lbavassano
|
giovedì 17 marzo 2016
|
contaminazioni pericolose
|
|
|
|
Si lascia forse prendere un po’ troppo la mano, Mario Martone, nel terzo atto della tragedia leopardiana, ambientato nella sua Napoli, a rischio di qualche bozzettismo folcloristico di troppo, ma indubbiamente riesce splendidamente a comunicare un senso di liberazione, dopo la claustrofobia della sterminata quanto opprimente biblioteca paterna della prima parte, del matto e disperato studio volto a liberarsi dalle angustie di una mentalità comunque provinciale. Dopo la disillusione, nella seconda, derivata dalla conoscenza diretta della realtà dei salotti e delle accademie fiorentine, delle grandezze e miserie delle consorterie intellettuali. Un senso di liberazione che coincide con l’acme della tragedia, e con una discesa agli inferi nella carnalità popolaresca, e proprio qui, certo volutamente, il sublime poetico viene a coincidere con quel troppo di bozzettistico di cui dicevo, nella rischiosa contaminazione di Mann e Malaparte, del mito dell’ermafrodito con il folclore dei bassi e del femminiello.
[+]
Si lascia forse prendere un po’ troppo la mano, Mario Martone, nel terzo atto della tragedia leopardiana, ambientato nella sua Napoli, a rischio di qualche bozzettismo folcloristico di troppo, ma indubbiamente riesce splendidamente a comunicare un senso di liberazione, dopo la claustrofobia della sterminata quanto opprimente biblioteca paterna della prima parte, del matto e disperato studio volto a liberarsi dalle angustie di una mentalità comunque provinciale. Dopo la disillusione, nella seconda, derivata dalla conoscenza diretta della realtà dei salotti e delle accademie fiorentine, delle grandezze e miserie delle consorterie intellettuali. Un senso di liberazione che coincide con l’acme della tragedia, e con una discesa agli inferi nella carnalità popolaresca, e proprio qui, certo volutamente, il sublime poetico viene a coincidere con quel troppo di bozzettistico di cui dicevo, nella rischiosa contaminazione di Mann e Malaparte, del mito dell’ermafrodito con il folclore dei bassi e del femminiello. Ma un senso di liberazione che coincide anche con la piena espressione della parola poetica, limpidamente scandita, cui giustamente è affidato il finale.
Rivisto ad un anno e mezzo di distanza, grazie alla riproposizione della Sala Pastrone e del Circolo Vertigo, a conclusione dell’ottima rassegna dedicata allo strepitoso Elio Germano, il film di Martone conferma gran parte dei propri meriti, a partire dal non aver preteso di spiegare il mistero del genio, a differenza di troppe, fin troppo celebrate, opere consimili, di non averlo voluto ridurre alla dimensione miseramente umana del pettegolezzo, del sublime visto attraverso il buco della serratura, in mutande. Ed il merito, difficilmente conciliabile con queste premesse, di aver saputo rendere vivo tale genio, nonostante la scelta di non sminuirlo, anzi, e nonostante lo scrupoloso rispetto nei confronti del dettato delle sue parole, rifuggendo da attualizzazioni banalizzanti. Mostra però anche qualche limite, oscurato dall’entusiasmo della prima visione, ma si tratta comunque di scelte precise, perseguite con coerenza mirabile anche se personalmente non pienamente condivisibili.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lbavassano »
[ - ] lascia un commento a lbavassano »
|
|
d'accordo? |
|
maxzar
|
martedì 21 febbraio 2017
|
una bella valorizzazione di un poeta
|
|
|
|
In sostanza condivido il commento di Gaiart, ma con delle mie osservazioni. La prima è quella in relazione ai personaggi non protagonisti. Non hano potuto brillare perchè non sono stati messi in condizione di farlo dalla regia. Il personaggio era Giacomo e su di lui tutto si incentra. Elio Germano ha impersonato bene la sua parte, anche se la regia non gli ha fatto esprimere il valore filosofico e filologico dell'opera di Giacomo. Leopardi pessimista? Vorrei vedere chiunque mi legge, come si sarebbe sentito a vivere una vita familiare così povera di considerazione ed affetto, oltre alle menomazioni fisiche che ne sono scaturite. Forse oggi si sarebbe "fatto".
[+]
In sostanza condivido il commento di Gaiart, ma con delle mie osservazioni. La prima è quella in relazione ai personaggi non protagonisti. Non hano potuto brillare perchè non sono stati messi in condizione di farlo dalla regia. Il personaggio era Giacomo e su di lui tutto si incentra. Elio Germano ha impersonato bene la sua parte, anche se la regia non gli ha fatto esprimere il valore filosofico e filologico dell'opera di Giacomo. Leopardi pessimista? Vorrei vedere chiunque mi legge, come si sarebbe sentito a vivere una vita familiare così povera di considerazione ed affetto, oltre alle menomazioni fisiche che ne sono scaturite. Forse oggi si sarebbe "fatto". Invece ebbe coraggio di uscire dal borgo selvaggio e reagire alla Natura Matrigna. Oggi invece i giovani disperati si drogano e divorziano perchè sono disarmati e pavidi. Un seconda osservazione che i miei limiti culturali non riescono ad apprezzare è riguardo ai brani musicali moderni (per giunta premiati forse per fini commerciali?) in un contesto storico di due secoli fa. Se si volesse fare qualche sfida temporale (lancio l'idea) si potrebbe concepire una Divina Commedia con soundtrack rap. Chissà cosa ne verrebbe fuori?
