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lunedì 16 marzo 2009
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gran rottura
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Una vera delusione..mi aspettavo MOOOOOOOOOLTO di piu.. noiosissimo.
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kross
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lunedì 16 marzo 2009
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normale
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tutto è così deja vu in questo film, che ad un certo punto diventa quasi noioso. in somma nulla di così straordinario.
anni luce da million dollars baby.
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andreas
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lunedì 16 marzo 2009
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il cavaliere della valle solitoria
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Clint sei sempre tu il cavaliere della valle solitoria . Questa volta hai anche il coraggio dei santi.
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alessandro vanzaghi
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lunedì 16 marzo 2009
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l'ultimo eroe
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78 anni sono tanti e forse questo immenso regista, degno erede dei suoi tanti maestri (Sergio Leone su tutti) è davvero vicino al capolinea. L'unica cosa che possiamo fare è che prima di decidere di ritirarsi sforni qualche altro capolavoro, come lo sono stati tutti i suoi ultimi film , da Mystic River in avanti). "Gran Torino" è una nuova gemma di una filmografia sempre più ricca e capace ogni volta di rinnovarsi e svariare fra tematiche profondamente diverse. Walt Kowalski, l'ultimo personaggio del nostro Clint, è forse uno di quelli più memorabili della sua carriera, reso con grande intensistà da un artista col tempo migliorato molto anche nelle vesti di attore. Scorbutico, razzista, aggressivo, solitario.
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78 anni sono tanti e forse questo immenso regista, degno erede dei suoi tanti maestri (Sergio Leone su tutti) è davvero vicino al capolinea. L'unica cosa che possiamo fare è che prima di decidere di ritirarsi sforni qualche altro capolavoro, come lo sono stati tutti i suoi ultimi film , da Mystic River in avanti). "Gran Torino" è una nuova gemma di una filmografia sempre più ricca e capace ogni volta di rinnovarsi e svariare fra tematiche profondamente diverse. Walt Kowalski, l'ultimo personaggio del nostro Clint, è forse uno di quelli più memorabili della sua carriera, reso con grande intensistà da un artista col tempo migliorato molto anche nelle vesti di attore. Scorbutico, razzista, aggressivo, solitario...e per di più vecchio e malato....Walt, quasi per una contraddizione in termini, risulta simpatico a pelle, rendendo il film stesso godibile come una commedia intelligente e coinvolgente come pochi grandi film d'azione. A 78 anni, Eastwodd mantiene la sua faccia da eterno duro, solcata da rughe che definiscono ancora meglio i tratti e l'espressività di un volto freddo e lucido, entrato nella memoria collettiva. "Avete mai fatto caso che qualche volta si incontra qualcuno che non va fatto incazzare? Quello sono io": ci sarà un motivo se questa frase, che risulterebbe ridicola detta da qualunque altro ottantenne, mantiene intatta il suo tono minaccioso se a pronunciarla è Walt Kowalski?
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marta rossi
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lunedì 16 marzo 2009
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eccezionele
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per essere brevi e non logorroici finalmente un FILM ottimamente interpretato, ottimamente diretto questo film ti fa rimanere incollato alla poltroncina per un ora senza mai annoiarti.
p.s. il titolo mi aveva forviato
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il cinefilo
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lunedì 16 marzo 2009
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il percorso
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Un film eccellente in cui il protagonista, alla fine della sua vita, cambia le idee e le convinzioni che si era portato dietro per decenni.
Eastwood però non lo interpreta come il solito "film mattone", infatti lo affronta per quasi tutta la durata con ironia, rendendolo più gradito al pubblico; ed è soltanto alla fine che si fa realmente serio, un finale, secondo il mio parere, veramente molto toccante
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elena flauto
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lunedì 16 marzo 2009
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eastwood fa centro con semplicità narrativa
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Eastwood è tornato alla semplicità narrativa di Million Dollar Baby e fa centro. Dopo la complessità narrativa di Changeling, l'unico film di Clint che non ho amato,qui,in una unità di tempo e di luogo immediata,torna a colpire al cuore. Walt Kovalski è un uomo che confessa di non sapere come si fa il padre e che non comunica con figli e nipoti, ma entra in sintonia con un mondo fino a poco prima detestato.
Eastwood racconta il tutto con preziosa semplicità rendendo indimenticabile il suo personaggio che da chiuso e fortemente razzista si apre a sprazzi di sorrisi e golosità, quando si immerge in una cultura, quella della famiglia asiatica di etnia Hmong, tenuta in vita con grande rispetto delle proprie tradizioni.
