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Il Woody Allen dell’indicibile ci ripropone (altri attori, e storia un po’ diversa) i protagonisti di “Happiness”, dieci anni dopo la confessione della passione pedofila dello psichiatra del New Jersey. Oggi li ritroviamo (in un mondo -anzi, diciamo in un’America- ancora in guerra) pure loro in guerra: la guerra interiore di tre sorelle, della loro mamma, e del loro entourage. C’è Trish, la moglie dello psichiatra Billy (in procinto di uscire di prigione), che si fa corteggiare dall’indesiderabile Harvey; c’è poi Helen, sceneggiatrice soffocata dal proprio successo planetario (in casa sua luccicano 4 golden globes: stoccata di nulla alla povera Academy); viene infine Joy, educatrice carceraria dall’indole passiva e lamentosa. I figli di Trisha e Bill crescono come possono: la piccola Hemma è dipendente dagli ansiolitici; il povero Timmy cerca di dare un senso alla vita, ad ogni episodio della vita; il più grande Billy è scappato in Oregon per studiare e farsi un po’. Tra il freddo New Jersey e la Florida edonistica i personaggi sono in balìa dei risvolti iniqui e più tristi della loro normalità. Ma, e qui c’è il genio di Solondz, in questo schifo si riesce anche a ridere. Ce n’è per tutti: per gli ebrei, per i repubblicani, per i perbenisti, per il sistema carcerario, e anche per gli analisti informatici. Attori eccellenti, unico volto noto ai più Charlotte Rampling, in una parte un po’ deprimente.
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