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Trieste Film Festival, le ‘identità plurali’ dell’Europa in streaming su MYmovies

Giovani registe, grandi conferme e prospettive oniriche. Il meglio della produzione europea centro-orientale arriva online dal 26 gennaio.
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di Tommaso Tocci

mercoledì 12 gennaio 2022 - mymoviesone

Sono le “identità plurali” dell’Europa, specialmente quella centro-orientale, a determinare il focus della nuova edizione del Trieste Film Festival, giunto all’edizione numero trentatré. Dal 26 al 30 gennaio la ricca programmazione dell’evento friulano, con i suoi lungometraggi, i corti e i documentari, sarà disponibile anche online sulla piattaforma streaming di MYmovies. Addentrandosi nel programma, si possono scoprire il concorso principale, quello dei documentari e la sezione speciale Fuori dagli schermi che raccoglie le proposte più inconsuete.

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CONCORSO - Le giovani donne

Centrale tra i tanti film selezionati in concorso è la prospettiva delle giovani donne, spesso adolescenti, nel complesso panorama dei paesi slavi e dell’Europa dell’est, anche attraverso le epoche. Emblematico è un esordio come The Hill Where Lionesses Roar, della regista appena ventenne Luàna Bajrami (la si ricorda in veste di attrice come terza e discreta presenza nel fenomenale Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma), ambientato nel Kosovo di cui è originaria e dotato di una visione intrigante sul rapporto tra tre amiche in contrasto con l’ambiente in cui sono nate. Due sono le amiche protagoniste del macedone Sisterhood di Dina Duma, interessante opera prima sul tema del bullismo, mentre sola è la giovane Julija nel croato Murina, vincitore della prestigiosa Caméra d'Or a Cannes: una protagonista divisa tra un padre opprimente e le tentazioni di una nuova influenza. 

Di nuovo Kosovo e di nuovo conflitto generazionale in Looking for Venera di Norika Sefa, in cui due ragazze scoprono una reciproca attrazione nell’assenza di modelli familiari in cui identificarsi. C’è poi la regista Juja Dobrachkous che si era fatta notare a inizio dell’anno scorso al festival di Rotterdam con il notevole Bebia, à mon seul désir: storia di un ritorno, con una modella che si ritrova nella natia Georgia per il funerale della nonna e la cui famiglia le chiede di prestarsi a uno strano rituale. Degna chiusura per Women do cry delle esplosive registe bulgare Mina Mileva e Vesela Kazakova (autrici di Cat in the wall un paio d’anni fa), satira politica sul paese e sulla società tutta, che eleva il discorso di genere attraverso il prisma di un’intera famiglia di donne.


CONCORSO - Confini e culture 

La prospettiva femminile si estende anche ai complessi discorsi politici, come in Darkling in cui Dušan Mili? adotta lo sguardo di una bambina e i codici dell’horror psicologico per radicare la storia nella realtà della popolazione serba in Kosovo. Potente rilettura è anche quella a opera di Stefan Arsenijevi? in As far as I can walk, stavolta tracciando un parallelo tra l’epica nazionale serba e la realtà più contemporanea dei migranti che arrivano nel paese.

Doveroso poi chiudere con un nome importante come quello di Radu Muntean, regista rumeno che torna dietro la macchina da presa con Întregalde, presentato all’ultimo Festival di Cannes: è la storia di un gruppo di amici in missione di volontariato nella parte più remota del paese, rimasti però subito bloccati nella foresta e messi in crisi dall’incontro con un anziano del luogo in difficoltà.


FUORI DAGLI SCHERMI

Gli spettatori più avventurosi sanno dove dirigersi all’interno del programma del Trieste Film Festival, e il punto di partenza suggerito è il cinema onirico di Hilal Baydarov, costantemente sospeso tra leggenda e realtà, simbolismo e umanità. Cantore d’eccezione del suo paese, l’Azerbaijan, Baydarov è subito tornato al lavoro con Crane Lantern dopo aver riscosso un buon successo a Venezia nel 2020 con il suo In between dying, e il nuovo film non fa che confermare quanto di buono ci sia nel suo approccio autoriale unico. 

Altrettanto notevole è la presenza in selezione di Forest - I See You Everywhere, criptica raccolta di storie tutte accomunate dalla prossimità crepuscolare proveniente dall’Ungheria grazie al regista Bence Fliegauf. E poi la prospettiva “altra” sul problema di scrivere di sé e della propria infanzia in una lingua e in un contesto culturale diverso, tra la Bielorussia e la Francia, nel bel film Our Quiet Place della regista bulgara Elitza Gueorguieva.

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