dromex
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lunedì 3 novembre 2014
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oltre la vita di leopardi
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Nell'ottimo film di Mario Martone c'è molto da imparare e non solo su Giacomo Leopardi.
Perché e cosa? Nel film di Martone si riflette per esempio sull'educazione familiare dell'epoca: il padre di Giacomo impone una vita "casta" e "lontana dai guai" al figlio perché altrimenti il buon nome della famiglia sarebbe rovinato. Ma non succede anche oggi quando famiglie ricche e professionisti in carriera impongono (benché non sempre volontariamente) una vita ai figli obbligandoli a proseguire gli studi di famiglia o comunque a soddisfare quanto non fatto da loro nella vita, reprimendo la personalità dei figli stessi? Quanti genitori "credono" di aiutare i propri figli ma al contrario li uccidono internamente?!
A parte ciò sicuramente va apprezzato un film intenso, molto dettagliato ma comunque scorrevole e mai noioso.
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Nell'ottimo film di Mario Martone c'è molto da imparare e non solo su Giacomo Leopardi.
Perché e cosa? Nel film di Martone si riflette per esempio sull'educazione familiare dell'epoca: il padre di Giacomo impone una vita "casta" e "lontana dai guai" al figlio perché altrimenti il buon nome della famiglia sarebbe rovinato. Ma non succede anche oggi quando famiglie ricche e professionisti in carriera impongono (benché non sempre volontariamente) una vita ai figli obbligandoli a proseguire gli studi di famiglia o comunque a soddisfare quanto non fatto da loro nella vita, reprimendo la personalità dei figli stessi? Quanti genitori "credono" di aiutare i propri figli ma al contrario li uccidono internamente?!
A parte ciò sicuramente va apprezzato un film intenso, molto dettagliato ma comunque scorrevole e mai noioso. Ciò grazie sicuramente ad un bel cast con Elio Germano in testa, perfettamente inserito nel Leopardi interpretato.
Interessante infine la nota dell'eruzione del Vesuvio, probabilmente quella del 1834.
Un film che sicuramente lascia il segno.
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holden60
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domenica 9 novembre 2014
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il vuoto in un bel pacco regalo
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Grande cura degli ambienti e dei costumi, bella fotografia, colonna sonora molto apprezzabile per la sua originalità e soprattutto eccezionale interprete principale. Solo una domanda: il film dov'è? Ci si accosta ad un film su Leopardi portandosi dietro inevitabilmente ciò che già si sa di lui e delle sue opere, poco o tanto che sia. Dalla visione di questo film si esce senza niente di più, tranne quei particolari biografici che di solito sono materia di uno sceneggiato televisivo. Che senso ha un film su un artista che ha riversato in tutte le sue opere, e sopratutto nelle sue straordinarie poesie, la sua disperata visione filosofica senza che niente si comprenda di questa disperazione? Un film su un essere dilaniato dall'intensità del suo sentire realizzato con didascalica freddezza, al punto che gli unici momenti realmente emozionanti sono ottenuti grazie alla recitazione integrale dei suoi testi poetici.
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Grande cura degli ambienti e dei costumi, bella fotografia, colonna sonora molto apprezzabile per la sua originalità e soprattutto eccezionale interprete principale. Solo una domanda: il film dov'è? Ci si accosta ad un film su Leopardi portandosi dietro inevitabilmente ciò che già si sa di lui e delle sue opere, poco o tanto che sia. Dalla visione di questo film si esce senza niente di più, tranne quei particolari biografici che di solito sono materia di uno sceneggiato televisivo. Che senso ha un film su un artista che ha riversato in tutte le sue opere, e sopratutto nelle sue straordinarie poesie, la sua disperata visione filosofica senza che niente si comprenda di questa disperazione? Un film su un essere dilaniato dall'intensità del suo sentire realizzato con didascalica freddezza, al punto che gli unici momenti realmente emozionanti sono ottenuti grazie alla recitazione integrale dei suoi testi poetici. Si racconta una vita tormentata senza che nulla si comprenda delle ragioni di questo tormento, si dà per scontata la grandezza della sua opera senza mai addentrarsi realmente la complessità del mondo emotivo del suo autore. Il film è solo vuota rappresentazione, racconto senz'anima perfettamente confezionato.
