Presentato in Piazza Grande al Locarno Festival, Ethan Hawke ci porta nel mondo di Blaze Foley.
di Emanuele Sacchi
La breve vita di Blaze Foley, sconosciuto cantautore country-folk, scorre su tre piani temporali: il ricordo della sua storia d'amore con Sybil, la sua ultima sera, in cui suona ubriaco in un locale, e una trasmissione radiofonica, in cui l'amico Townes Van Zandt rende noto al mondo il talento di Blaze.
Inutile cercare ordine e rigore nel cinema di Ethan Hawke. Regista per caso o quasi, sul punto di abbandonare dopo l'insuccesso di L'amore giovane (in concorso a Venezia e poi mai distribuito in Italia), Hawke ha ritrovato la vena con un documentario su un musicista (Seymour: An Introduction).
Da un pianista ottuagenario alla finzione su un country rocker morto troppo presto il balzo è consistente e la posta in gioco elevata. Ma al centro c'è ancora una volta l'artista, impossibilitato a intraprendere altro, ma impegnato a coesistere con una realtà che sfugge alla sua comprensione. Un disagio esistenziale che per Blaze ha radici profonde, incarnate da una figura paterna silenziosa e inerme.