MaxZar
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maxzar »
[ - ] lascia un commento a maxzar »
|
|
d'accordo? |
|
elgatoloco
|
lunedì 12 febbraio 2018
|
comunque importante e"riuscito"
|
|
|
|
Voler realizzare un film su Lepardi è quasi come proporre una nuova versione filmica della"Divina Commedia", praticamente impossibile. Solo che tentare di farlo, come ha fatto Martone, regista soprattutto di teatro, è importante, specialmente se si evidenzia la verità storica(bigottismo e chiusura in famiglia, "studio matto e disperatissimo", sostanziale ateismo, visione del mondo , della storia, della vita), nn rinunciando alle ipotesi, alle illazioni fantastiche che sono comunque l'essenza vitale, il"sale"dell'arte e qui in particolare del cinema. Creazione, hypothesis, affabulazione sono gli elementi forti che sorreggono questo film martoniano del 2014, persino nella parte che mi convince meno, quando a Napoli, invece dell'amicizia(e dei contrasti)con l'amico Ranieri, Mario Martone ci mostra il descensus ad inferos, in una suburra postriborale con tanto di presenza di un"femminiello"(spero di aver scritto bene questo lemma, che ho sentito da amici made in Naples, ma di cui non conosco a fondo le implicazioni connotative.
[+]
Voler realizzare un film su Lepardi è quasi come proporre una nuova versione filmica della"Divina Commedia", praticamente impossibile. Solo che tentare di farlo, come ha fatto Martone, regista soprattutto di teatro, è importante, specialmente se si evidenzia la verità storica(bigottismo e chiusura in famiglia, "studio matto e disperatissimo", sostanziale ateismo, visione del mondo , della storia, della vita), nn rinunciando alle ipotesi, alle illazioni fantastiche che sono comunque l'essenza vitale, il"sale"dell'arte e qui in particolare del cinema. Creazione, hypothesis, affabulazione sono gli elementi forti che sorreggono questo film martoniano del 2014, persino nella parte che mi convince meno, quando a Napoli, invece dell'amicizia(e dei contrasti)con l'amico Ranieri, Mario Martone ci mostra il descensus ad inferos, in una suburra postriborale con tanto di presenza di un"femminiello"(spero di aver scritto bene questo lemma, che ho sentito da amici made in Naples, ma di cui non conosco a fondo le implicazioni connotative...). Il cinema di Martone è immaginario/immaginativo, a tratti onirico, pur se espresso con uno stile in genere nitido, quasi"realistico", sempre che ci si intenda sul termine, però-cfr.anche l'ermo colle, che una visita ci presenta proprio così. Un Leopardi in complesso"rivitalizzato"e attualizzato anche per i giovani, ben diversamente(si parva licet...)dal Dante popolarizzato fin troppo dal pur bravissimo Benigni... Interpreti di grande livello, da Elio Germano a Massimo Popolizio ad altri/e, dove l'elencazione va(andrebbe)benissimo, ma prenderebbe uno spazio forse elefantiaco... El Gato
[-]
|
|
[+] lascia un commento a elgatoloco »
[ - ] lascia un commento a elgatoloco »
|
|
d'accordo? |
|
kuiper
|
giovedì 30 ottobre 2014
|
pessimismo e fastidio...
|
|
|
|
“Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura”. Ti piace vincere facile? Inutile negarlo, basterebbe ascoltare l’incipit di questo magnifico ed unico piccolo verso per consigliare la visione di un qualsiasi film che argomentasse su questo gigante mondiale della letteratura. Difficile poi scrivere di un film del genere dove ogni sola mia parola farebbe accapponare il maestro nella tomba. Ancor di più provare a raccontarne le gesta in un film senza rischiare di travisarne il pensiero e le azioni. Ma qui, ovviamente, non si elucubra sul genio indiscusso di Leopardi, ma sulla sensibilità con cui gli artisti, attraverso di Lui, hanno potuto donarsi alle nuove e vecchie generazioni.