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enzo70
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giovedì 4 dicembre 2014
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un grande omaggio all'italia di un grande regista
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Martone sta da tempo provando a ridare lustro al nostro paese con film che vedono al passato glorioso di una nazione e di chi ne ha scritto la storia, contrapponendosi al disfattismo di una cultura popolare sempre più anemica. Il Leopardi di Martone rispecchia la biografia dell’uomo cui fu caro un colle dal quale scrutare l’infinito nel quale navigare. Poca poesia, però, e tanta vita, quella del giovane favoloso, chiuso nelle difficoltà di un fisico inadeguato e di una profonda sensibilità che trova sostanza nella cultura. L’altro protagonista di questo film è Antonio Ranieri, che proprio grazie alla scelta del regista napoletano torna alla ribalta nell’ambito dell’asfittico dibattito culturale italiano, dandogli, almeno, nuova linfa.
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Martone sta da tempo provando a ridare lustro al nostro paese con film che vedono al passato glorioso di una nazione e di chi ne ha scritto la storia, contrapponendosi al disfattismo di una cultura popolare sempre più anemica. Il Leopardi di Martone rispecchia la biografia dell’uomo cui fu caro un colle dal quale scrutare l’infinito nel quale navigare. Poca poesia, però, e tanta vita, quella del giovane favoloso, chiuso nelle difficoltà di un fisico inadeguato e di una profonda sensibilità che trova sostanza nella cultura. L’altro protagonista di questo film è Antonio Ranieri, che proprio grazie alla scelta del regista napoletano torna alla ribalta nell’ambito dell’asfittico dibattito culturale italiano, dandogli, almeno, nuova linfa. L’amico di Leopardi, infatti, è un’altra componente della vita stessa del poeta, il lato per certi profili umano, del grande sentimento dell’amicizia, del rispetto, per certi profili, dell’umanità. Come tutti i film di Martone il giovane favoloso richiede un notevole impegno allo spettatore, ma l’attenzione viene ben ripagata dalla sostanza della sceneggiatura che segue la rigidità narrativa del romanzo storico, in linea con l’ottimo “Noi credevamo”; e poi la capacità del miglior regista italiano del momento di produrre cultura senza cercare lo sfoggio di esercizi di erudizione tipici di una certa sotto cultura italiana, che nel cinema fa veri e proprio disastri, uno su tutti, il pessimo “Il resto di niente” di Antonietta de Lillo. L’ottima interpretazione di Elio Giordano e di Michele Riondino, in ruoli e con ritmi non semplici, sono un ulteriore elemento di forza di questa pellicola. E Viva Martone che cerca nelle nostre radici la forza per affrontare questo medioevo cui da soli ci stiamo condannando.
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martineden
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giovedì 4 dicembre 2014
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troppo pop, poco rock
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Mi aspettavo una lettura più visionaria e personale della vita di Leopardi.
In questo film invece il poeta è rappresentato secondo il consueto leit motif del genio incompreso e “mal dans sa peau”. Intendiamoci, si viaggia su livelli notevoli di intensità e qualità, che a tratti mi hanno molto emozionato, ma ho avuto l’impressione che il regista non abbia saputo osare, o abbia scelto di non stravolgere la vulgata leopardiana che lo vuole profondo erudito, menomato fisicamente, poco felice in amore, con madre anaffettiva e padre iper-esigente.
Per questo ho trovato dei punti di debolezza, anziché di forza, gli elementi estetici del film che lisciano il pelo a questa conventional wisdom: l’apparenza quasi chaplinesca, in redingote e bastone, oppure l’aneddoto assurto a leggenda metropolitana del suo rifiuto di usare il coltello a tavola, più volte citato nel film.
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Mi aspettavo una lettura più visionaria e personale della vita di Leopardi.
In questo film invece il poeta è rappresentato secondo il consueto leit motif del genio incompreso e “mal dans sa peau”. Intendiamoci, si viaggia su livelli notevoli di intensità e qualità, che a tratti mi hanno molto emozionato, ma ho avuto l’impressione che il regista non abbia saputo osare, o abbia scelto di non stravolgere la vulgata leopardiana che lo vuole profondo erudito, menomato fisicamente, poco felice in amore, con madre anaffettiva e padre iper-esigente.
Per questo ho trovato dei punti di debolezza, anziché di forza, gli elementi estetici del film che lisciano il pelo a questa conventional wisdom: l’apparenza quasi chaplinesca, in redingote e bastone, oppure l’aneddoto assurto a leggenda metropolitana del suo rifiuto di usare il coltello a tavola, più volte citato nel film.