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Eastwood è tornato alla semplicità narrativa di Million Dollar Baby e fa centro. Dopo la complessità narrativa di Changeling, l'unico film di Clint che non ho amato,qui,in una unità di tempo e di luogo immediata,torna a colpire al cuore. Walt Kovalski è un uomo che confessa di non sapere come si fa il padre e che non comunica con figli e nipoti, ma entra in sintonia con un mondo fino a poco prima detestato.
Eastwood racconta il tutto con preziosa semplicità rendendo indimenticabile il suo personaggio che da chiuso e fortemente razzista si apre a sprazzi di sorrisi e golosità, quando si immerge in una cultura, quella della famiglia asiatica di etnia Hmong, tenuta in vita con grande rispetto delle proprie tradizioni.
Kovalski con quel segno di pollice e indice a indicare la pistola come nei giochi dei bambini, con quel ringhiare come un cane quando viene irritato dall'invasione e prepotenza altrui,con quel rapportarsi con ironia da vero uomo con il suo barbiere,con la sua dipendenza dalle lattine di birra tenute al fresco e bevute in compagnia del suo golden retriver,con il suo bisogno di decoro ed ordine, con la sua idiosincrasia per la chiesa, con il ricordo della sua defunta ed amata moglie, la migliore donna al mondo, con il suo confessare solo 2 peccati in tutta una vita: un bacio ad un'altra donna da sposato e non avere pagato le tasse sulla vendita di un auto, è un uomo che conosce la vita e ha guardato in faccia la morte durante la guerra di Corea. Ed è un personaggio tra i più riusciti tra quelli diretti ed interpretati dal grande Clint Eastwood.
Walt è'un razzista, ma è anche un uomo giusto e combattivo e difende Sue, la figlia dei vicini musi gialli,da una gang di afroamericani. La giovane gli fa varcare la soglia di un mondo, quello di casa sua, dove lui è capito e riesce a capire più che tra i suoi...diventa mentore del fratello di lei,Thao, un ragazzo senza coraggio e vessato dalla gang del cugino, e in un crescendo di empatia con questa nuova famiglia, per difendere Thao,in realtà Kovalski porta lo scontro con i giovani teppisti gialli ad un punto di non ritorno. Thao intanto ha imparato il coraggio di un uomo e vorrebbe vendicarsi dell'aggressione subita dalla dolce Sue, ma Walt che ha appena scoperto di avere una grave malattia, si sacrifica per lui che diventa l'erede di ciò che Kovalski amava di più: il suo cane e la sua auto Gran Torino.
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elena flauto
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lunedì 16 marzo 2009
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eastwood fa centro con semplicità narrativa
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Eastwood è tornato alla semplicità narrativa di Million Dollar Baby e fa centro. Dopo la complessità narrativa di Changeling, l'unico film di Clint che non ho amato,qui,in una unità di tempo e di luogo immediata,torna a colpire al cuore.Walt Kovalski è un uomo che confessa di non sapere come si fa il padre e che non comunica con figli e nipoti,ma entra in sintonia con un mondo fino a poco prima detestato. E'un razzista, ma è anche un uomo giusto e combattivo e difende Sue, la figlia dei vicini musi gialli,da una gang di afroamericani. La giovane gli fa varcare la soglia di un mondo, quello di casa sua, dove lui è capito e riesce a capire più che tra i suoi...diventa mentore del fratello di lei,Thao, un ragazzo senza coraggio e vessato dalla gang del cugino, e in un crescendo di empatia con questa nuova famiglia, per difendere Thao,in realtà Kovalski porta lo scontro con i giovani teppisti gialli ad un punto di non ritorno.
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Eastwood è tornato alla semplicità narrativa di Million Dollar Baby e fa centro. Dopo la complessità narrativa di Changeling, l'unico film di Clint che non ho amato,qui,in una unità di tempo e di luogo immediata,torna a colpire al cuore.Walt Kovalski è un uomo che confessa di non sapere come si fa il padre e che non comunica con figli e nipoti,ma entra in sintonia con un mondo fino a poco prima detestato. E'un razzista, ma è anche un uomo giusto e combattivo e difende Sue, la figlia dei vicini musi gialli,da una gang di afroamericani. La giovane gli fa varcare la soglia di un mondo, quello di casa sua, dove lui è capito e riesce a capire più che tra i suoi...diventa mentore del fratello di lei,Thao, un ragazzo senza coraggio e vessato dalla gang del cugino, e in un crescendo di empatia con questa nuova famiglia, per difendere Thao,in realtà Kovalski porta lo scontro con i giovani teppisti gialli ad un punto di non ritorno. Thao intanto ha imparato il coraggio di un uomo e vorrebbe vendicarsi dell'aggressione subita dalla dolce Sue, ma Walt che ha appena scoperto di avere una grave malattia, si sacrifica per lui che diventa l'erede di ciò che Kovalski amava di più: il suo cane e la sua auto Gran Torino. Eastwood racconta il tutto con una preziosa semplicità rendendo indimenticabile il suo personaggio che da chiuso e fortemente razzista si apre a sprazzi di sorrisi e golosità, quando si immerge in una cultura, quella della famiglia asiatica di etnia Hmong, tenuta in vita con grande rispetto delle proprie tradizioni. Kovalski con quel segno di pollice e indice a indicare la pistola come nei giochi dei bambini, con quel ringhiare come un cane quando viene irritato dall'invasione e prepotenza altrui,con quel rapportarsi con ironia da vero uomo con il suo barbiere,con la sua dipendenza dalle lattine di birra tenute al fresco e bevute in compagnia del suo golden retriver,con il suo bisogno di decoro ed ordine, con la sua idiosincrasia per la chiesa, con il ricordo della sua defunta ed amata moglie, la migliore donna al mondo, con il suo confessare solo 2 peccati in tutta una vita: un bacio ad un'altra donna da sposato e non avere pagato le tasse sulla vendita di un auto, è un uomo che conosce la vita e ha guardato in faccia la morte durante la guerra di Corea. Ed è un personaggio tra i più riusciti tra quelli diretti ed interpretati dal grande Clint Eastwood.
