Mostra del Cinema di Venezia 2025 i film documentari
82. Mostra del Cinema di Venezia, il programma dei 34 film genere documentario. Venezia - 27 agosto/6 settembre 2025. Le recensioni, trame, listini, poster e trailer, ordinabili per:
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Il dietro le quinte della prima edizione del Newport Folk Festival (nel 1959), evento musicale ideale per chiunque volesse immergersi completamente nella musica folk e country. Recensione ❯
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La quinta puntata della serie di Rai Cultura Dai nostri inviati. La Rai racconta la Mostra del Cinema. Espandi ▽
Una nuova puntata, la quinta, della serie di Rai Cultura Dai nostri inviati. La Rai racconta la Mostra del Cinema, che narra gli anni dal 1990 al 2000. È la cronaca di quelle edizioni, cronologicamente ordinata: da Warren Beatty a Javier Bardem, da Guglielmo Biraghi ad Alberto Barbera, da Vincenzo Mollica a Mollica Vincenzo. Recensione ❯
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I diari di Angela - Noi due cineasti. Capitolo terzo chiude la trilogia iniziata nel 2018 con il Capitolo uno, e continuata nel 2019 con il Capitolo due. Espandi ▽
I diari di Angela - Noi due cineasti. Capitolo terzo chiude la trilogia iniziata nel 2018 con il Capitolo uno, e continuata nel 2019 con il Capitolo due. Yervant Gianikian sei anni dopo ha sentito il bisogno di riaprire i diari di Angela per la 82. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Nel nuovo film sono molti i personaggi che tornano, come nelle migliori narrazioni. I narratori sono Yervant Gianikian e Lucrezia Lerro, scrittrice che con sensibilità racconta il diario della malattia della protagonista Angela Ricci Lucchi. Recensione ❯
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Un documentario che narra la storia di Jihan Kikhia, una figlia che non ha quasi memoria di suo padre, Mansur Rashid Kikhia, un ex diplomatico libico e oppositore pacifico del regime di Mu'ammar Gheddafi, scomparso al Cairo nel 1993. Espandi ▽
Nel 1993, Mansur Rashid Kikhia, ex diplomatico libico e pacifico oppositore di Gheddafi, scomparve al Cairo. Sua figlia Jihan indaga sulla sua scomparsa, documentando al contempo i 19 anni di ricerca della verità della madre. Recensione ❯
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Ai margini dell'Europa, un clan di passeurs afgani attende nell'ombra per guidare migranti oltre un confine metallico, tra fuochi, spari e una notte senza fine. Espandi ▽
Non lontano da una foresta nel buio, c’è un muro di metallo che segna l’inizio del confine con l’Europa. In lontananza intanto rimbombano le voci di altoparlante che sottolinea il divieto di avvicinarsi alla recinzione e dei colpi di arma da fuoco. Si intravedono poi a distanza delle sagome umane dalle luci di una tenda e vicino a fuoco. La loro presenza si percepisce anche dalle loro voci e dalla musica e i notiziari di una radio. Sono contrabbandieri afgani che aspettano di traghettare delle persone dall’altro lato del confine. Waking Hours, letteralmente ‘ore di veglia’, mostra un limbo spaziale e temporale. Un luogo che apre appena qualche squarcio nell’immagine per rivelare presenze e dettagli e il tempo dell’attesa, quello dei contrabbandieri che stanno aspettando. L’impronta autoriale dei due cineasti è subito evidente, forse fin troppo esibita. Il lavoro fotografico e sonoro è sicuramente notevole, ma la condizione esistenziale emerge con la stessa scansione dei lampi nell’oscurità. Per questo il vissuto rischia di essere sommerso dal rigore formale. Recensione ❯
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John Boorman, Linda Blair, Louise Fletcher, Karyn Kusama, Mike Flanagan e altri riflettono sull'ambizione del film, sull'arte e sul mestiere, e sul valore delle grandi svolte creative. Espandi ▽
Dopo il successo di Point Blank e Un tranquillo weekend di paura, la Warner Bros offre a John Boorman l'opportunità di una vita... la possibilità di dirigere un sequel dell'Esorcista, film di enorme successo girato da William Friedkin nel 1973. Il risultato sarà uno dei più grandi disastri nella storia del cinema.