Più nello specifico, l’azione e i meccanismi drammatici vengono sempre innescati da una tensione fra il poeta e il suo contesto sociale (prima problemi e scazzi con i genitori e il meschino ambiente di paese, poi con l’invidia altezzosa dei frequentatori dei circoli intellettuali fiorentini, poi con il beffardo volgo napoletano), ma mai da una riflessione più assoluta del poeta e della sua percezione di sé, e sulla sua angoscia esistenziale e della sua disperazione ontologica, di cui pure ha lasciato ampia traccia nelle sue opere.
Si potrebbe quasi rimproverare a Martone di aver ceduto allo stesso errore che Leopardi rimprovera ai suoi interlocutori nella scena della gelateria napoletana: “ non imputate al corpo quello che si deve al mio intelletto”, perché questo film imputa al depaysement sociale di leopardi quanto invece si deve al suo intelletto di filosofo e poeta eccelso, che è stato fonte di ispirazione e ammirazione per pensatori successivi come Nietsche e Schopenauer.
Partendo da questa base, gli elementi stilistici e sostanziali che ho più apprezzato sono costituiti dalle poche tracce visionarie/oniriche, quasi psichedeliche, come quando Giacomo sogna ad occhi aperti di ribellarsi violentemente al padre e allo zio che lo inquisiscono, oppure nella visualizzazione simbolista della natura matrigna sotto forma di un moloch di sabbia che si sbriciola. O ancora l’ottima colonna sonora elettronica di Apparat , al secolo Sascha Ring, anacronistica rispetto al film, così come fece Sophia Coppola con la sua Marie Antoinette.
Insomma la biografia ma soprattutto l’opera di Leopardi si presterebbero ad una lettura “rock” del personaggio che ne restituisse l’attualità e l’inquietudine universale provate dalle anime sensibili e talentuose davanti alla tragedia della condizione umana. Questa buffa tragicommedia del vivere in lui si riflettono in un percorso quasi cristologico di annientamento fisico che pure ha saputo affrontare con dignità ma anche con ironia
Da questo punto di vista, premesso a caratteri cubitali che recitare così intensamente l’infinito e la ginestra valgono il prezzo del biglietto, perché non attingere invece dallo zibaldone e dalle operette morali le sue pagine più intensamente visionarie ed esistenziali? sarebbe stato di sicuro più originale e avrebbe dischiuso ai più il drammatico splendore del Leopardi meno noto.
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domenica 24 maggio 2015
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non raggiunge la sufficienza!
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ANALISI
La pellicola non ha saputo sfruttare quella che sarebbe stata una sceneggiatura già fatta, corrispondente ai pensieri de “Lo Zibaldone”, “Le Operette Morali” e de “I canti” i quali vengono anche poco citati o sono completamente inesistenti nel film. La vita di Leopardi non è agganciata a questi scritti ma nel lungometraggio si può sicuramente cogliere la preoccupazione della sua situazione fisica. Anche per quanto riguarda le poesie queste sono poche: manca, ad esempio, la nota “A Silvia” nel momento della morte dell’amata e alla quale si aggiunge un’allucinazione del poeta dove questa apre gli occhi nella bara.
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ANALISI
La pellicola non ha saputo sfruttare quella che sarebbe stata una sceneggiatura già fatta, corrispondente ai pensieri de “Lo Zibaldone”, “Le Operette Morali” e de “I canti” i quali vengono anche poco citati o sono completamente inesistenti nel film. La vita di Leopardi non è agganciata a questi scritti ma nel lungometraggio si può sicuramente cogliere la preoccupazione della sua situazione fisica. Anche per quanto riguarda le poesie queste sono poche: manca, ad esempio, la nota “A Silvia” nel momento della morte dell’amata e alla quale si aggiunge un’allucinazione del poeta dove questa apre gli occhi nella bara. Lo stesso vale per “Il dialogo di un islandese con la Natura”, dove quest’ultima si presenta sottoforma di statua di roccia che si sgretola, perde pezzi e nello stesso momento parla al protagonista.
Quasi mai appaiono colori vivaci nel periodo che si svolge a Recanati, quasi a sottolineare l’oscurità e la malinconia che regnano sovrane in questo triste paese. Le ambientazioni originali, le decisioni di svolgere le riprese nelle città dove veramente Leopardi ha trascorso le diverse fasi della sua vita hanno reso il tutto più realistico. La colonna sonora è varia: sono presenti momenti con musiche classiche che accompagnano, per esempio, la proclamazione della poesia “L’infinito” e momenti con quelle moderne, soprattutto del compositore berlinese Apparat, pseudonimo di Sascha Ring, che formano un forte ma ben riuscito contrasto con le scene tragiche e tristi.
