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Rassegna milanese della Sormani

Arriva lo Sherlock Holmes di Wilder.

In foto una scena del film La vita privata di Sherlock Holmes di Billy Wilder.

martedì 8 luglio 2014 - News

Il titolo della rassegna: "Il libro che visse due volte-La letteratura al cinema". Dopo "Il Grande Gatsby" di Fitzgerald&Luhrmann e il "Giulio Cesare" di Shakespeare&Mankiewicz, giovedì 10 luglio, ore 21,30, la biblioteca Sormani (Corso di Porta Vittoria 6, Milano) presenta La vita privata di Sherlock Holmes di Billy Wilder. Non si tratta di un romanzo di sir Arthur Cocan Doyle, ma di una rilettura, un'invenzione del regista. A raccontare è, come sempre il braccio destro di Holmes, il dr. Watson, che all'inizio informa che, dopo aver scritto oltre sessanta avventure del detective, a molti anni dalla morte, rivelerà aspetti privati sconosciuti, imbarazzanti, magari scandalosi.
Il film è "alla Wilder", dunque qualità altissima. Rilevante l'aspetto autoriale, chiamiamolo così: uno scrittore britannico, legislatore, inventore (del genere giallo, appunto) visitato da uno dei maggiori maestri del cinema del mondo. I loro "pesi" si equivalgono. Normalmente il romanziere prevale sul cineasta che ha affrontato il libro, ma l'interpretazione di Wilder, con tutte le sue licenze a contaminazioni, si fa accettare. Ci sono momenti, nel film, da antologia. Interessanti le culture "a confronto" fra i due autori. Conan Doyle (1859-1930) era uno scozzese cattolico con padre inglese e madre irlandese. Un insieme davvero potente, decisivo nell'educazione dello scrittore. Scrisse moltissimo e di molti argomenti, cercando di non farsi identificare solo col detective, che finì per odiare perché era diventato più polare di lui. Diceva: "tutti sanno chi è Holmes, pochi sanno chi è Doyle". Wilder (1906- 2002) era nato, da famiglia ebraica, in Galizia, di lingua tedesca, che faceva parte allora dell'impero austroungarico. Era cresciuto nella cultura di Weimar, uno dei momenti più intensi e decisivi della cultura del novecento. Nel 1933, con l'avvento di Hitler fuggì, letteralmente, a Parigi e subito dopo negli Stati Uniti: sua madre, il patrigno e la nonna materna furono internati e morirono ad Auschwitz. La sua cultura "tedesca", combinata con quella hollywoodiana, divenne una chimica strepitosa. Da quella "combinazione" nacquero alcuni dei film senza i quali il cinema avrebbe un'altra storia. In più Wilder possedeva un umorismo, certo poco tedesco, che gli permise di tradurre argomenti importanti, profondi, facendo sorridere. La vita privata di Sherlock Holmes si inserisce alla perfezione in questa qualità generale.

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