ciccio capozzi
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lunedì 16 marzo 2009
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clint & dostoevskij
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L’uscita dell’ultimo, bellissimo, film di Clint Eastwood, “Gran Torino” (Usa, 08), “impone” una qualche puntualizzazione di tipo complessivo e di metodologia interpretativa (ermeneutica), su questo grande vecchio, ma così giovane, del cinema. Nato nel 1930, è stato Premio Oscar per “Gli Spietati” e per “Million dollar baby”. Sappiamo tutti che, dopo un’oscura carriera tra cinema e tv americana, fu scoperto dal nostro Sergio Leone, che ne fece, con i western fatti in Italia, una star, che, professionalmente, umanamente, culturalmente, ecc., via via è cresciuto, fino a diventare un regista cui spetta lo statuto di autore. Non voglio entrare nel merito di suoi singoli film, quanto suggerire delle note sulle tematiche che lo caratterizzano.
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L’uscita dell’ultimo, bellissimo, film di Clint Eastwood, “Gran Torino” (Usa, 08), “impone” una qualche puntualizzazione di tipo complessivo e di metodologia interpretativa (ermeneutica), su questo grande vecchio, ma così giovane, del cinema. Nato nel 1930, è stato Premio Oscar per “Gli Spietati” e per “Million dollar baby”. Sappiamo tutti che, dopo un’oscura carriera tra cinema e tv americana, fu scoperto dal nostro Sergio Leone, che ne fece, con i western fatti in Italia, una star, che, professionalmente, umanamente, culturalmente, ecc., via via è cresciuto, fino a diventare un regista cui spetta lo statuto di autore. Non voglio entrare nel merito di suoi singoli film, quanto suggerire delle note sulle tematiche che lo caratterizzano. Esse sono numerose. O meglio: riflettono con una grande ricchezza di sfumature e di approfondimenti, su numerosi aspetti di una sola: il posto dell’individuo, con tutte le sue componenti e i suoi valori, nella società attuale, ma anche nella storia americana. Può sembrare un’ovvietà. Ma bisogna partire da alcuni punti. Il primo: Eastwood non è un Liberal: politicamente è un Red, cioè, al contrario del colore che da noi caratterizza i progressisti, un Conservatore. Non è uno di quei registi, intellettuali che si pongono con chiarezza intenti di “critica” alla società, sulla base di ricette politiche, più o meno sentite: posizioni che, sostanzialmente, già si pre-vedono, ancor prima di vedere il film, solo ascoltando le loro dichiarazioni. Premetto che ho simpatia per loro: ma spesso mettono in scena delle orge di déja vu. Secondo: sulla base di quanto detto, Eastw è proprio il masto del “politically incorrect”. Cioè, lui narra ed esprime suoi contenuti personali su coordinate e stili narrativi e tecnici molto tradizionali; ma non se frega nulla delle appartenenze. Discorre e affronta la realtà con una larghezza, un’autonomia di visioni, uno spirito spesso (molto spesso) controcorrente che, specie al “politicizzato” spettatore europeo, ma italiano in particolare, lasciano francamente interdetti. Noi siamo, crocio-togliattianamente, spinti a “catalogare” gli interventi in base alle appartenenze “gridate” prima; facciamo molta fatica a capire delle posizioni culturali che di distaccano dai recinti stabiliti; e che anzi sono nella sostanza molto più progressive, aperte e sperimentali di molte che vi stanno dentro. Dicevo prima di approccio crocio-togliattiano: intendo riferirmi alle valutazioni estetiche che si fondano quasi esclusivamente sulla nozione di “pura bellezza” alla base della filosofia, imperante nelle nostra cultura per molti decenni, di B.Croce. Poi imbellettate e riciclate in una visione politicamente ideologizzata e più mirata al confronto con la realtà, la storia, le problematiche sociali, da P.Togliatti, che oltre ad essere uno dei fondatori del PCI, era un intellettuale raffinato e coltissimo, e dal suo non trascurabile entourage (Alicata, Scoccimarra, Marchesi ecc.), grazie alla mediazione filosofica dell’allievo di Croce, G.Della Volpe. Questa estetica è stata alla base della cultura sedicente marxista in Italia dagli anni70, in maniera più o meno consapevole. Da qui nascono le ridicolmente rigide divisioni in cultura di serie a, quella che “non fa ridere” e/o d’élite, e quella serie b-z, “tutto il resto”. Non si concepisce che un autore come Eastwood, che appartiene al mainstream hollywoodiano, cioè che fa film che incassano, sia un Maestro.Ma quali sono i valori di Clint?(segue)
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jappy
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lunedì 16 marzo 2009
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bellissimo!!!
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estremista di sinistra
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lunedì 16 marzo 2009
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un film fascista e razzista
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Un film fascista e razzista, come tutti i film di Eastwood, che dagli aberranti film dell'Ispettore Callaghan cavalca le ideologie destrorse del giustizialismo e del fanfascismo. I film di Eastwood sono prodotti destrorsi profondamente reazionari, da evitare e da non vedere assolutamente. "Gran Torino" inoltre, è un film molto razzista. Ma da un regista così mediocre e di destra, non potevamo aspettarci che cacca fascista.