Il film è molto lento e presenta numerosi buchi nella sceneggiatura (come il salto di 10 anni nella prima parte e l’inspiegabile assenza di fasi importantissime nella vita del poeta come il ritorno a Recanati corrispondente alla riscoperta della vena poetica).
Elio Germano interpreta Giacomo Leopardi. Sicuramente un personaggio difficilissimo in cui calarsi, nel quale si deve fingere di avere un così grave problema fisico. Leopardi è devastato dal fatto che non incontrerà mai la sua anima gemella e che, soprattutto, non incontrerà mai l’amore (reciproco) e il vero senso della vita.
Michele Riondino interpreta Antonio Ranieri. Questo è il migliore amico di Leopardi e nonostante le numerose differenze che questi due personaggi presentano rimangono uniti fino alla fine. Ranieri è un uomo bello, affascinante e seducente mentre Leopardi è gobbo e non attrae nessuno. Ranieri vive l’attimo e Leopardi pensa in grande e guarda sempre al futuro o alle conseguenze che potrebbe portare un’azione, cosa che non fa l’amico.
Massimo Popolizio interpreta Monaldo Leopardi. Il padre di Giacomo, interessato solo allo studio di quest’ultimo e dei suoi fratelli. Persona meno fredda della moglie che in alcuni momenti si presenta anche vicino al primogenito ma si dimostra fedele a questo solo quando lui obbedisce.
Anna Mouglalis interpreta Fanny Targioni Tozzetti. Il secondo amore di Giacomo che però da lei non viene ricambiato. Ha una storia con Antonio Ranieri al quale, quando è costretta a salutarlo, gli elenca le differenze tra lui e l’amico Leopardi. Alla fine di questa conservazione si dimostrerà anche arrabbiata o in qualche modo offesa rifiutando il bacio sulla mano di Ranieri come gesto di saluto e uscendo dalla sala senza girarsi indietro.
Valerio Binasco interpreta Pietro Giordani. Il personaggio che potrebbe essere considerato come una sorta di fonte di ispirazione per Leopardi ma che alla fine si rivela solo come un accompagnatore alle feste.
Edoardo Natoli e Isabella Ragonese interpretano rispettivamente Carlo e Paolina Leopardi. Sono i fratelli del protagonista a cui rimangono sempre attaccati sentimentalmente. In una delle scene più belle del film, il saluto ai fratelli da parte di Leopardi prima del tentativo di fuga, si può comprendere il bene reciproco che questi tre personaggi provano l’uno per l’altro ma che nonostante questo Carlo e Paolina decidano di lasciarlo andare perché comprendono anch’essi che Recanati non è il posto adatto a lui.
Raffaella Giordano interpreta Adelaide Antici. La madre fredda e incapace di trasmettere calore umano a Leopardi che compare poco nel film nonostante sia un personaggio molto interessante.
Paolo Graziosi interpreta Carlo Antici. E’ il fratello della madre di Giacomo, quindi suo zio. Personaggio presente maggiormente nella prima parte del lungometraggio, le sue caratteristiche sono quelle di un uomo autorevole.
Federica De Cola interpreta Paolina Ranieri. E’ la sorella di Antonio Ranieri e nell’ultimo periodo di vita di Giacomo Leopardi si trasferisce da loro e aiuta il poeta con i suoi scritti.
Iaia Forte (nome d’arte di Maria Rosaria Forte) interpreta la signora Rosa, la padrona di casai di Napoli: temendo che Leopardi sia malato di colera, non affitta volentieri ai due amici la casa, si comporta in modo burberoe lo stesso poeta la sogna mentre scassina la loro camera per rubare oggetti da una cassetta. E’ sospettosa che la malattia di Giacomo sia contagiosa e per questo a paura a far alloggiare lui e il suo amico in una delle sue stanze.
Molti di questi attori hanno già lavorato con il regista Mario Martone nel film “Noi credevamo”, come Michele Riondino, Valerio Binasco o Edoardo Natoli.
Il film è ambientato nell’arco di vita di Giacomo Leopardi, anche se non finisce con la sua morte.
La lingua usata nei dialoghi e’ molto vicina a quella utilizzata nelle opere del poeta e, dopo un iniziale spaesamento, questa scelta favorisce l’inserimento delle poesie nel racconto del film.