[+]
“Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura”. Ti piace vincere facile? Inutile negarlo, basterebbe ascoltare l’incipit di questo magnifico ed unico piccolo verso per consigliare la visione di un qualsiasi film che argomentasse su questo gigante mondiale della letteratura. Difficile poi scrivere di un film del genere dove ogni sola mia parola farebbe accapponare il maestro nella tomba. Ancor di più provare a raccontarne le gesta in un film senza rischiare di travisarne il pensiero e le azioni. Ma qui, ovviamente, non si elucubra sul genio indiscusso di Leopardi, ma sulla sensibilità con cui gli artisti, attraverso di Lui, hanno potuto donarsi alle nuove e vecchie generazioni. Elio Germano, seppur in alcuni casi incontenibile, è costretto suo malgrado a piegarsi fisicamente e psicologicamente alla grandezza dell’artista ed assolvendo in pieno al suo ruolo. Può lanciare, fieramente, il guanto di sfida a tutti coloro i quali vorranno cimentarsi in questo ruolo, alzando per la prima volta l’asticella ai massimi livelli. Tutto il cast, dal canto suo, fa da egregio contraltare alla riuscita del film con una menzione particolare ad Isabella Ragonese. Memorabili alcune battute con l’arcigno padre e nei lascivi vicoli di Napoli con le quali Leopardi si consegna a noi, attuale come non mai. Notevole la fotografia, che spesso nei film italiani lascia a desiderare, le musiche appropriate e la sceneggiatura chirurgica che non ammette sbavature e che si lascia degustare come uno splendido e leggero tiramisù dal godimento continuo. Unica pecca, se cosi si vuol dire e se proprio la volessimo ricercare, il non aver osato esteticamente di più nelle sequenze narrative per suggellare l’attualità di questa opera e per consentire alle giovani generazioni di appropriarsene in toto visto l’enorme baule di emozioni, colori e sensazioni che Leopardi avrebbe potuto spontaneamente metter loro a disposizione. Un grazie particolare agli sponsor ed ai produttori di questo film che hanno avuto comunque il coraggio di cimentarsi in questa difficile impresa. Or dunque …“O notte, portatrice di effimere illusioni, il tuo manto stellato possa avvolgere le mie parole e consegnarle al vento, affinché possa essere mio messaggero”…..
Consigliato: Assolutamente Si
[-]
|
|
[+] lascia un commento a kuiper »
[ - ] lascia un commento a kuiper »
|
|
d'accordo? |
|
papat
|
domenica 2 novembre 2014
|
leopardi, favoloso per straordinario.
|
|
|
|
Premesse la mia misoginia per la gran parte delle pellicole italiane e la convinzione che portare sullo schermo la figura e soprattutto la vita di un uomo come Leopardi è impresa destinata di per sé all'insuccesso, e che, anche in caso di felice riuscita del proposito cinematografico, la concreta trasposizione filmica del soggetto distruggerebbe la magia poetica dell'uomo, che di per sé, in ispecie nel caso del Leopardi, ha i suoi confini più propri nella delineazione critica letteraria, nei suoi versi e nella tempra virile e sociale del suo carattere. Come scriveva De Sanctis, a proposito di quei critici che volevano risalire all’identità della Nerina di Leopardi (figlia di un cocchiere o di un cappellaio?) e confinare la sua figura in una concreta immagine di persona fisica, "ahimè, mi avete ucciso Nerina".
Inizio dalla parte tecnica del film.
Tono scialbo delle riprese. Fotografia afflitta da una leggera patina brumosa; evidente e fastidiosa sovraesposizione degli sfondi dei panorami
Le strade, gli interni e le architetture esterne dei palazzi e dei manufatti stradali del tutto lustre e pulite, denuncianti in modo evidente la preparazione scenica.
Dalle sequenze napoletane in poi la fotografia e la scenografia si ribaltano. Belle inquadrature, credibili frontespizi delle architetture intaccate dal tempo, con superfici disomogenee nella corrosione degli agenti atmosferici.
Qualche bella inquadratura delle vie cittadine; appena uno scorcio di p.zza del Plebiscito e porta Capuana, si poteva fare un bel campo lungo con una visione d'assieme dei luoghi.
Molto bella la scena dell'eruzione del Vesuvio, con il richiamo ai versi de ‘La ginestra’.
Buona colonna musicale.
Nei confini dell’angolazione della narrazione, di talento la recitazione di Elio Germano; simpatica ed appropriata al personaggio Ranieri quella di Michele Riondino; credibile, ben intonata ed incisa quella di Massimo Popolizio (Monaldo, il padre) e dolce quella di Isabella Aragonese nei panni della sorella Paolina.
Per quanto riguarda la narrazione, Il film presenta il poeta come una persona chiusa nei limiti delle sue patologie, dolorante nell'anima per i confini angusti in cui lo circoscrivono le sue limitazioni fisiche e con una visione della realtà vista attraverso il filtro dei suoi mali, quasi un ipocondriaco chino sui suoi acciacchi, intento a leccarsi le ferite.
