Una bellezza non convenzionale e un approccio eclettico alla recitazione: l'attrice buca lo schermo in Cane che abbaia non morde. Su MYmovies ONE.
di Emanuele Sacchi
Originale a ogni costo, come modella prima e come attrice poi. Una bellezza non convenzionale e un approccio eclettico alla recitazione, in cui ama nascondersi nei personaggi, mascherare la propria allure e assecondare il regista anche nelle richieste più bizzarre.
Per molti cinefili occidentali quello di Bae Doona - nata a Seoul 44 anni fa – è stato il volto femminile attraverso cui sono entrati in contatto con il cinema sudcoreano. Figlia d’arte – la madre recitava a teatro – sostiene di aver appreso poco in termini di tecnica dalla famiglia: “Mi è stato detto che per recitare devi aprire il tuo cuore, ma non mi è stato detto niente su come farlo. Quando ho chiesto qualcosa a mia madre si è sempre rifiutata di rispondermi. L’unico consiglio che mi ha dato è: «se vuoi essere una buona attrice non devi temere le scene di nudo» e questo mi ha aiutato a essere più disinvolta di fronte a certi ruoli”.
Sono di Bae Doona, infatti, alcuni dei ruoli più audaci del cinema dell’Estremo oriente degli ultimi decenni: la bambola gonfiabile che diviene carne di Air Doll (2009), ad esempio, uno dei film più inconsueti e dimenticati di Hirokazu Kore-eda, prima della beatificazione da parte dei festival occidentali.
Ma già da prima Bae era sotto il radar dei cinefili più attenti, quantomeno a partire dal ruolo intenso della attivista politica e compagna del rapitore, nel viaggio nella profonda disperazione di Mr Vendetta (2002) di Park Chan-wook. Ma prima di tutto e di tutti arriva Bong Joon-ho, il regista che porterà il cinema sudcoreano all’Oscar con Parasite (guarda la video recensione).
È il 2000 quando Bong, per il suo primo lungometraggio, Cane che abbaia non morde, sceglie Bae Doona, essenzialmente perché è l’unica attrice e modella coreana che accetta di recitare struccata. Non se ne pentirà. La presenza di Bae è fondamentale per imprimere al film un marchio inconfondibile, una cifra di eccentricità e di tenerezza, di incrollabile ottimismo di fronte a un mondo in frantumi. La ragazza che affigge poster nel condominio del disagio, e sogna di diventare famosa in un drama televisivo, buca lo schermo e conquista con la sua disarmante sincerità.
È il ruolo che segnerà la carriera di Bae, convincendola definitivamente a intraprendere la carriera di attrice professionista e forse condizionando i registi che spesso le proporranno ruoli affini. Anche perché il lavoro di modella le è precluso: dopo il ruolo in Cane che abbaia non morde è percepita come “troppo brutta” per poter proseguire sulle passerelle. Il rapporto tra glamour sudcoreano e dittatura dell’estetica, con derive anche tragiche (i molti suicidi giovanili, il record di ricorsi alla chirurgia plastica in giovane età), è complesso e impossibile da liquidare in poche righe, ma quanto occorso a Bae lo sintetizza in maniera esemplare.
L’attrice sceglie di immergersi completamente nel mondo della settima arte, e nel giro di qualche anno cominciano ad arrivare proposte da produzioni internazionali: Giappone prima e Stati Uniti in seguito.
Bae può così giocare sull’effetto di spaesamento all’interno di una comunità, una delle sue cifre più tipiche: impossibile, in questo senso, non ricordare almeno la stralunata cantante punk del delizioso cult giapponese Linda Linda Linda (2005), così come il lavoro per le sorelle Wachowski in Cloud Atlas (2012), Jupiter – Il destino dell’universo (2015) e nella serie Sense8. Al contempo ingenua e tormentata, spesso dà il suo meglio nel ruolo di detective: uno dei suoi vertici recitativi è A Girl at My Door (2014), nei panni di una poliziotta che racchiude dentro di sé un vulcano di emozioni contraddittorie, ma sa relazionarsi a un caso scabroso.
Negli ultimi anni ha rarefatto le sue interpretazioni, ma è tornata a lavorare con Kore-eda in Broker (2021), nuovamente nella veste di una detective dal “volto umano”, incline a comprendere e perdonare più che a punire. Chissà che non torni a lavorare con Bong prima o poi, là dove tutto ha avuto inizio.