“Le opere d’arte, come nei pozzi artesiani, salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore” M. Proust
Occorre dirlo subito: The Tree of Life, capolavoro assoluto di Terrence Malick, è un film difficile, complesso, ambizioso oltre misura, che disorienta e frastorna per la sua visionarietà e per la struttura anti-narrativa, per nulla convenzionale. Ma è anche un film di una bellezza strepitosa e inebriante, una preghiera laica sul senso della vita che ci ammalia con immagini di poesia pura che rimarranno inevitabilmente dentro di noi.
Un film che non finisce dopo la visione. Ci scuote perché pone domande esistenziali sulla morte, sulla natura dell’uomo e sul male utilizzando la potenza contemplativa e la grazia estatica delle immagini. Perché l’albero della vita di Malick ha radici profonde e rami che salgono molto in alto, scava in profondità nel dolore dell’uomo ed esplora le complesse ramificazioni della natura dell’essere umano.
Quello che Malick ci chiede è di toglierci le lenti della razionalità e l’aspettativa di una narrazione strutturata. Bisogna abbandonarsi alle immagini ed immergersi in un viaggio visionario, ognuno guidato dalle proprie emozioni e dalla propria sensibilità. E’ un viaggio intimo sul senso ultimo della vita partendo da se stessi e dal proprio passato. E’ il viaggio nella memoria che compie Jack (Sean Pean), un professionista affermato ma inquieto per alcuni ricordi della sua infanzia che lo tormentano. La giovinezza di Jack è quella di un ragazzino cresciuto in una tipica famiglia texana degli anni ’50, segnata dal conflitto tra la durezza e il rigore autoritario del padre (un Brad Pitt superlativo, forse nella sua migliore interpretazione) e la dolcezza e l’amore innocente della madre (una bravissima esordiente, Jessica Chastain). Il microcosmo della famiglia O’Brien, diviso tra l’approccio alla vita del padre, basato sulla competizione e sull’affermazione sociale come unico criterio di valutazione delle persone, e quello della madre che pone l’amore e la serenità come fondamento delle regole con cui educare i figli, ripropone il dualismo e la dicotomia del mondo, del macrocosmo. Come la forza e l’idea di dominio del padre di Jack sono contrapposte alla grazia ed alla bellezza interiore della madre, il macrocosmo oppone la forza della potenza distruttrice della natura e la sua ineluttabile continua trasformazione alla grazia della bellezza del creato. La coesistenza e la conflittualità tra natura e grazia (o tra caos e fede, o tra distruzione e armonia, comunque tra due forze contrapposte) sono connaturate tanto alla metafisica dell’universo tanto all’intima coscienza dell’essere umano. Se il padre è per Jack natura travolgente e potenza opprimente, la madre è grazia e amore, ma entrambi convivono in lui come in tutto il macrocosmo ( “madre, padre, siete in lotta dentro di me” ).
La sofferenza di Jack deriva dalla necessità di un percorso di comprensione che lo porti all’accettazione di questa conflittualità e a riconciliarsi con il padre. Questo percorso introspettivo lo porterà anche ad accettare la morte del fratello, altro episodio che ha segnato la sua infanzia e ossessionato la sua crescita con le domande sul perché del dolore. Nelle scene finali, quando i protagonisti si ritrovano sulla spiaggia, Jack ha già oltrepassato la “porta della vita” e può riconciliarsi con la sua famiglia chiudendo il cerchio del suo viaggio. The Tree of Life offre innumerevoli spunti di riflessione e tematiche che meriterebbero di essere approfondite. La religiosità è molto marcata, evidenziata dall’utilizzo di numerosi passi della Bibbia, come le citazioni di Giobbe all’inizio del film, ma anche dall’ossessiva educazione religiosa della famiglia texana. Pur con una sceneggiatura scarnificata e con dialoghi quasi inesistenti, la forza evocativa delle immagini è stupefacente. Difficile restare indifferenti di fronte alla potenza visiva ed alla meraviglia delle sequenze sulla natura, come la formazione del cosmo e l’evoluzione delle diverse forme di vita. Straordinarie per delicatezza e innocenza sono molte sequenze sull’infanzia dei tre fratelli, su tutte la scena della nascita del bambino. La cinepresa di Malick, senza essere mai invadente, circonda i personaggi, li avvicina e li contempla, riuscendo a cogliere sentimenti, stati d’animo e frustrazioni con primissimi piani e dettagli su particolari inconsueti. Ci vorrebbe molto più spazio per altri approfondimenti ma The Tree of Life è un viaggio che ognuno deve fare da solo.
L’albero della vita ci sfida, chiede di abbandonarsi alla ricerca di se stessi, in un viaggio dentro di noi. Solo così ognuno può trovare un senso e contestualizzarlo, altrimenti qualsiasi domanda esistenziale e qualsiasi risposta alla fine diventano sterili banalità.
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