Eppure proprio nel film vien fatto dire al poeta che il suo problema fisico non è causa causante della sua filosofia di vita, che deriva invece, causa sui, da una sua formazione spirituale personale, formatasi razionalmente in stridio con la vita fisica reale, contro paradisi in terra e chiuse prospettive saggio-proletarie-borghesi monaldesche. Cosa che il poeta ha sempre ribattuto con forza e profonde argomentazioni.
La visione naturalistica-idillica dei suoi versi è di grande tensione poetica, si agita e ruggisce in una tempra non remissiva e succube che dà vita alla radice eroica della poesia leopardiana.
Non un grido isolato di battaglia ma una voce continua, da origini antiche che parla sicura e decisa nel suo declinarsi verso l’unica possibilità, il volere un futuro fatto dall’uomo, abitante abbandonato e solo di questo cosmo, in una nera assenza di scopi.
E in quest' assenza di etica e di qualsivoglia sentimento dell'intero universo, l'unico progresso che può in parte rimediare a questa gelida e vuota realtà della natura è il sodalizio degli uomini (di contro all’uomo “religioso amante del Nulla”), il loro sforzo nell'unione comune per dare un volto e un calore umano a questa ignobile realtà, devastante teatro unico della nostra sofferenza, ("Forse in qual
forma, in quale / Stato che sia, dentro covile o cuna, / È funesto a chi nasce il dì natale".").
A mio modesto avviso la parte più liricamente sofferta come ‘singolo’ è il suo ardore amoroso, soffocato sul nascere dalla sorte fisica del suo essere, sia quando sommessamente canta la donna ideale ('Alla sua donna’; ‘qui neghittoso immobile giacendo, / il mar, la terra e il ciel miro e sorrido) sia quando rivive nel suo cuore un amore concreto mai nato (‘Aspasia’; ‘…e la perduta / speme de’ giorni miei, di te pensando, / a palpitar mi sveglio.’.) Una data memorabile per Leopardi fu il venerdì 15 febbraio 1823, quando si recò a far visita al sepolcro di Tasso, che tanto lo commosse e gli presentò il contrasto fra l’umile sepoltura del Poeta e quella presuntuosa del ‘poeta’ Guidi, che ‘volle giacere propre magnos Torquato cineres, come dice l’iscrizione’.
E lungo la strada per arrivarvi, descrive come il suo spirito fu colto nei sentimenti più veri, apparendogli con forte impatto emotivo non l'orpello magnificente e scintillante della vuota vanità esteriore ma il rumore della mola, della raspa e lo stridio della sega, che accomuna universalmente gli uomini nella umana ma serena necessità di vita “…le maniere della gente… che si incontra per quella via...la cui vita si fonde sul vero e non sul falso, cioè che vivono di travagli e non di intrighi”.
Una diffusa ‘interpretazione antiidillica’, vede attraverso la lettura di Walter Binni (La protesta di Leopardi) un grande stimolo di lotta contro le negatività della nostra società nei confronti dell’uomo.
Pertanto non una natura chiusa in un castello appartato sulla cima della montagna, avulso dalla realtà del mondo ma da un fisico debole un puntello su cui fare forza per erigere una grande energia combattiva, di contro ad una realtà nemica, emergente in modo netto e definito da una lucida e maschia indagine e riflessione critica.
Invero, al termine di queste mie impressioni devo dire che reputo notevole e lodevole, pur nei forti limiti che ho creduto di vedervi, il proposito del regista Martone di rappresentare sullo schermo la figura di uno dei nostri massimi poeti, in un'epoca sciocca di spettacoli cinematografici e televisivi.
Ed è pur vero che la poliedricità dello spessore umano del poeta è di difficile delimitazione in una visione univocamente conclusa una volta per tutte.
Uno dei massimi studiosi di Leopardi, Cesare Luporini (assieme a Walter Binni), nella prefazione della riedizione del suo saggio (1947-1980) ‘Leopardi progressivo’ (titolo quanto mai appropriato), scrisse “Da ultimo, oggi toglierei o attenuerei di molto il confronto col <pensiero dialettico>, e non lo configurerei comunque come indicazione di un limite di Leopardi…L’atteggiamento negativo, o via via specificamente contestativo, di Leopardi contiene una tale energia intrinsecamente dialettica, che egli non ha davvero bisogno di siffatti ingabbiamenti”.
Ingabbiare l’uomo nel suo involucro di individuo sarebbe come volere contenere la luce della stella che, comunque, negli anni, giunge lontano a brillare nel cielo dell’uomo.
(paolo patrone)
[-]
[+] salviamoci!
(di angelo mandelli)
[ - ] salviamoci!
[+] un po' di protagonismo
(di angelo mandelli)
[ - ] un po' di protagonismo
[+] per mandelli
(di paolo patrone)
[ - ] per mandelli
|
|
[+] lascia un commento a papat »
[ - ] lascia un commento a papat »
|
|
d'accordo? |
|
mareincrespato70
|
venerdì 7 novembre 2014
|
leopardi eroe romantico inneggia alla vita
|
|
|
|
Vita e poetica di Giacomo Leopardi, ma soprattutto geografia umana della sua sensibilità, della sua lucida ironia letteraria, anticipatrice incompresa, nonché filosoficamente geniale.