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ciccio capozzi
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lunedì 16 marzo 2009
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clint & dostoevskij 2
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(segue) Ma quali sono i valori di Clint? Parrebbe quelli tradizionali, soprattutto Patria e Famiglia. Ma sulla Patria ha fatto ben due film sulla Guerra ai Musi Gialli, in cui si è interrogato sulla retorica della vittoria (“Flags of Our Fathers”, 06), e di come questa possa essere usata in una forma manipolatrice; e con “Lettere da Jwo Jima” (06) ha addirittura posto al sua attenzione ai perdenti, con una comprensione della loro umanità. Addirittura i due film erano stati concepiti in un unico dittico. Sulla famiglia riflette che le vere aggregazioni si formano sulla base delle scelte e sull’amore costruito insieme: “Million dollar Baby” (04),nonché questo “Gran Torino” (08). Nel film Oscar dello 04 affronta, sempre in termini di grande compassione umana il tema spinosissimo dell’eutanasia; e nell’ultimo, il tema del sacrificio.
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(segue) Ma quali sono i valori di Clint? Parrebbe quelli tradizionali, soprattutto Patria e Famiglia. Ma sulla Patria ha fatto ben due film sulla Guerra ai Musi Gialli, in cui si è interrogato sulla retorica della vittoria (“Flags of Our Fathers”, 06), e di come questa possa essere usata in una forma manipolatrice; e con “Lettere da Jwo Jima” (06) ha addirittura posto al sua attenzione ai perdenti, con una comprensione della loro umanità. Addirittura i due film erano stati concepiti in un unico dittico. Sulla famiglia riflette che le vere aggregazioni si formano sulla base delle scelte e sull’amore costruito insieme: “Million dollar Baby” (04),nonché questo “Gran Torino” (08). Nel film Oscar dello 04 affronta, sempre in termini di grande compassione umana il tema spinosissimo dell’eutanasia; e nell’ultimo, il tema del sacrificio. C’è una grande polifonicità di temi e di approcci: ma la compassione sembra essere una cifra che lo coinvolge profondamente, intensamente. Tutto ciò mi fa pensare al sommo scrittore russo Fedor M. Dostoevskij (1821-1881). Anch’egli era considerato un destro, perché si era riavvicinato alla religione ortodossa, anche se in modi assolutamente liberi: si pensi solo al paradosso del “Grande Inquisitore”, per cui se Cristo ridiscendesse in terra, sarebbe boicottato dalle stesse autorità ecclesiastiche; e si era allontanato da quelle visioni anarchiche della sua gioventù, anche senza mai ripudiarle. Anzi, aveva affinato le tecniche della lettura sociale riportandole strettamente a quella individuale senza inutili, roboanti dichiarazioni ideologiche o di principio. Ma la caratteristica fondamentale del suo possente stile, di una linearità ottocentesca, non sperimentale, era quella di scandagliare con un’acutezza senza eguali nel profondo dell’abisso delle motivazioni individuali, le più complesse e anche le più spregevoli. Ma aveva un cuore pulsante la sua scrittura: la compassione. Essa vibrava con un’intensità che fa ancora oggi fa ammutolire il lettore contemporaneo. Per cui, all’interno della capacità di leggere ben oltre la banalità delle motivazioni addotte, quelle esteriori, che socialmente distinguono le classi di appartenenza, i ruoli coperti, il plauso che ne viene dall’accettazione sociale, essa ci svelava le anime, il loro complesso mistero. Ed è questo il miracolo del cinema del grande vecchio Clint , che si rinnova ogni volta in modi sempre, per lo spettatore, lietamente diversi.