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jumpy78
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lunedì 16 marzo 2009
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mi hai emozionato
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il messaggio del film...anche nell'animo di una persona provata e infelice, che non ha avuto vita facile, c'è un cuore, e dei sentimenti..che non riusciva a tirare fuori...rinchiuso nella suo mondo solitario fatto di birra e sigarette, con la sua migliore amica una dolcissima cagnetta...impara che nella vita non si possono rinkiudere per troppo tempo i sentimenti.
mi hai emozionato.
grazie clint
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giancarlo
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domenica 15 marzo 2009
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gran torino
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josey wales
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domenica 15 marzo 2009
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gran torino: clint ti voglio bene...
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Grazie Clint. Sai raccontare sentimenti grandi con la tua semplicità e la tua calda ruvidezza. Sei il maestro assoluto, alla faccia di chi guarda e giudica i tuoi lavori con la lungimiranza di una talpa. Ho visto persone in sala con i fazzoletti in mano e le lacrime agli occhi. In un film di e con Clint Eastwood....sei davvero incredibile. Bisogna essere grandi per provocare forti emozioni come hai fatto tu con una storia come questa. Ma l'hai fatto, con la semplicità e i modi di un uomo che nel cinema cerca "solo" di raccontare al meglio delle storie. Ti voglio bene, Dirty Harry!!!!!!!!
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annie
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domenica 15 marzo 2009
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due culture che si confrontano, un uomo nel mezzo.
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Ho visto questo film e per circa un'ora l'ho trovato alquanto scontato, ho visto la seconda parte, e ancora non mi convinceva,sono giunta alla fine del film e qualcosa mi ha toccato fisicamente. Clint Eastwood in questa pellicola fa lavorare molti cinesi e sottolinea con delicatezza, fermezza e molta sensibilità proprio la differenza tra una cultura quella occidentale, che si offende facilmente e non sopporta continue critiche in quanto allevata nel benessere e nella convinzione di essere la cultura padrona del mondo, e, una cultura orientale bistrattata, cacciata dalla propria terra, umiliata che però con il suo senso della gratitudine, del ringraziamento, del sentimento del donare penetra la dura corteccia di un uomo solo, indurito, conservatore, ma profondamente onesto.
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bizio
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domenica 15 marzo 2009
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intenso
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il film è molto bello, la trama avvincente..forse l'unica nota che si può fare che clint nonostante la sua età sembra un super eroe, per il resto mostra come una persona razzista piena di pregiudizi,riuscendo a superare la barriera che lo divide da un gruppo capisca come possa avere più cose in comune con quelle persone che con i suoi familiari. Film molto bello che consiglio, clint non stecca più sempre riusciti i suoi film
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pipay
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domenica 15 marzo 2009
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il ritratto molto attuale di un uomo tormentato.
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Walt, americano di origine polacca, dopo aver perso la moglie sceglie di vivere in solitudine. Non ha buoni rapporti con i figli, né con altri del vicinato. Si tiene alla larga, soprattutto, da una famiglia di origine asiatica che vive in una casa accanto alla sua. I vicini gli ricordano la guerra in Corea, le sparatorie, gli uomini che ha dovuto uccidere, i "musi gialli" contro i quali doveva combattere. Ma una serie di vicende inquietanti e traumatiche, che si abbatte su due giovani componenti della famiglia asiatica, vicende delle quali preferisco tacere per rispetto di chi non ha visto il film, provocherà un radicale cambiamento nell' atteggiamento di Walt.
Il film pone l'accento sulle difficoltà della convivenza sociale, specie di questi tempi, in cui dobbiamo confrontarci quotidianamente con persone di diversa etnia e di diversa cultura.
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Walt, americano di origine polacca, dopo aver perso la moglie sceglie di vivere in solitudine. Non ha buoni rapporti con i figli, né con altri del vicinato. Si tiene alla larga, soprattutto, da una famiglia di origine asiatica che vive in una casa accanto alla sua. I vicini gli ricordano la guerra in Corea, le sparatorie, gli uomini che ha dovuto uccidere, i "musi gialli" contro i quali doveva combattere. Ma una serie di vicende inquietanti e traumatiche, che si abbatte su due giovani componenti della famiglia asiatica, vicende delle quali preferisco tacere per rispetto di chi non ha visto il film, provocherà un radicale cambiamento nell' atteggiamento di Walt.
Il film pone l'accento sulle difficoltà della convivenza sociale, specie di questi tempi, in cui dobbiamo confrontarci quotidianamente con persone di diversa etnia e di diversa cultura. Non direi che si è cercato di scavare nelle tematiche del razzismo, piuttosto nelle problematiche di integrazione, di tolleranza e di adattabilità.
Pur consapevoli della bravura di Clint Eastwood, questa volta si rimane davvero senza parole per la perfezione della sua recitazione (e della sua regia). La scontrosità del protagonista, i suoi preconcetti, la sua graduale presa di coscienza, il rapporto di amore-odio nei confronti degli stranieri, che poi sfocerà invece in un'assoluta solidarietà, sono resi da Eastwood in modo sublime, al limite del possibile. Credo che questa sia l'interpretazione migliore della sua lunga carriera.
Pellicola amara, impeccabile, in alcuni punti i particolari sono delineati con grande effetto. Amaro il finale, dal quale però scaturisce una dose di ironia e di umanità che non credevamo appartenesse all'animo di Walt. Si esce dal cinema senza parole.
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car
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domenica 15 marzo 2009
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ottimo
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