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C'era una volta il Western. O meglio, in tv c'è ancora e risplende

Parte prima - Come mai un genere le cui stagioni d’oro sono sorpassate da decenni ha tanta visibilità sul piccolo schermo? 
di Pino Farinotti

martedì 9 aprile 2024 - Focus

C’era una volta il western è un titolo che ricorre nei network. Ricorre e come, perché se usi il telecomando esplorando i canali, un film sulla frontiera non c’è dubbio che lo incontri. Tutti i giorni a tutte le ore. La domanda è: come mai un genere le cui stagioni d’oro sono sorpassate da decenni ha tanta visibilità sul piccolo schermo?

Ritengo che quei titoli non siano solo dei riempitivi, credo che portino gradimento e numeri, altrimenti non avrebbero senso. Chi organizza i palinsesti certo possiede dei dati sui quali si muove. Posso tentare un’interpretazione. Il genere è completo e felice: gli scenari magnifici, le pianure le montagne e i fiumi, l’avventura pura, l’appeal “identificativo” dei modelli. I cattivi che hanno la peggio sempre dunque giustizia è fatta. La presenza degli indiani, prima nemici crudeli poi, secondo evoluzione voluta dai tempi, oppressi e buoni.

E poi, soprattutto, qualcuno che in questa epoca è scomparso, ma che fa sempre parte del nostro desiderio recondito, l’eroe

Non possiedo i dati ufficiali del gradimento, non vengono divulgati, devo dunque stare alla mia esperienza – per anni ho organizzato palinsesti di film su diversi network- e alle mie conoscenze personali, a cominciare dai miei studenti e dagli amici dei miei figli. Pochissimi seguono i canali televisivi tradizionali, il loro strumento è quasi sempre il display del computer e il loro interesse è sulle serie anglosassoni, sulle quali, a volte, anch’io mi sono fermato, rilevando qualità generale, vicende che propongono, spettacolarizzandole, i fatti della cronaca, della storia, degli scandali, della politica, insomma delle tante realtà della nostra epoca. Dove un denominatore è certo la violenza.   

La proposta televisiva del western, dovendo coprire ore e ore accorpa tutto, senza fare distinzioni di categorie.

I contenitori più “assidui” sono Iris e Rai Movie, ma anche emittenti major come le reti Mediaset spesso ricorrono a quei film.  Prevalgono due cicli importanti, su John Wayne e Clint Eastwood e naturalmente ci può stare, sono due giganti, due sicurezze.

Non mancano i classici accreditati, storici, le opere di autori come John Ford (Sentieri selvaggi, Ombre rosse), Howard Hawks (Un dollaro d’onore, Il grande cielo), Anthony Mann (Là dove scende il fiume, Winchester ’73), John Sturges (I magnifici sette, Sfida all’O.K Corral), George Stevens (Shane, Il gigante), Raoul Walsh (Custer, Tamburi lontani). Citando solo alcuni dei maestri. E chi c’era su quei set? C’erano Gary Cooper, John Wayne, James Stewart, Burt Lancaster, Errol Flynn, Alan Ladd, Kirk Douglas, Yul Brynner. Che meraviglia.   

Tutti questi sono nomi che anche buona parte dei giovani conoscono. Ma il western ne coinvolge altri, come: Fier Parker, Dale Robertson, Rory Calhoun, Rod Cameron, George Montgomery, Ben Johnson, John Russell. Alzi la mano chi li conosce. Erano presenti nelle centinaia di titoli che Hollywood dedicò a quel genere perfettamente americano. Le major presentavano registri accreditati e sicuri. Difficilmente le loro produzioni erano del tutto banali.

Ho detto Clint Eastwood che significa, in automatico, Sergio Leone. Sappiamo tutti che ha reinventato il genere: film potenti, “diversi”, apprezzati dovunque. Ma c’è un rovescio della medaglia: Leone ha generato una serie infinita di “spaghetti”, quasi tutti figli spuri. Anche se fra i tanti titoli, qualcuno si faceva apprezzare. Alludo ai film con Terence Hill e Bud Spencer, a Giuliano Gemma quando era Ringo, soprattutto a Franco Nero protagonista del leggendario Django, che ha ispirato Quentin Tarantino, nientemeno.

Ecco, tutta questa massa eterogenea ci arriva, come scritto sopra “tutti i giorni a tutte le ore”. Ho cercato, secondo la mia conoscenza, di scovare una logica di palinsesto. A una certa ora ti viene proposto Il cavaliere della valle solitaria, titolo monumento, a seguire Il mio nome è scopone e faccio sempre cappotto. Su un’alta emittente ecco Mezzogiorno di fuoco, altro capolavoro, che precede C’è Sartana, vendi la pistola e comprati la bara. Non è davvero facile trovare una logica. Posso tentare: il contrasto di qualità, ma mi sembrerebbe una strategia… astratta. Forse i programmatori si limitano a… lanciare i dadi. Comunque: nonostante le difformità, lo strabismo della proposta e le alternanze… meno male che il western c’è

Fra i nomi fatti ne mancano due che contano. Uno è Randolph Scott che in 130 film ha impugnato la colt e non ha mai cambiato espressione del viso. L’altro è Audie Murphy. E qui la narrazione è diversa. Non è stato uno che faceva i western, è stato un eroe della storia americana. Il soldato più decorato della seconda guerra mondiale.
Merita un racconto.  

...continua...   


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