Titolo originale | Dohee-ya |
Anno | 2014 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 119 minuti |
Regia di | July Jung |
Attori | Doona Bae, Hie-jin Jang, Sae Ron Kim, Seong-kun Mun, Sae-Byeok Song . |
Distribuzione | Fil Rouge Media |
MYmonetro | 2,75 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 15 aprile 2020
Trasferito in una piccola città, il capo della polizia Young-nam incontra la giovane Dohee e i due si aiutano a vicenda a guarire. Ha vinto un premio ai Asian Film Awards, Il film è stato premiato al Florence Korea,
CONSIGLIATO SÌ
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La poliziotta Young-nam viene trasferita da Seoul alla stazione di una provincia remota. In paese ci sono solo anziani, pescatori e Jong-ha, un balordo che fa il bello e il cattivo tempo. Jong-ha ha una figlia, la piccola Dee-ho, solitaria e misteriosa, che picchia ogni volta che rincasa ubriaco. Finché non interviene Young-nam in difesa della ragazzina.
Se il circuito dei principali festival cinematografici europei è caratterizzato spesso da racconti di crisi, di disagio, di violenza e abusi domestici, che dividano e facciano discutere, ancor più questo discorso vale per il cinema d'autore della Corea del Sud, dopo che l'apripista Kim Ki-duk ha scioccato le platee con L'isola e in seguito ha continuamente alzato l'asticella del filmabile. Una connotazione che rappresenta anche un limite, un'etichetta forse ingombrante, che accompagna l'opera prima di July Jung, ma che le ha permesso di guadagnare immediatamente uno spazio nel circuito dei festival, agevolato dalla presenza di due volti noti presso il pubblico cinéphile come quello di Bae Doo-na (The Host, Cloud Atlas) e della piccola Kim Sae-ron (A Brand New Life), bambina-prodigio abbonata a ruoli di infanzia difficile e ora divenuta teenager. July Jung apre il suo racconto esplorando, dal punto di vista dell'auto della polizia che arriva in paese (quasi come il taxi di Travis Bickle in Taxi Driver, un luogo da cui osservare, giudicare e prepararsi a intervenire), una realtà di provincia e i suoi segreti: grazie a pochi ed emblematici scorci di dialogo e inquadrature accorte è possibile comprendere lo scontro, la collisione silenziosa che avverrà tra Young-nam, con i suoi misteri, e gli altrettanto inconfessabili segreti del paese.
Dove le storture ataviche di una società in cui la piaga del sessismo o dell'omofobia sono tuttora presenti e prevalenti, insieme agli eccessi di un padre-padrone convinto di poter piegare la legge a proprio favore. La regista riesce a convogliare temi sociali di attualità (lo sfruttamento degli immigrati clandestini) senza che il messaggio prevalga mai sulla narrazione o sulla messa in scena, facendo sì che diventi un corpo unico e la denuncia agisca sotto pelle.
Una capacità di padroneggiare la materia degna di un veterano, almeno fino all'epilogo, con i consueti (per il cinema sudcoreano) ed eccessivi ribaltamenti e colpi di scena che finiscono per mescolare eccessivamente le carte. La voglia di confondere i confini tra giusto e sbagliato e rivelare le debolezze e la malizia insita in ogni personaggio finisce per nuocere alla linearità di un esordio che resta, comunque, chiaro indicatore di un talento (ancora una volta femminile, come la Shin Su-won di Pluto) destinato a crescere.
A seguito di un trasferimento l'ufficiale di polizia Young-nam arriva in un piccolo centro dalla vita tranquilla nel quale una famiglia sembra fare da collettore a tutti i problemi. La nonna ubriacona, il padre arrogante e manesco e una figlia quasi adolescente maltrattata a scuola e a casa sono le principali preoccupazioni della polizia. Young-nam è una donna di città dotata di una determinazione che non si sposa bene con l'atteggiamento più tranquillo di campagna e prende molto a cuore le sorti della ragazza maltrattata, accogliendola a casa con sè, cosa che porterà ad esporre troppo i suoi lati meno facili da accettare per le comunità di provincia.
L'opera prima di July Jung arriva con l'importante produzione di Lee Chang-dong alle spalle tuttavia impressiona ben poco. La storia di provincia dura che si scontra con quelle libertà concesse solo nelle metropoli è mescolata ad una (ben più interessante) trama che vorrebbe procedere verso l'ingarbuglio invece che verso la chiarezza. In questo modo il rischio in cui casca in pieno il film è quello di non centrare l'equilibrio tra suggestione e dichiarazione, lasciando lo spettatore più con un senso di disinteresse riguardo ai personaggi che con una visione complessa di eventi che non saranno mai chiarissimi per nessuno.
L'idea di non mettere i buoni dove tradizionalmente li posizioneremmo è più che stimabile ma la sceneggiatura sembra lavorare sodo per rendere antipatici i personaggi o per accumulare nel padre violento tutto il male e il fastidio, flagellando così un film lontano anni luce da quella leggerezza che la partecipazione produttiva di Lee Chang-dong lascerebbe sperare.
Si comprende molto bene come July Jung voglia creare una protagonista non esente da difetti ma contro la quale una società ancor più spietata si accanisce attraverso associazioni e supposizioni che provengono più dal pregiudizio che dalla realtà dei fatti, ma purtroppo quest'istanza nel film non riesce mai a sposarsi con il vero intreccio della storia (quello riguardante le violenze e i piccoli crimini che si consumano) nè è aiutata dall'interpretazione molto fuori tono di Doona Bae.