Un flop critico e finanziario che non solo cambierà il modo di fare le cose a Hollywood, ma per poco non segnerà la fine della carriera di John Boorman. Ma essere un artista significa saper correre rischi. Recensione ❯
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Ogni famiglia è infelice a modo suo, soprattutto quelle che si odiano perché costrette a vivere nella stessa palazzina di uno sperduto borgo calabrese, un piccolo agglomerato di abitazioni situate in cima a un colle che tutti chiamano il Cozzo. Espandi ▽
In una palazzina di uno sperduto borgo calabrese, due cognate si fanno da tempo la guerra. Da una parte c’è Luisa, circa 50 anni, che svolge spesso lavori precari. Ama i figli e la sua nipotina. Ma litiga spesso con la madre, il fratello e soprattutto la cognata Imma che è diventata il suo principale bersaglio quotidiano di una personale guerra contro il mondo. Sono affari di famiglia. Matarrese realizza una tragicommedia senza esclusione di colpi, ma anche amara dove le due cognate - che sono le sue due cugine Maria Luisa Magno e Imma Capalbo mentre la madre Carmela è una delle tre zie – danno vita a una rappresentazione dove il luogo della scena non è il palcoscenico ma una palazzina. Forse Il quieto vivere è la vera commedia all’italiana classica del regista e, anche se può essere involontario, casuale, probabilmente mai cercato, il riferimento immediato è Parenti serpenti di Mario Monicelli. La danza tra documentario e finzione può sembrare anche appositamente costruita così come la creazione simbolica del coro greco ma il film ha comunque il merito di non far avvertire il peso della sua impostazione. Recensione ❯
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Un doc che celebra Milo Manara, un protagonista della cultura italiana raccontandone l'opera, la vita e le passioni, e chiamando a festeggiarlo anche uno straordinario gruppo di sodali, colleghi, ammiratori. Espandi ▽
La carriera artistica del rivoluzionario fumettista - o, meglio, fumettaro - Milo Manara è raccontata attraverso le testimonianze di chi lo ha conosciuto e ha lavorato con lui: da Paolo Conte, a Vincenzo Mollica, passando per Cristina Tavera, Fumettibrutti e arrivare infine alla cantante pop Elodie, grande fan dell'autore. Alla narrazione partecipa in prima persona anche lo stesso Manara, intento a ripercorrere con garbo e ironia la propria storia: le prime tavole negli anni Sessanta, la collaborazione con Hugo Pratt e Federico Fellini, il successo dei racconti erotici in Francia; le controversie e gli apprezzamenti.
Valentina Zanella firma un documentario che porta sullo schermo il percorso artistico di Milo Manara, un omaggio tradizionale e riuscito all'universo narrativo dell'autore. Si tratta di un documentario accattivante e divulgativo, capace di ricostruire l'articolato percorso artistico di uno dei maggiori fumettisti italiani e internazionali. Recensione ❯
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Una storia personale per raccontare una pagina della Storia italiana. Espandi ▽
Toni Negri è stato un pensatore di fama mondiale. Anna Negri, sua figlia, è una regista che ha faticato molto per emanciparsi dal suo cognome. Perché quando aveva 14 anni, suo padre, allora professore di Scienze Politiche all'università di Padova e tra i leader del movimento di contestazione degli anni '70, fu arrestato. L'accusa, da cui poi sarà prosciolto, era gravissima: essere il capo occulto del terrorismo italiano.
Il racconto intimo di un trauma personale, familiare, generazionale e storico. Non senza contraddittorio: la forza del film sta proprio nel suo approccio mai agiografico ma dialettico, nel continuo scambio di punti di vista, di opinioni anche politiche, di emotività. Sfilano sullo schermo una serie di litigi, confronti - generazionali, oltre che privati - anche aspri, continui tentativi di boicottaggio del film stesso.