Mario Martone, brillante regista ed intellettuale contemporaneo, ci regala il “suo” Leopardi filmando un autentico capolavoro. Il percorso narrativo si sviluppa a partire dall'infanzia e prima giovinezza a Recanati, e poi ,dopo la tappa intermedia e “politica” di Firenze, si conclude con l'epilogo partenopeo tra Napoli e Torre del Greco, illustrato con forti tinte emotive e rappresentative. Martone tratteggia un Leopardi figlio del Romanticismo, prigioniero ed inquieto nella sua Recanati, dove le sue passioni si intrecciano tra “uno studio matto e disperato” nella biblioteca paterna e la contemplazione della bellezza, sia della natura che di qualche bel volto femminile (si assiste alla prematura scomparsa di Silvia) E' un poeta afflitto da suoi problemi di salute, ma il regista sottolinea come questo non gli impedisca un pensiero, brillante, poetico e politico, che gli permette di svuotare sia la retorica conservatrice bigotta e cattolica (della famiglia e della Società), sia quella delle “magnifiche sorti progressive” (“non concepisco masse felici composte da individui infelici”).
[+]
Vita e poetica di Giacomo Leopardi, ma soprattutto geografia umana della sua sensibilità, della sua lucida ironia letteraria, anticipatrice incompresa, nonché filosoficamente geniale.
Mario Martone, brillante regista ed intellettuale contemporaneo, ci regala il “suo” Leopardi filmando un autentico capolavoro. Il percorso narrativo si sviluppa a partire dall'infanzia e prima giovinezza a Recanati, e poi ,dopo la tappa intermedia e “politica” di Firenze, si conclude con l'epilogo partenopeo tra Napoli e Torre del Greco, illustrato con forti tinte emotive e rappresentative. Martone tratteggia un Leopardi figlio del Romanticismo, prigioniero ed inquieto nella sua Recanati, dove le sue passioni si intrecciano tra “uno studio matto e disperato” nella biblioteca paterna e la contemplazione della bellezza, sia della natura che di qualche bel volto femminile (si assiste alla prematura scomparsa di Silvia) E' un poeta afflitto da suoi problemi di salute, ma il regista sottolinea come questo non gli impedisca un pensiero, brillante, poetico e politico, che gli permette di svuotare sia la retorica conservatrice bigotta e cattolica (della famiglia e della Società), sia quella delle “magnifiche sorti progressive” (“non concepisco masse felici composte da individui infelici”).
Straordinario ed intenso il commento musicale scelto da Martone che, nel raccontare l'infelicità esistenziale ed erotica di Leopardi, esalta, quasi di contrappasso, la sua ricchezza umana, la sua disponibilità e curiosità intellettuale verso chi e cosa lo circonda; intensa, struggente e significativa è la celebrazione dell'amicizia (di tutta una vita) tra l'amico Ranieri e il poeta, sodalizio fuori dal tempo per la sua sorprendente e sincera carica emotiva, quanto più vicino forse a certi archetipi esistenziali dei nostri antenati e/o filosofi Greci.
Tutti bravi gli attori, ma il film celebra uno straordinario, indimenticabile Elio Germano che mette tutto se stesso per aderire, empaticamente, fisiognomicamente al personaggio, a quel Giacomo Leopardi di cui recita opere e poesie cogliendole nella loro rappresentazione emotiva, a partire da quando e perchè sono state concepite. Bravissimi anche Michele Riondino (Antonio Ranieri) e Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi), Isabella Ragonese interpreta Paolina Leopardi e contribuisce alla rappresentazione tenera ed efficace dell'affetto profondo dei tre fratelli, cresciuti insieme a Recanati. Mario Martone, dopo e con Paolo Sorrentino, onora Napoli e l'Italia nel mondo.
[-]
[+] un bellissimo commento!
(di angelo mandelli)
[ - ] un bellissimo commento!
|
|
[+] lascia un commento a mareincrespato70 »
[ - ] lascia un commento a mareincrespato70 »
|
|
d'accordo? |
|
aldo s.
|
sabato 18 ottobre 2014
|
germano favoloso leopardi. l'infinito da brivido..
|
|
|
|
. Di favoloso innanzitutto c'è Elio Germano, che non impersona solo il grande Giacomo, ma si e' incarnato in lui. Era proprio lui. Sorprendente!Emozionante! Grandioso! Leopardi era li,vivo sullo schermo!Confesso che all'inizio ho pianto. Ho pianto quando Germano ha declamato, facendoli naturalmente suoi, i versi dell'Infinito, sull'ermo colle del Tabor. Un momento toccante. La scelta registica poteva attingere a più spunti. Avrei spaziato di più, con la cinepresa, sui monti Azzurri, sul mare davanti. La prima parte con Recanati l'arrivo di Pietro Giordani( figura apparsa subito positiva, molto più del badante Ranieri)la visita alla Basilica di Loreto dove il Giordani invita a toccare le statue esterne del rivestimento della Santa Casa dl Bramante, e' senza dubbio la migliore, ma e' incompleta.
