diomede917
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martedì 17 marzo 2009
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callaghan in pensione
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L'ispettore Callaghan è andato in pensione, adesso vive in un quartiere dove è l'unico americano circondato da vicini "musi gialli" e baby gang di varie etnie. Si chiama Walt Kowalski ma è meglio rivolgersi come Mr. Kowalski se vuoi che ti risponda, lui non parla ringhia. E' rimasto vedovo da poco, passa le sue giornate in veranda benvendo birra e contemplando la sua bellissima Gran Torino. E' proprio il tentativo di furto della macchina da parte del figlio della sua vicina di casa a spalancare a questo vecchio burbero una realtà che non conosceva ma che ha molti più punti in comune con lui rispetto al suo rapporto con i figli.
Gran Torino è da definire il vero testamento cinematografico di Clint Eastwood dove si racchiude la somma del suo modo di vedere e fare cinema.
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L'ispettore Callaghan è andato in pensione, adesso vive in un quartiere dove è l'unico americano circondato da vicini "musi gialli" e baby gang di varie etnie. Si chiama Walt Kowalski ma è meglio rivolgersi come Mr. Kowalski se vuoi che ti risponda, lui non parla ringhia. E' rimasto vedovo da poco, passa le sue giornate in veranda benvendo birra e contemplando la sua bellissima Gran Torino. E' proprio il tentativo di furto della macchina da parte del figlio della sua vicina di casa a spalancare a questo vecchio burbero una realtà che non conosceva ma che ha molti più punti in comune con lui rispetto al suo rapporto con i figli.
Gran Torino è da definire il vero testamento cinematografico di Clint Eastwood dove si racchiude la somma del suo modo di vedere e fare cinema.
Il film ha parecchi punti in comune con l'altro suo piccolo grande capolavoro Million Dollar Baby:
abbiamo un protagonista arrabbiato con la vita, senza un legame con la famiglia che si fa tutore di principi e ideali verso gli emarginati;
c'è il rapporto conflitttuale con la chiesa e il bene e il male, anche se in questo caso la lezione la imparerà il giovane sacerdote 27enne vergine che tiene sottobraccio vecchiette supestiziose alle quali promette la vita eterna;
mentre Morgan Freeman è sostituito da un barbiere mangiaspaghetti al quale viene riservato una delle migliori scene del film ossia la vera iniziazione del giovane Thao.
La vera forza di questo splendido film è la semplicità con cui tratta queste tematiche evitando retorica e luoghi comuni.
Voto 10
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franco
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martedì 17 marzo 2009
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capolavoro di auto-ironia
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Se hanno dato un Nobel ad Hemingway
per l'intera sua opera e per "Il vecchio e il mare",
dovrebbero dare un Nobel a Clint Eastwood
per l'intera sua opera e per l'ultimo suo film "Il padre e i figli", titolato "Gran Torino".
A volte il massimo della distanza culturale e (sembrerebbe) razziale
è proprio quella tra un padre ed i suoi figli.
E Clint che fa il verso ai personaggi che hanno creato il suo mito,
é di un'auto-ironia impagabile.
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valerio c
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martedì 17 marzo 2009
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gran film,da vedere assolutamente
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Gran Torino lascia qualcosa dentro,ha un significato profondo dall'inizio alla fine...tra i migliori film degli ultimi anni...del resto Clint Eastwood è una garanzia.
Complimenti anche agli sceneggiatori,davvero un lavoro notevole,considerando la delicatezza dei temi trattati
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hal
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martedì 17 marzo 2009
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il pericolo è nascosto...
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Nelle pieghe di questo film destrorso che dipinge un gruppo di immigrati come tutti uguali e cioè delinquenti , quando il vero delinquente è il protagonista con le sue manie di protagonismo legate ad un fucile...
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puntiglioso
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martedì 17 marzo 2009
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osceno
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film imperialista e fascista.
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nicola
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lunedì 16 marzo 2009
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una vera meraviglia
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Cinema per il cinema.
Se ha ancora senso dire che il cinema è la settima arte Gran Torino ne è la riprova.
Gran Torino è un film sulla tolleranza e l'intolleranza, sulla vendetta e il perdono, sulla perdizione e la redenzione e, ovviamente, sulla vita e la morte, dove gli opposti non collidono tra loro ma finiscono per coincidere nella figura del protagonista; ma soprattutto Gran Torino è un film formalmente perfetto e perfettamente risolto dove anche la rassicurazione dello spettatore trova posto.
Attenzione alla bellezza di Gran Torino perché quando in sala si riaccendono le luci potrebbero scoprirvi con gli occhi lucidi.
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pipay
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lunedì 16 marzo 2009
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fascismo, xenofobia, razzismo. ma che dite?
