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E se Tarantino rigirasse Notorious? Che remake! da storia del cinema

«Caro Quentin, ti chiedo di gestire il tuo grande talento, di contenerlo applicandoti a un film di Hitchcock». Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

martedì 24 settembre 2019 - Focus

Qualche anno fa, a Venezia per la mostra, ero all'Excelsior con mia moglie e mi sentii chiamare dal mio amico Franco Nero che mi disse: "Ho un appuntamento con Quentin, vieni che te lo presento". Nero e Tarantino sono molto amici, il regista, è notorio, gli ha dedicato un film, Django Unchained. Quentin era seduto a un tavolino, da solo, e parlava muovendo le mani. Pensai che stesse parlando al cellulare, ma no, parlava da solo. Nero gli disse chi ero. Saluti, normali sorrisi.
Parlò mia moglie:
- "Can I please have your autograph, for my daughter?".
- "Yes, not for you?"
- "Yes, also for me."
Fece la dedica a Daniela poi disse:
- "I see that your husband doesn't seem interested, I perceive he does not like me."

Franco gli disse che sbagliava, che, come tutti, ero un suo grande ammiratore. Confermai: apprezzavo il talento, la genialità eccetera. Tutte cose che pensavo, e che penso, salvo qualche distinguo. Ho sempre scritto che Tarantino è un superdotato ma potrebbe spendere meglio la sua vocazione. I suoi film si disperdono durante il racconto con citazioni cinefile, eccessi di parole, e concessioni alle sue attitudini personali e sono una strepitosa, colorata, preziosa confezione spesso a scapito dei contenuti. Il diagramma del racconto non presenta una parabola continua rispetto alla logica drammaturgica, è un susseguirsi di picchi. Quest'ultimo è un concetto critico che farebbe sorridere Tarantino, che ha le sue regole di anarchia che trasgrediscono il diagramma detto sopra. È il suo codice radicato e mai tradito. Ed è il suo grande successo. Ha ragione lui. È un legislatore, ferma restando la sua superdotazione, comune a pochissimi altri. Fra questi i Coen, Anderson, Luhrmann e da noi, un paio di livelli sotto, un Sorrentino.

C'era una volta... a Hollywood è un collage di episodi e ciascuno vive di tempo e di luce propri: potrebbero essere distribuiti in diversi spazi del racconto senza scardinare l'insieme. Ripeto, è la forza di Tarantino.
Pino Farinotti

Per due volte inquadra il cruscotto di due spider d'epoca, ci si sofferma a lungo, col sostegno di una rapinosa musica rock. E stai lì a guardarlo. Quentin ha fatto cinema con un cruscotto. Roba... per nessun'altro. Il cinefilo radicale, magari un po' maniaco, che entrasse all'inizio del primo spettacolo, alle ore 15, potrebbe non uscire più fino alla fine delle proiezioni, intorno all'una. Alludo alle citazioni. Tarantino non fa sconti, non c'è soluzione di continuità. Ogni inquadratura, in primo, secondo o terzo piano, contiene un manifesto, una locandina, una memoria verbale. Le righe che seguono ne descrivono alcune, ma sono molte di più.

Margot Robbie, l'attrice che fa Sharon Tate entra in una libreria, in primo piano ecco il falcone maltese, citazione del film di John Huston. Poi ordina il libro "Tess dei d'Urberville" che ispirerà il film Tess al marito Roman Polanski. Passano i manifesti della Furia umana, classico di Raoul Walsh, del Gigante di Stevens, Romeo e Giulietta di Zeffirelli, Tora tora tora, Fanny Girl, The Golden Stallion, col mitico Roy Rogers, Rosemary's Baby. E poi le serie: La grande vallata, Bonanza, Batman e Robin, F.B.I.. Ripeto, sono solo una parte.


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