[+]
. Di favoloso innanzitutto c'è Elio Germano, che non impersona solo il grande Giacomo, ma si e' incarnato in lui. Era proprio lui. Sorprendente!Emozionante! Grandioso! Leopardi era li,vivo sullo schermo!Confesso che all'inizio ho pianto. Ho pianto quando Germano ha declamato, facendoli naturalmente suoi, i versi dell'Infinito, sull'ermo colle del Tabor. Un momento toccante. La scelta registica poteva attingere a più spunti. Avrei spaziato di più, con la cinepresa, sui monti Azzurri, sul mare davanti. La prima parte con Recanati l'arrivo di Pietro Giordani( figura apparsa subito positiva, molto più del badante Ranieri)la visita alla Basilica di Loreto dove il Giordani invita a toccare le statue esterne del rivestimento della Santa Casa dl Bramante, e' senza dubbio la migliore, ma e' incompleta. Avrei insistito di più con gli scenari e i paesaggi delle Marche, fonte di ispirazione della maggior parte della sua produzione poetica. Il regista Martone propende troppo per la macchiettista Napoli e poco per le Marche. E secondo noi ha sbagliato. Doveva cimentarsi anche su questo per non dare una stucchevole immagine da cartolina della nostra regione. Essendo egli riuscito benissimo a togliere la patina scolastica e a filmare quella che è' LA POESIA, cioè l' Infinito, speravo che riuscisse a fare altrettanto con " Il sabato del villaggio" e quelle "Alla luna" e "Canto notturno di un pastore dell' Asia". C'è Silvia che muore, ma non c'è' l'interpretazione della poesia "A Silvia" , che doveva essere recitata subito dopo la morte della giovane. E' troppo marginale nel film il ruolo di Isabella Aragonese nei panni di Paolina, la sorella. La seconda parte sul periodo napoletano sottolinea i cliché errati che gli ambienti letterari del tempo avevano nei confronti del poeta di Recanati, giudicato e liquidato come pessimista cosmico solo per via della sua infermità e non per la grandezza e attualità del suo pensiero. Era ampollosa, ridondante, pallosa e pesante. Faceva perdere il filo della narrazione e tutto l'entusiasmo iniziale. Torna sui binari solo a chiusura del film con la scena dell'eruzione del Vesuvio, ne "La Ginestra". Cartellino giallo per il femminiello nei bassi di Napoli. Poteva evitare questa discesa negli inferi di quello che ha fatto apparire come uno sfigato sessuofobico. Non ce n'era bisogno. Anche se molti andranno a vedere questa pellicola, perché e' di moda,dico che non e' alla portata di tutti, se non c'è una sensibilità innata e un'infarinatura letteraria a monte. VOTO 9 al primo tempo, 5 al secondo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a aldo s. »
[ - ] lascia un commento a aldo s. »
|
|
d'accordo? |
|
zarar
|
domenica 19 ottobre 2014
|
dov'è il leopardi poeta?
|
|
|
|
E' un film dignitoso e ben fatto, ma non totalmente convincente. La materialità sofferta di Giacomo, accentuata sino al grottesco, riscuoterebbe gli applausi del Tommaseo, suggerendo che - nonostante le appassionate dichiarazioni del poeta - la radice della sua filosofia e poesia stia proprio là dove si nega che sia. Alla fine del film è quella figura sempre più contorta, è quel viso deformato dalla sofferenza e dalla disperazione che ti restano ossessivamente in mente, e si sente il bisogno di andare subito a rileggersi il poeta per disintossicarsi. Voluta eterogenesi dei fini? Lo specifico filmico ha molti echi, più che una coerente originalità; l'impianto per quadri successivi è più teatrale che filmico.