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Certo che quando si vuol dare del fascista a qualcuno non si fanno complimenti! E' ridicolo travisare così la realtà e rilasciare giudizi del tutto privi di fondamento! Nel film non c'è una matrice fascista e non c'è razzismo. Clint Eastwood ha cercato di descrivere una realtà molto attuale: quella della difficile integrazione tra persone di etnie e di culture diverse. Questa integrazione costa al protagonista una fatica immane. Lui si è trovato in Corea faccia a faccia con i "musi gialli" e ha dovuto combattere, ha dovuto uccidere e questi ricordi costituiscono ancora una piaga nel suo animo. Ma a distanza di decenni "i selvaggi" riappaiono, proprio accanto alla sua abitazione. Lui non può ignorarli.
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Certo che quando si vuol dare del fascista a qualcuno non si fanno complimenti! E' ridicolo travisare così la realtà e rilasciare giudizi del tutto privi di fondamento! Nel film non c'è una matrice fascista e non c'è razzismo. Clint Eastwood ha cercato di descrivere una realtà molto attuale: quella della difficile integrazione tra persone di etnie e di culture diverse. Questa integrazione costa al protagonista una fatica immane. Lui si è trovato in Corea faccia a faccia con i "musi gialli" e ha dovuto combattere, ha dovuto uccidere e questi ricordi costituiscono ancora una piaga nel suo animo. Ma a distanza di decenni "i selvaggi" riappaiono, proprio accanto alla sua abitazione. Lui non può ignorarli. Prima li detesta, poi a poco a poco li accetta e si sente accettato da loro. E Walt, l'americano di origine polacca, dimostrerà infine piena solidarietà verso la famiglia di asiatici, famiglia che sarà costretta a subire diverse angherie, non dagli americani, ma da gente che ha la loro stessa origine. Walt sarà capace, semmai, di compiere un atto di estremo ed encomiabile altruismo nei confronti dei suoi vicini. E anche alla fine del film, dal suo testamento, si colgono frasi che denotano un'ironia e una generosità che si pensava non potessero far parte della sua mentalità e del suo atteggiamento scorbutico. Altro che fascista! altro che razzista! Troppo facile parlare a vanvera e criticare aspetti deleteri che nel film di Clint proprio non esistono... E la sua interpretazione è semplicemente stupenda!
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yris2002
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lunedì 16 marzo 2009
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gran clint eastwood
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Ancora una volta Clint Eastwood lascia il segno, forte, profondo, emozionante. Lo fa con una regia impeccabile, e con la sua stessa presenza fisica, che a quasi ottant'anni sa ancora imporsi con decisione e commozione nello spettatore.
Le vicende sono drammatiche, ma a tratti autenticamente divertenti(la scena dal barbiere col ragazzo asiatico è davvero spassosa!), la violenza e l'orrore dell'uomo (che non ha colore, perché anche i bianchi non fanno una gran bella figura) si alternano a momenti in cui anche l'umanità e la sincerità dei personaggi sa trovare il giusto spazio, senza togliere nulla alla profondità delle tematiche trattate.
Il problema della difficoltà nello stare assieme, del condividere spazi e tempi quando ci si sente così diversi da chi ci sta intorno e quando la vita ci ha lasciato delle ferite così profonde, pone interessanti riflessioni, valide non solo per l'old America, ma molto attuali in qualsiasi contesto in cui ci si sente obbligati a convivere con culture che paiono inconciliabili con la nostra.
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Ancora una volta Clint Eastwood lascia il segno, forte, profondo, emozionante. Lo fa con una regia impeccabile, e con la sua stessa presenza fisica, che a quasi ottant'anni sa ancora imporsi con decisione e commozione nello spettatore.
Le vicende sono drammatiche, ma a tratti autenticamente divertenti(la scena dal barbiere col ragazzo asiatico è davvero spassosa!), la violenza e l'orrore dell'uomo (che non ha colore, perché anche i bianchi non fanno una gran bella figura) si alternano a momenti in cui anche l'umanità e la sincerità dei personaggi sa trovare il giusto spazio, senza togliere nulla alla profondità delle tematiche trattate.
Il problema della difficoltà nello stare assieme, del condividere spazi e tempi quando ci si sente così diversi da chi ci sta intorno e quando la vita ci ha lasciato delle ferite così profonde, pone interessanti riflessioni, valide non solo per l'old America, ma molto attuali in qualsiasi contesto in cui ci si sente obbligati a convivere con culture che paiono inconciliabili con la nostra.
Un film che, al pari di tutti gli altri diretti dal genio di Eastwood, merita di essere visto: dalla sala si esce sicuramente arricchiti!
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frapasce
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lunedì 16 marzo 2009
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adoro questo film... e sono comunista.
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Giusto per rispondere a chi parla di film fascista ecc. ecc.
Adoro questo capolavoro cinematografico... e sono comunista.
Statemi bene.
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marco
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lunedì 16 marzo 2009
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capolavoro!!!
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capolavoro assoluto! non come le cavolate del cinema italiano!
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