COMMENTO
Prima di iniziare l’analisi vorrei preannunciare che va riconosciuto il merito a Mario Martone di aver portato sul grande schermo la vita di un poeta come Giacomo Leopardi ma che questo progetto sarebbe potuto essere elaborato in modo migliore e quindi ha mancato una grande occasione di portare agli spettatori quello che veramente è il messaggio che Giacomo Leopardi, a suo tempo, voleva far intendere. Detto questo, inizio l’analisi.
Come ho già scritto nell’analisi, la sceneggiatura è piena di buchi e si concentra molto sulla situazione fisica precaria del protagonista tralasciando la proclamazione di numerose poesie che forse in alcuni momenti sarebbero state più appropriate. Infatti sono presenti, per essere un film sul poeta Giacomo Leopardi, poche rappresentazioni poetiche (manca, ad esempio “A Silvia”) mentre viene troppo sottolineata la condizione fisica del protagonista, insistendo sulla sua gobba e aggiungendo un particolare elemento: il bastone. Questo rappresenta la vecchiaia e perciò fa comprendere, in modo abbastanza esagerato, che Leopardi si sente vecchio in un’età dove non dovrebbe essere così.
La colonna sonora e il linguaggio sono i fattori più belli e interessanti secondo me della pellicola. Li ho messi insieme perché bisogna considerare, come scritto nell’analisi, la colonna sonora come una base musicale e il linguaggio e i dialoghi in generale come il testo della canzone, poetico e gradevole ma, in questo caso, troppo lungo e approfondito.
Se si fossero tagliati anche solo 30 minuti di film sarebbe stato molto più gradevole. In questo modo lo spettatore si annoia, anche perché il ritmo è lento.
Io avrei approfondito più personaggi al posto di alcune delle numerose scene dove Leopardi cammina pensieroso, come la madre Adelaide Antici, personaggio sicuramente interessante per le sue caratteristiche di madre fredda e la figura di Silvia, che è veramente poco trattata nel film e che forse meriterebbe un po’ più di minuti, essendo il primo amore di Leopardi e forse l’unico dove ci sia un interesse quasi reciproco.
Elio Germano dà vita ad un’interpretazione per la quale vi è un termine inglese adatto: “overacting”. Questo vuol dire che lui “esagera” la recitazione dando troppa espressione al personaggio pur mantenendo una forte emotività. Nella prima parte del film Germano appare anche bravo, ma continuando la visione si nota questa sua caratteristica anche dal fatto che mantiene la stessa faccia per tutta la durata della pellicola, non cambiando mai l’espressione ma esagerando l’unica che è capace di recitare.
Michele recita normalmente senza presentare né alti né bassi, così come Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Raffaella Giordano, Paolo Graziosi, Federica De Cola e Iaia Forte
L’interpretazione di Edoardo Natoli e Isabella Ragonese non brilla per originalità mentre quella di Paolo Graziosi è corretta senza nessun picco anche se trovo il suo personaggio inutile nella storia.
“Il dialogo di un islandese con la Natura”, dove quest’ultima si presenta sottoforma di statua di roccia che si sgretola mi è sembrato molto in stile “La storia infinita (1984)”, dove anche in questo vi erano due statue le quali mentre parlavano al protagonista cadevano in pezzi.
Le luci sono una conseguenza dell’emozione che si vuole trasmettere al pubblico e, per esempio, se la scena è malinconia la luce sarà opaca e scura anche se in più parti sono presenti forti contrasti.
Il film ha riscosso un grande e inaspettato successo segno che questa figura rappresenti per gli italiani il “supereroe” nazionale, mentre per me rappresenta solo un grande esponente della letteratura italiana e romantica mondiale.
VOTO: 5 1/2
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cress95
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giovedì 16 luglio 2015
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l'infinito leopardi di martone
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Breve quanto fondamentale premessa: "Il giovane favoloso", ultima fatica del regista di "Noi credevamo" Mario Martone si presenta come un'opera più poetica che cinematografica, la quale non è, e non vuole essere, accessibile ai più.
La pellicola ripercorre la vita del "sommo poeta italiano" (con buona pace dell'Alighieri) dalla spensierata gioventù fino agli anni dello studio "matto e disperatissimo".
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Breve quanto fondamentale premessa: "Il giovane favoloso", ultima fatica del regista di "Noi credevamo" Mario Martone si presenta come un'opera più poetica che cinematografica, la quale non è, e non vuole essere, accessibile ai più.
La pellicola ripercorre la vita del "sommo poeta italiano" (con buona pace dell'Alighieri) dalla spensierata gioventù fino agli anni dello studio "matto e disperatissimo". In un così lineare contesto spiccano grandi nomi del calibro di Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi, severo padre del poeta), Raffaella Giordano (nella parte di Adelaide Antici, l'inflessibile madre del poeta) e, ovviamente, del grande Elio Germano, la cui evocativa recitazione da nuova vita a Leopardi, attualizzandone il pensiero senza per ciò snaturarlo.