[+]
E' un film dignitoso e ben fatto, ma non totalmente convincente. La materialità sofferta di Giacomo, accentuata sino al grottesco, riscuoterebbe gli applausi del Tommaseo, suggerendo che - nonostante le appassionate dichiarazioni del poeta - la radice della sua filosofia e poesia stia proprio là dove si nega che sia. Alla fine del film è quella figura sempre più contorta, è quel viso deformato dalla sofferenza e dalla disperazione che ti restano ossessivamente in mente, e si sente il bisogno di andare subito a rileggersi il poeta per disintossicarsi. Voluta eterogenesi dei fini? Lo specifico filmico ha molti echi, più che una coerente originalità; l'impianto per quadri successivi è più teatrale che filmico. Il Leopardi delle Operette Morali è molto più presente del giovane favoloso dei Canti. E se è verissimo che il coerente materialismo del 'filosofo' è quello che colloca i Canti nella giusta dimensione, non può però soffocarli, come succede nel film. Le oscillazioni tra rigore filologico e una dichiarata libertà interpretativa sono bizzarre: a finezze documentarie grandi e piccole come le tante citazioni puntuali, il taglio della carne, il cinismo materno davanti alla morte, la collezione di autografi di Fanny, ecc. ecc., fa fronte una Silvia bianca e rossa come una figurina di presepe napoletano, improbabile candidata al "chiuso morbo", una Paolina Leopardi che avrà sognato per tutta la vita un fisico come quello della sua interprete, l'inutile discesa negli inferi del bordello napoletano. Tra i momenti di grazia la fuga da Recanati, la scena al Gabinetto Vieusseux,la terrazza con lo sfondo dello "sterminator Vesevo". Ottima la colonna sonora.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a zarar »
[ - ] lascia un commento a zarar »
|
|
d'accordo? |
|
alexander 1986
|
giovedì 23 ottobre 2014
|
il giovane è favoloso, martone un po' meno
|
|
|
|
Un bravissimo Elio Germano dona le sue fattezze a Giacomo Leopardi nel ritorno alla regia di Martone dai tempi di 'Noi credevamo' (2010). Viene raccontata la vita del poeta dall'infanzia di Recanati alla morte napoletana, saltandone diversi passaggi ma tutto sommato restituendone i tratti salienti. Vengono presentati in particolare i rapporti con i fratelli Carlo e Paolina, il padre Monaldo, Pietro Giordani e Antonio Ranieri; e poi la malattia fisica, il senso di oppressione provato nella vita di provincia, gli amori frustrati. Emerge la storia di un giovane eccezionale come da titolo, al di là del fatto che egli risponda al nome di Giacomo Leopardi. A lungo andare emerge però anche la difficoltà di raccontare sullo schermo le ragioni per cui quel giovane, tutto sommato, risponda al nome di Giacomo Leopardi e non a quello di qualcun altro.
[+]
Un bravissimo Elio Germano dona le sue fattezze a Giacomo Leopardi nel ritorno alla regia di Martone dai tempi di 'Noi credevamo' (2010). Viene raccontata la vita del poeta dall'infanzia di Recanati alla morte napoletana, saltandone diversi passaggi ma tutto sommato restituendone i tratti salienti. Vengono presentati in particolare i rapporti con i fratelli Carlo e Paolina, il padre Monaldo, Pietro Giordani e Antonio Ranieri; e poi la malattia fisica, il senso di oppressione provato nella vita di provincia, gli amori frustrati. Emerge la storia di un giovane eccezionale come da titolo, al di là del fatto che egli risponda al nome di Giacomo Leopardi. A lungo andare emerge però anche la difficoltà di raccontare sullo schermo le ragioni per cui quel giovane, tutto sommato, risponda al nome di Giacomo Leopardi e non a quello di qualcun altro.
Di fatto un film su Leopardi presta il fianco a diversi ordini di problemi. Alcuni sono di carattere generale e riguardano il genere del biopic: concentrarsi sulla singola personalità comporta giocoforza il sacrificio del senso della complessità dato dal contesto. In questo senso il problema non si pone più di tanto perché se c’è un tratto costante nella vita del poeta, esso consiste nell’assenza di mondanità. Il Nostro non si godeva la vita, ciò è pacifico. Quattro scorci recanatesi – alcune scene sono state girate nella tenuta ancor oggi visitabile – bastano a inquadrare metà pellicola. Da qui deriva il secondo ordine di difficoltà affrontato da Martone ovvero l’esigenza di costruire comunque un film su una vita ricchissima solo interiormente. Tanto più che il regista opta per una narrazione prevalentemente realistica, con rare concessioni a istanze simboliste o a soluzioni alternative sullo stile adottato da altre pellicole per casi analoghi.
Se si adotta uno stile normale si rischia infatti di finire nella stessa trappola in cui cade Martone, perché è impossibile raccontare la vita ‘esteriore’ di Leopardi senza cadere nell’esposizione continua della disgrazia e delle sue conseguenze. Diventa pertanto impossibile sfuggire alla tentazione di raccontare la costituzione filosofica del personaggio, o anche la sua malinconia, senza ricondurla alla sfortuna personale. Cosciente di ciò, Martone prova ad affrontare questo problema già nell’economia del racconto nelle figure dei tanti detrattori del poeta, tutti rigorosamente brutti e antipatici. Ma non ci riesce, perché il suo modo di raccontare questa biografia non offre soluzioni più efficaci. Lo spettatore (spero rara avis) che vedrà ‘Il giovane favoloso’ senza sapere un’acca su Leopardi, continuerà a pensare che il pessimismo cosmico derivi al protagonista solo dalla frustrazione per non aver potuto vivere una vita decente. E quindi dovremmo chiederci se il regista napoletano abbia davvero reso un servizio al grande italiano o se non ci abbia dimostrato una volta di più che il miglior modo per conoscerlo resta lo studio del suo testamento spirituale, ovvero delle sue opere.
