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Gassman: dieci anni senza di lui

L'eroe della commedia all'italiana.
di Pino Farinotti

29 giugno 2000
Vittorio Gassman 1 settembre 1922, Genova (Italia) - 29 Giugno 2000, Roma (Italia).

martedì 29 giugno 2010 - Focus

29 giugno 2000
V ittorio Gassman non c'è più, sono dieci anni esattamente oggi 29 giugno. È uno di quegli eroi dei quali si dice, quando se ne vanno, "e adesso cosa faremo?". Ricordo il funerale di Vittorio, certo importante, ma non evento che fermò la nazione come quello di Alberto Sordi nel 2002. Una spiegazione ci sarebbe, Alberto, si sa, era l'"italiano", era uno de noi, dunque grande identificazione col personaggio, più che identificazione col talento e col prestigio. Gassman in gioventù è stato cavaliere misterioso (film omonimo), è stato vilain in Riso amaro e seduttore perverso di Audrey Hepburn-Natasha in Guerra e pace. Nel frattempo, in teatro era Amleto, a detta di molti il migliore Amleto italiano, era Otello, Adelchi, nel suo sconfinato repertorio classico, ed è stato il miglior Stanley Kowalski (Un tram chiamato desiderio) del nostro teatro. Diciamo che Sordi non avrebbe mai potuto fare Kowalski (lo aveva fatto Brando, lui sì) e neppure Amleto, mentre Gassman ha potuto fare benissimo l'italiano alla Sordi. Nel Sorpasso, di Dino Risi, l'attore genovese dava corpo e volto a Bruno Cortona, comico-tragico, l'italiano che vive di espedienti, squattrinato e cinico, non cattivo, con un suo fascino, pronto a buttarsi tutto dietro le spalle, al volante della sua Aurelia supercompressa. Un ruolo perfetto, un Gassman perfetto.

Parentesi
Negli anni cinquanta Vittorio visse la sua parentesi hollywoodiana. Era bello, aitante, internazionale ma era un modello complesso, non era l'amoroso o l'eroe senza macchia secondo i canoni di quel cinema, non era un Rock Hudson o un Burt Lancaster, così gli attribuirono ruoli diversi e impropri. Una volta era un torero che amava la Pierangeli, un'altra volta un violinista innamorato di Liz Taylor. Oppure il nobile toscano che accoglie a Siena la bella turista inglese Diana Dors. A posteriori, piccoli paradossi, con anomalie stravaganti, come quella di farlo doppiare.

Peppe
È Mario Monicelli, nel 1958, a intuire, e davvero non si sa come, il talento comico dell'attore. Lo convince a interpretare Peppe, il pugile suonato che fa parte di quel gruppetto di disperati romani che tentano una rapina ne I soliti ignoti. Da quel momento Gassman sarà l'eroe della nostra commedia, che aveva raccolto il testimone d'oro del realismo. Un cinema leader nel mondo.
Il più grande attore drammatico italiano era anche il più grande attore comico. Lasciando a Totò lo spazio che è solo suo. E poi, naturalmente la televisione, anche quella da eroe, da primatista, da mattatore, termine che appartiene solo a lui.
Gli ultimi anni di Gassman sono stati tristi, è notorio, la depressione, la salute imperfetta. Emergeva, alla fine, la sua propensione, generosa, verso i giovani, con la fondazione, a Firenze, di quella Bottega teatrale che per qualche tempo lo appassionò e alla quale legò alcuni dei nomi più importanti del teatro del mondo. Ed emerse, alla fine un'altra propensione, la sua più congeniale, l'arte e la qualità, alte. Non so se fosse contento di essere ricordato, in chiave di cinema italiano, "soltanto" un comico, lui che si vantava di poter declamare a memoria repertori per una settimana intera. Così assunse la poesia, quella grande, dispensando le liriche dei maestri del mondo.
Aveva fatto tutto, aveva fatto troppo, il successo, gli amori, le famiglie, i figli. Non si attribuiva altre prospettive. Faceva ancora teatro con una passione ... riflessa. Si inchinava al pubblico, era stanco, ma non rinunciava a ricevere i giovani nel camerino dopo lo spettacolo. Quanto ci manca Vittorio.

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