L'andamento del film rende lo spettatore partecipe in prima persona dell'angoscia e della cupa disperazione dell'anima del poeta, il cui estro è protagonista assoluto della pellicola. Nonostante siano numerosi, i momenti di stanca vengono messi in ombra dalla stupefacente attualità dei versi del poeta, che intervenendo quasi in modo salvifico, catturano lo spettatore in un magico giogo.
Forse un po' troppo repentini i tentativi di alternare il "Leopardi poeta" al "Leopardi uomo", mediante il susseguirsi di scene squisitamente poetiche ed erudite e di contesti più umani, diciamo di ricerca del bello: insomma un passaggio dall'"erudito al bello" (al quale segue un inevitabile cambiamento "dal bello al vero", saggiamente rappresentato dal regista nelle scene del finale declino fisico del poeta).
La colonna sonora, firmata Sascha Ring, fa il suo dovere nell'accompagnare l'andamento malinconico e quasi claustrofobico della vicenda, pur restando lontana, a mio avviso, dagli apici dell'eccellenza.
In conclusione "Il giovane favoloso" si presenta, agli occhi del sottoscritto, non certo come un capolavoro, ma sicuramente come la (attuale) migliore pellicola ispirata all'immortale poeta di Recanati: un film più onirico che materiale, più trascendente che immanente.
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dejan t.
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sabato 10 ottobre 2015
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l'immensità del cosmo, la fragilità dell' uomo
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Ci vuole abilità e talento per scegliere di narrare, di analizzare attraverso l'arte cinematografica la vita è il pensiero di grandi figure del passato, che hanno segnato la cultura e la società in modo permanente. Capacità che sicuramente non manca al regista Mario Martone, che ha trovato in Giacomo Leopardi (uno dei più grandi poeti lirici italiani) il soggetto ideale per questa sua pellicola.
La vicenda presenta gli eventi biografici e lo sviluppo del pensiero del poeta, vissuto nella prima metà dell'Ottocento. La scelta di associare particolari momenti della vita di Leopardi alla produzione letteraria legata a quei periodi permette di ottenere un'efficace contestualizzazione delle sue opere: nel film infatti sono presenti i canti "La sera del dì di festa", "L'infinito", "A Silvia" e la poesia che chiude la scena finale: "La ginestra".
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Ci vuole abilità e talento per scegliere di narrare, di analizzare attraverso l'arte cinematografica la vita è il pensiero di grandi figure del passato, che hanno segnato la cultura e la società in modo permanente. Capacità che sicuramente non manca al regista Mario Martone, che ha trovato in Giacomo Leopardi (uno dei più grandi poeti lirici italiani) il soggetto ideale per questa sua pellicola.
La vicenda presenta gli eventi biografici e lo sviluppo del pensiero del poeta, vissuto nella prima metà dell'Ottocento. La scelta di associare particolari momenti della vita di Leopardi alla produzione letteraria legata a quei periodi permette di ottenere un'efficace contestualizzazione delle sue opere: nel film infatti sono presenti i canti "La sera del dì di festa", "L'infinito", "A Silvia" e la poesia che chiude la scena finale: "La ginestra".
Per quanto riguarda le ambientazioni, le scene della biblioteca del padre di Giacomo sono girate nelle stanze originali del palazzo del conte Monaldo; la presenza a Recanati (la città natale di Leopardi) di borghi e vicoli testimoni del tempo passato ha premesso a Martone di trasportare lo spettatore direttamente nel contesto storico e cittadino cui venne a contatto anche il poeta. La scenografia, quindi, così come i costumi di scena di ottimo livello, contribuiscono al pregevole esito finale.
La colonna sonora guida lo spettatore attraverso i sentimenti e le emozioni del protagonista.
Martone dispone inoltre di un magnifico gruppo di attori: l' interpretazione del giovane Giacomo è affidata all'esperienza di Elio Germano, che riesce ad entrare con un'impressionante abilità recitativa nelle vesti del protagonista.
Elio è capace di farci conoscere il personaggio di Leopardi in tutte le sue sfumature psicologiche: un uomo angoscioso e triste di fronte al fatale destino umano, ma allo stesso tempo estasiato di fronte all'immensità del cosmo; una grandezza che ci fa percepire così piccoli e fragili, solo un infinitesimo bagliore in un universo di stelle...