Pur ammettendo di essere in presenza di una pellicola meritoria sotto molti aspetti, su quello tecnico non meno che su quello culturale, non si ha pertanto la sensazione di assistere a un’opera realmente all’altezza della materia trattata.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alexander 1986 »
[ - ] lascia un commento a alexander 1986 »
|
|
d'accordo? |
|
consu13
|
giovedì 23 ottobre 2014
|
il film favoloso
|
|
|
|
Il giovane favoloso, film eccellente. Interpretazione di Elio Germano sensazionale, ricco di sfumature, di emozioni dette con gli occhi, voce profonda.
I luoghi che sono veramente quelli in cui leopardi ha vissuto rendono il film una sorta di documentario artistico, cosi come i vari dialettii dei personaggi, dal marchigiano al napoletano. Interessanti le scene che esprimono l’interiorità urlante e spaventosa e lacerante di Leopardi. Il calore asfissiante ed infernale del bordello. La diversità tra il Ranieri e Leopardi. Le varie classi sociali che vengono descritte con pennellate dai colori sgargianti. La magia della lucciola, tristemente uccisa da un uomo, metafora di come certi uomini non hanno bisogno della poesia, e siano capaci di uccidere l ‘ultimo fato debole e raro di bellezza mondana.
[+]
Il giovane favoloso, film eccellente. Interpretazione di Elio Germano sensazionale, ricco di sfumature, di emozioni dette con gli occhi, voce profonda.
I luoghi che sono veramente quelli in cui leopardi ha vissuto rendono il film una sorta di documentario artistico, cosi come i vari dialettii dei personaggi, dal marchigiano al napoletano. Interessanti le scene che esprimono l’interiorità urlante e spaventosa e lacerante di Leopardi. Il calore asfissiante ed infernale del bordello. La diversità tra il Ranieri e Leopardi. Le varie classi sociali che vengono descritte con pennellate dai colori sgargianti. La magia della lucciola, tristemente uccisa da un uomo, metafora di come certi uomini non hanno bisogno della poesia, e siano capaci di uccidere l ‘ultimo fato debole e raro di bellezza mondana.
Il giovane favoloso. E favoloso lo era veramente. A giacomo era impossibile non volergli bene. Lo constatiamo dalle sue poesie, dalle sue riflessioni, dall’amicizia che nonostante le mille difficoltà e rinunce, legava Ranieri al marchese. Gli siamo vicini per il suo pensiero, per la bellezza che ci ha regalato e anche, per la sua malattia, per la sua vita in cui spesso ha ricoperto le parti del perdente, eppure cosi grande. Leopardi rappresenta la rivincita di chi nella vita non è bello, né felice e spensierato. È la rivincita di tutti coloro che non si sentono a proprio agio, che si sentono in gabbia in questo mondo, che non sono contraccambiati nell’amore, e di coloro che vedono e percepiscono il malessere insito nel cosmo e negli uomini gretti e meschini. Ma nonostante ciò, capace di cercare la bellezza. Di vederla in una ginestra, in una ragazza del popolo, nella luna. In questo uomo emerge la voglia di vita, nonostante la vita venga cosi spesso denigrata,emerge la voglia di amare e di scoprire il mondo e nuove persone. Ciò è percepibile nella volontà di Leopardi di fuggire dalla gabbia di Recanati,un luogo troppo gretto e arretrato di mentalità e soprattutto di sensibilità per uno spirito egregio e geniale e oserei dire ribelle come quello leopardiano. Ma forse il problema non è Recanati. È lo stesso mondo e vita che rappresentano dei limiti per leopardi. Il poeta non è, come spesso si suole rappresentarlo, un giovane triste la cui vita risulta una collezione di sofferenze e sventure. Un inetto infelice. Tutt’altro: Leopardi è un giovane che vuole di più dalla vita. Vuole scoprire la vita. Non ha limiti, e se ne va. Convive con un giovane e attraente uomo, frequenta i salotti, passeggia con i proletari, ama il gelato, e si innamora platonicamente e carnalmente. Forse era uno spirito ribelle piu di quanto possiamo immaginare. Leopardi ci insegna che il vero ribelle è colui che pensa con la usa testa, colui che ha il coraggio di aprire le porte del proprio cuore, che è capace di amore. Leopardi era anche l’uomo scontroso, che tanto fece soffrire la sua famiglia e poi Ranieri e Paolina. Colui che non ascoltava le raccomandazioni del medico e che non voleva trasferirsi, che dormiva di giorno e vegliava di notte.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a consu13 »
[ - ] lascia un commento a consu13 »
|
|
d'accordo? |
|
|