Padre e figlia allo specchio, nelle mancanze dell'uno e nel dolore dell'altra, nella difficoltà e nell'impegno di comprendersi, nel loro parlare due linguaggi diversi («Lui quello della politica, io quello degli affetti»). Recensione ❯
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Struggente riflessione sulla memoria dei luoghi e sulle implicazioni più granulari e domestiche
della diaspora iraniana. Documentario, Iran, Norvegia, Italia2025. Durata 80 Minuti.
Passato e presente si mescolano nel racconto di una ragazza fuggita dall'Iran. Espandi ▽
Dagli Stati Uniti Maryam fa installare delle telecamere nella casa dove è cresciuta, in Iran, e dove ora vivono i suoi genitori. È un modo per star loro vicina, e per tenerli d'occhio nelle difficoltà della vecchiaia. La donna aveva dovuto infatti lasciare il paese natale da giovane, in seguito alla rivoluzione islamica del 1979. Da allora non ha più fatto ritorno, e le immagini digitali e sezionate dell'abitazione sono l'unico punto di contatto con la propria storia familiare. Un legame flebile, soggetto non soltanto agli umori e alla salute dei genitori ma anche ai tumultuosi eventi esterni.
Struggente riflessione sulla memoria dei luoghi e sulle implicazioni più granulari e domestiche della diaspora iraniana, questo particolare ibrido di tecniche documentaristiche ed elementi di finzione è in linea con la grande vitalità e capacità inventiva del cinema iraniano, alla cui tradizione aggiunge una chiave formale inedita. Recensione ❯
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Mirela, 40enne bosniaca a Rimini, torna a Sarajevo e al Dom Bjelave: qui, tra amici d'infanzia, affronta il passato segnato dalla guerra. Espandi ▽
Mirela, quarantenne bosniaca, vive a Rimini con il compagno e i due figli. Spinta da un passato irrisolto, torna a Sarajevo, dove ha vissuto fino all'età di dieci anni all'orfanotrofio Dom Bjelave. Evacuata su un convoglio umanitario allo scoppio della guerra, ritrova ora gli amici d'infanzia. A 30 anni esatti dall’Accordo di Dayton per la pace in Bosnia ed Erzegovina, il documentario racconta la difficoltà della rielaborazione delle ferite della guerra. C’è un senso perenne di struggente malinconia in Dom di Massimiliano Battistella che sceglie di racchiudere in uno spazio, ancora più delimitato e in qualche modo chiuso, quello del formato 4:3, la storia di Mirela, trapiantata in Italia a 10 anni per salvarla, insieme ad altri 66 bambini, dal conflitto in atto a Sarajevo nel 1992. «Perché sono andata via, perché non ho potuto decidere io?» si chiede nel film che non può dare delle risposte se non mostrare, attraverso una storia apparentemente particolare, oltretutto di tanti anni fa, l’estrema attualità universale dell’orrore della guerra che, se non ti uccide subito, crea ferite, anche psicologiche, che possono durare tutta la vita. Recensione ❯
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A Santa Cecilia, due agnelli diventano il cuore di un antico rito: dalla loro lana il pallio papale, mentre nell'Anno Santo il Papa si ammala. Espandi ▽
Si segue il percorso compiuto da due agnelli che non debbono essere sacrificati, come accadeva nei riti dell'Antico testamento, ma, molto più semplicemente, accuditi per essere poi tosati. La loro lana servirà per tessere uno dei paramenti più simbolici ed antichi nella Chiesa Cattolica. Ad occuparsene sono le suore di clausura del convento romano di Santa Cecilia in Trastevere.
Il processo di preparazione dei pallio diviene occasione per assumere i tempi e i ritmi delle suore che li tessono e li cuciono.
Chi vuole abbandonare i ritmi frenetici della contemporaneità per lasciarsi andare ad un fluire diverso del tempo trova qui un'ottima possibilità di farlo grazie ad immagini che ci propongono una scelta di vita molto diversa dal consueto. Recensione ❯
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