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aristoteles
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martedì 20 ottobre 2015
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germano leopardi
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Coraggiosa e apprezzabile la scelta di portare Leopardi sul grande schermo.
Tuttavia il film,sebbene sostenuto da un'ottima fotografia e da una più che discreta interpretazione di Germano,non incanta.
C'è troppa lentezza,ci si sofferma troppo sulla cagionevole salute del poeta,anche se era doveroso farvi riferimento, e ci si emoziona davvero poco.
I dialoghi vorrebbero essere raffinati ma si rilevano spesso prolissi e noiosi.
Credo che si sia trascurata troppo la vena creativa e poetica dell'artista,magari raccontandoci questa e soffermandosi di meno sulle gobba,la pellicola ne avrebbe beneficiato.
Anche il pessimismo,in fondo non è raccontato con profondità,pur accennando al fatto che sia intellettivo e non fisico.
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Coraggiosa e apprezzabile la scelta di portare Leopardi sul grande schermo.
Tuttavia il film,sebbene sostenuto da un'ottima fotografia e da una più che discreta interpretazione di Germano,non incanta.
C'è troppa lentezza,ci si sofferma troppo sulla cagionevole salute del poeta,anche se era doveroso farvi riferimento, e ci si emoziona davvero poco.
I dialoghi vorrebbero essere raffinati ma si rilevano spesso prolissi e noiosi.
Credo che si sia trascurata troppo la vena creativa e poetica dell'artista,magari raccontandoci questa e soffermandosi di meno sulle gobba,la pellicola ne avrebbe beneficiato.
Anche il pessimismo,in fondo non è raccontato con profondità,pur accennando al fatto che sia intellettivo e non fisico.
Sufficiente,ma si poteva scavare più a fondo, il personaggio e l"uomo lo avrebbero meritato.
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silvano bersani
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lunedì 20 ottobre 2014
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il giovane favoloso sulla montagna incantata
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Perchè affrontare la poesia, l'opera, il pensiero di Leopardi e darlo in pasto agli spettatori svogliati di un sabato sera? Perchè cercare nel film stesso la ragione di un film che al solo pensiero doveva fare tremare le vene ai polsi di registi ben più scafati (o più avvezzi a modulare la qualità dell'opera con le esigenze del botteghino)? Perchè Martone è un autore, per nostra fortuna, che fonda il suo lavoro su solide basi letterarie (non a caso non gli sono estranee le tavole del palcoscenico teatrale), distillando opere di notevole consapevolezza e completezza.
Perchè affrontare la montagna Leopardi? Perchè forse non era mai stato fatto o tentato da nessun altro.
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Perchè affrontare la poesia, l'opera, il pensiero di Leopardi e darlo in pasto agli spettatori svogliati di un sabato sera? Perchè cercare nel film stesso la ragione di un film che al solo pensiero doveva fare tremare le vene ai polsi di registi ben più scafati (o più avvezzi a modulare la qualità dell'opera con le esigenze del botteghino)? Perchè Martone è un autore, per nostra fortuna, che fonda il suo lavoro su solide basi letterarie (non a caso non gli sono estranee le tavole del palcoscenico teatrale), distillando opere di notevole consapevolezza e completezza.
Perchè affrontare la montagna Leopardi? Perchè forse non era mai stato fatto o tentato da nessun altro. Perchè si sente nell'aria asfittica del nostro presente l'esigenza di parlare di poesia e in poesia. Come dice lo stesso giovane Giacomo al mentore Giordani: lo so sarei più oggettivo se scrivessi in prosa, ma quando affondo la luce del pensiero nel profondo del mio animo, allora mi viene più naturale parlare in poesia.
Ecco dunque la ragione di un'opera che ha il grande merito di essere filologicamente rigorosa, e fedele alla materia della narrazione sino al più crudele stoicismo, ma al contempo profondamente innovativa e contemporanea nei suoi moduli espressivi.
Il film, se un limite dobbiamo trovarlo, si fa prendere per mano da una sceneggiatura scabra e quasi documentaristica. La lente della macchina da presa indaga sugli aneliti del giovane Giacomo con spietata oggettività. Ma è veramente un difetto? Ricorda a volte i lungometraggi storici di Rossellini, dove volutamente la mano del regista si fa fredda e distante al cospetto di temi giganteschi. Ecco dunque sotto ai nostri occhi la trasformazione di Gregor Samsa-conte Giacomo da giovane fanciullo in mostriciattolo deforme, dipanando come da un gomitolo la complessità del pensiero e della poesia di Leopardi.
