oracoli. Un mare di frasi fatte, di atteggiamenti già visti, con la novità, si fa per dire parlando di cinema italiano, degli atteggiamenti e dei movimenti a capocchia, spesso sfasati, innaturali. Ogni attore è una figura prefissata, ogni scena una maessa in scena. Si salvano la fotografia e le ricostruzioni ambientali, a volte entrambe strraordinarie. L'impostazione è didascalica, manca totalmente il crescendo, annoia. Spiritato il protagonista.
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Il film è bloccato su una descrizione convenzionale, non su una interpretazione del personaggio: Leopardi è trasformato in un santino. Tutti parlano con la patata in bocca e anzichè dire cose esprimono oracoli. Un mare di frasi fatte, di atteggiamenti già visti, con la novità, si fa per dire parlando di cinema italiano, degli atteggiamenti e dei movimenti a capocchia, spesso sfasati, innaturali. Ogni attore è una figura prefissata, ogni scena una maessa in scena. Si salvano la fotografia e le ricostruzioni ambientali, a volte entrambe strraordinarie. L'impostazione è didascalica, manca totalmente il crescendo, annoia. Spiritato il protagonista. Leopardi era tutt'altro.
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nino pell.
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lunedì 27 ottobre 2014
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interessante capolavoro biografico; grande germano
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Questa volta il regista Martone regala alla storia del Cinema italiano un assoluto capolavoro contemporaneo. Questa pellicola, che narra le fasi salienti della vita del poeta e compositore Giacomo Leopardi, trasmette in noi spettatori la positiva sensazione di una fluida e suadente scorrevolezza dei contenuti, nonostante che si tratti di un film biografico della durata di circa due ore e venti minuti. In particolare l'interpretazione dello straordinario attore Elio Germano, nel ruolo del poeta Leopardi, ci risulta così aderente alla sensibilità e all'animo introspettivo del protagonista, soprattutto nei momenti di riflessione poetica in cui egli decanta nella sua mente i suoi preziosi poemi, resi per sempre immortali nella storia della Letteratura italiana, riuscendo a farci immedesimare nei suoi pensieri ed a capire il suo estremo senso di malinconia, ma allo stesso tempo, caratterizzato da una rara dolcezza.
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Questa volta il regista Martone regala alla storia del Cinema italiano un assoluto capolavoro contemporaneo. Questa pellicola, che narra le fasi salienti della vita del poeta e compositore Giacomo Leopardi, trasmette in noi spettatori la positiva sensazione di una fluida e suadente scorrevolezza dei contenuti, nonostante che si tratti di un film biografico della durata di circa due ore e venti minuti. In particolare l'interpretazione dello straordinario attore Elio Germano, nel ruolo del poeta Leopardi, ci risulta così aderente alla sensibilità e all'animo introspettivo del protagonista, soprattutto nei momenti di riflessione poetica in cui egli decanta nella sua mente i suoi preziosi poemi, resi per sempre immortali nella storia della Letteratura italiana, riuscendo a farci immedesimare nei suoi pensieri ed a capire il suo estremo senso di malinconia, ma allo stesso tempo, caratterizzato da una rara dolcezza. Il regista Martone suddivide in questa sua opera cinematografica la storia di Leopardi in 3 momenti importanti della sua vita, rappresentati dai tre luoghi che più hanno segnato l'esperienza umana e artistica del protagonista: gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza vissuti nella casa di Recanati, caratterizzati da un'educazione ferrea e rigida dei genitori e dove il nostro Leopardi ha sviluppato la sua cultura grazie alla vasta biblioteca di famiglia, scrivendo, tra l'altro,le sue prime opere; la fase intermedia della vita del poeta vissuta a Firenze, nella quale Leopardi viene letto soprattutto dal punto di vista politico e per questo viene emarginato; infine la città di Napoli in cui Leopardi ha vissuto gli ultimi anni della sua vita e dove, nella città di Torre del Greco, egli compone "La Ginestra" sui cui versi si conclude in maniera enfatica e superlativa questo autentico capolavoro cinematografico del regista Martone. Decisamente meritevole di essere premiato sia come miglior film della stagione e sia come migliore interpretazione da parte del grande e unico Elio Germano.
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