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ciccio capozzi
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lunedì 16 marzo 2009
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clint & dostoevskij
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L’uscita dell’ultimo, bellissimo, film di Clint Eastwood, “Gran Torino” (Usa, 08), “impone” una qualche puntualizzazione di tipo complessivo e di metodologia interpretativa (ermeneutica), su questo grande vecchio, ma così giovane, del cinema. Nato nel 1930, è stato Premio Oscar per “Gli Spietati” e per “Million dollar baby”. Sappiamo tutti che, dopo un’oscura carriera tra cinema e tv americana, fu scoperto dal nostro Sergio Leone, che ne fece, con i western fatti in Italia, una star, che, professionalmente, umanamente, culturalmente, ecc., via via è cresciuto, fino a diventare un regista cui spetta lo statuto di autore. Non voglio entrare nel merito di suoi singoli film, quanto suggerire delle note sulle tematiche che lo caratterizzano.
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L’uscita dell’ultimo, bellissimo, film di Clint Eastwood, “Gran Torino” (Usa, 08), “impone” una qualche puntualizzazione di tipo complessivo e di metodologia interpretativa (ermeneutica), su questo grande vecchio, ma così giovane, del cinema. Nato nel 1930, è stato Premio Oscar per “Gli Spietati” e per “Million dollar baby”. Sappiamo tutti che, dopo un’oscura carriera tra cinema e tv americana, fu scoperto dal nostro Sergio Leone, che ne fece, con i western fatti in Italia, una star, che, professionalmente, umanamente, culturalmente, ecc., via via è cresciuto, fino a diventare un regista cui spetta lo statuto di autore. Non voglio entrare nel merito di suoi singoli film, quanto suggerire delle note sulle tematiche che lo caratterizzano. Esse sono numerose. O meglio: riflettono con una grande ricchezza di sfumature e di approfondimenti, su numerosi aspetti di una sola: il posto dell’individuo, con tutte le sue componenti e i suoi valori, nella società attuale, ma anche nella storia americana. Può sembrare un’ovvietà. Ma bisogna partire da alcuni punti. Il primo: Eastwood non è un Liberal: politicamente è un Red, cioè, al contrario del colore che da noi caratterizza i progressisti, un Conservatore. Non è uno di quei registi, intellettuali che si pongono con chiarezza intenti di “critica” alla società, sulla base di ricette politiche, più o meno sentite: posizioni che, sostanzialmente, già si pre-vedono, ancor prima di vedere il film, solo ascoltando le loro dichiarazioni. Premetto che ho simpatia per loro: ma spesso mettono in scena delle orge di déja vu. Secondo: sulla base di quanto detto, Eastw è proprio il masto del “politically incorrect”. Cioè, lui narra ed esprime suoi contenuti personali su coordinate e stili narrativi e tecnici molto tradizionali; ma non se frega nulla delle appartenenze. Discorre e affronta la realtà con una larghezza, un’autonomia di visioni, uno spirito spesso (molto spesso) controcorrente che, specie al “politicizzato” spettatore europeo, ma italiano in particolare, lasciano francamente interdetti. Noi siamo, crocio-togliattianamente, spinti a “catalogare” gli interventi in base alle appartenenze “gridate” prima; facciamo molta fatica a capire delle posizioni culturali che di distaccano dai recinti stabiliti; e che anzi sono nella sostanza molto più progressive, aperte e sperimentali di molte che vi stanno dentro. Dicevo prima di approccio crocio-togliattiano: intendo riferirmi alle valutazioni estetiche che si fondano quasi esclusivamente sulla nozione di “pura bellezza” alla base della filosofia, imperante nelle nostra cultura per molti decenni, di B.Croce. Poi imbellettate e riciclate in una visione politicamente ideologizzata e più mirata al confronto con la realtà, la storia, le problematiche sociali, da P.Togliatti, che oltre ad essere uno dei fondatori del PCI, era un intellettuale raffinato e coltissimo, e dal suo non trascurabile entourage (Alicata, Scoccimarra, Marchesi ecc.), grazie alla mediazione filosofica dell’allievo di Croce, G.Della Volpe. Questa estetica è stata alla base della cultura sedicente marxista in Italia dagli anni70, in maniera più o meno consapevole. Da qui nascono le ridicolmente rigide divisioni in cultura di serie a, quella che “non fa ridere” e/o d’élite, e quella serie b-z, “tutto il resto”. Non si concepisce che un autore come Eastwood, che appartiene al mainstream hollywoodiano, cioè che fa film che incassano, sia un Maestro.Ma quali sono i valori di Clint?(segue)
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