E veniamo a dire un altro nome, che volutamente lasciamo in fondo a queste righe: Elio Germano, gigantesco e maturo interprete, che presta il volto, la voce ed il corpo incondizionatamente ad un progetto senza dubbio difficile e arduo. Germano è probabilmente il vero vincitore di questo film. Non possiamo non rimarcare la grande ammirazione per una interpretazione veramente di grande spessore. Solo lui meriterebbe cinque stelle.
Uscendo dalla sala abbiamo un solo grande rammarico. Quale sarà la fortuna di questo film? Difficilmente collocabile al di fuori dei confini nazionali, destinato ad un pubblico che ha voglia di avventurarsi lungo la sintassi dei versi leopardiani. Chiedo una cortesia agli insegnanti di lettere: per favore, non portateci le classi.
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[+] kultura
(di pressa catozzo)
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[+] battaglia impari
(di silvano bersani)
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maramaldo
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domenica 26 ottobre 2014
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infelice il poeta, felice il film...
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...indovinato e fortunato. Niente di allegro, chiaro, Ma tutti d'accordo: Un giovane favoloso è ben ideato, ben costruito, ben condotto.
Vi si attraversano nobili emozioni e nel finale si è liricamente rapiti in una sospensione di puro pathos. Martone, poi, ai tristanzuoli psicologismi ha accortamente alternato squarci ariosi, affreschi colorati, carnalità vitalistiche. Mutuando all'occorrenza.
Ma qual è il messaggio che avrebbero dovuto cogliere gli adolescenti di quelle scolaresche avviate (forse, recalcitranti) a sorbirsi il film? Chi ha pensato seriamente che il protagonista avrebbe innescato in qualcuno di loro un processo di immedesimazione? E' stato fatto - spiegano - per avvicinare i giovani alla Poesia.
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...indovinato e fortunato. Niente di allegro, chiaro, Ma tutti d'accordo: Un giovane favoloso è ben ideato, ben costruito, ben condotto.
Vi si attraversano nobili emozioni e nel finale si è liricamente rapiti in una sospensione di puro pathos. Martone, poi, ai tristanzuoli psicologismi ha accortamente alternato squarci ariosi, affreschi colorati, carnalità vitalistiche. Mutuando all'occorrenza.
Ma qual è il messaggio che avrebbero dovuto cogliere gli adolescenti di quelle scolaresche avviate (forse, recalcitranti) a sorbirsi il film? Chi ha pensato seriamente che il protagonista avrebbe innescato in qualcuno di loro un processo di immedesimazione? E' stato fatto - spiegano - per avvicinare i giovani alla Poesia. Sarebbe a dire Elio Germano che recita dei versi (bravissimo, ma è tutto un patire, suo e nostro) oppure la luna che fa ogni tanto capolino?
Ho l'impressione che di Martone si siano fraintesi ispirazione e progetto: narrare la parabola esistenziale del pensiero di un genio raro, poeta eccelso e filosofo di abissi, accompagnamdolo nella discesa agli inferi della disillusione,della rabbia, dell'odio di sè, della disperazione.
Vi sembra che sia quello di cui han bisogno i nuovi venuti al mondo?
Vengono adombrati con la tendenziosità del moderno affabulatore alcuni aspetti controversi: oscurantismo oppressivo del padre che pur ha messo insieme migliaia di libri; inadeguatezza intellettuale di uomini di cultura che pur aiutarono a fare l'Italia. Ribelle, poi il Leopardi. Con tendenze anticlericali, simpatie liberali. Si dimentica Martone che il suo Giacomo fu definito sovrastorico, oggi si direbbe un alieno.
Scendiamo in quota e perdiamoci in frivolezze, Tutto è vanità fuorchè le belle illusioni e le dilettevoli frivolezze.
Il caso Silvia. A parte il fatto che quando la tapina morì di tisi Giacomino era già da tempo evaso dal penitenziario di Recanati, nell'immortale canto abbiamo occhi ridenti e fuggitivi e non òmeri abbronzati e ben torniti come nel décolleté della florida ragazza che la impersona, ben lungi dal deperimento da mal sottile.
Altra licenza? Macchè. Felice fusion da fiction di classe: accuratezza storica (costume marchigiano del tempo) e gioiosa allegoria di gioventù e bellezza. Perfino con una morale: delibare entro scadenza altrimenti si incorre in rimpianti e pessimismo.
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(di angelo mandelli)
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