Un film bellissimo, e molto difficile. Più che una prova d’autore, una solenne e definitiva sfida registica, che il filosofo prestato alla macchina da presa ha dimostrato di vincere.
Un film su due piani narrativi: quello della famiglia O’ Bryan (Brad Pitt padre, Jessica Chastain madre) del midwest, con i sogni, le speranze e le certezze del sogno americano degli anni ’50. Vengono al mondo tre figli: il primo, in particolare (Jack, Hunter McCracken da bambino, Sean Penn da adulto) è schiacciato nella morsa del differente modello etico, e non solo educativo, dei genitori: ispirato all’imposizione di sé, al rispetto delle regole, alla rigidità, ed alla forza quello del padre (la via della natura), dedito all’amore universale, alla comprensione, al perdono, all’accettazione dell’altro e degli altri quello della madre (la via della grazia).
La storia di Jack, della sua famiglia, dei suoi fratelli, dei vicini, e della stessa comunità di noi poveri “terrestri” è la storia della vita, dalla notte dei tempi, e fino alla fine dei tempi, e a quello che sembra essere il giudizio dei vivi, e dei morti. E’ la storia dell’universo, e dei mondi che lo compongono: dalla comparsa della vita, all’evoluzione delle specie, sempre, nel dualismo natura-grazia, che, nel microcosmo della famiglia O’Bryan, si ripete.
Solo Terrence Malick poteva fondere darwinismo e religiosità, scienza e spiritualità. Solo Terrence Malick poteva permettersi sequenze molto lunghe senza un dialogo, dense delle riflessioni di Jack, e dei suoi genitori (in quest’opera l’”io” narrante è tripartito) degne del più sofisticato documentario del National Geographic, senza scadere nel didascalico o peggio “finto”. Solo Terrence Malick poteva permettersi una riflessione tanto profonda sulla solitudine dell’uomo, condizione immanente del nostro essere così piccoli di fronte all’immensità del mondo.
Solo Terrence Malick, circondato da stars del calibro di Pitt e Penn, poteva affidare l’ossatura stessa dell’opera a non professionisti (sono i bambini i veri protagonisti del film: McCracken ha un’intensità di recitazione ed una naturalezza impareggiabile).
Solo Terrence Malick poteva convogliare tanta energia, forza, e disperazione nei solchi di un vinile e della musica che accompagna la storia del Cosmo, e, quindi, di tutti noi, solo come Kubrick aveva saputo fare, e, probabilmente, nessuno saprà mai fare.
Se la “Sottile Linea Rossa” era la “preghiera di fine millennio”, questa è la preghiera di inizio millennio. Abbiamo aspettato il timido texano per provare a comprendere ciò che resta in ogni caso un mistero, la cui risposta non può essere “42!”: lui ci ha dipinto l’affresco, ora sta a noi guardarlo, e interpretarlo, senza pregiudizi o limitazioni nell’approccio verso l’altro.
Abbiamo aspettato tanto, ma siamo stati ripagati. Abbiamo assistito al passaggio di una cometa, ad un’eclissi: eravamo lì, proprio lì… proprio così, stringendo la mano di chi amiamo, della persona a cui chiediamo di aiutarci e sostenerci. Oggi, domani, e sempre.
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bordata
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giovedì 2 giugno 2011
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ok!
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bravissimo,bella recensione.
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mario piunti
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domenica 5 giugno 2011
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volevo ringraziarti ma anche capire
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Come dicevo,volevo ringraziarti per la bellezza del pezzo che hai scritto ma anche capire meglio,volevi mettere "e" e non "è", prima di " la storia dell'universo, come secondo piano narrativo? Oppure?Veramente interessante, il tuo commento.Con un mio amico, stiamo scrivendo un film, su un'idea, concettualmente simile a quello di Malick.Vogliamo capire se l'uomo è in grado ancora di riprendere in mano la sua vita e confrontarsi con l'universo, sia da un punto di vista scientifico, che da un punto di vista spirituale, in una maniera organica, rilassata e divertente.In ogni caso mi hai fatto venire voglia di andare a vedere il film.N.b.: Ero a Cannes la sera che Malick veniva incoronato vincitore, ma per motivi paradossali, non ho visto films, pur avendo la possibilità di farlo.
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Come dicevo,volevo ringraziarti per la bellezza del pezzo che hai scritto ma anche capire meglio,volevi mettere "e" e non "è", prima di " la storia dell'universo, come secondo piano narrativo? Oppure?Veramente interessante, il tuo commento.Con un mio amico, stiamo scrivendo un film, su un'idea, concettualmente simile a quello di Malick.Vogliamo capire se l'uomo è in grado ancora di riprendere in mano la sua vita e confrontarsi con l'universo, sia da un punto di vista scientifico, che da un punto di vista spirituale, in una maniera organica, rilassata e divertente.In ogni caso mi hai fatto venire voglia di andare a vedere il film.N.b.: Ero a Cannes la sera che Malick veniva incoronato vincitore, ma per motivi paradossali, non ho visto films, pur avendo la possibilità di farlo.Mario Piunti
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