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Claude Lelouch: dove eravamo rimasti?

Torna nelle sale italiane con Parliamo delle mie donne un autore unico, che ha sempre sfidato se stesso e la sua arte. Dal 22 giugno al cinema.
di Giancarlo Zappoli

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martedì 20 giugno 2017 - Focus

Correva l'anno... si potrebbe iniziare così questa riflessione sul cinema di un regista che è arrivato a quota 46 film ma del quale non si rinvenivano più tracce sugli schermi italiani da 15 anni, cioè da quando nel 2002 era uscito And Now... Ladies & Gentlemen che aveva nel cast Jeremy Irons, Patricia Kaas e Claudia Cardinale. Da allora più nulla fino a questo Parliamo delle mie donne che è comunque del 2014.

Nel frattempo il regista parigino non solo sta per compiere 80 anni ma ha anche girato già altri due film (Un plus une nel 2015 e Chacun sa vie quest'anno).
Giancarlo Zappoli

C'è quindi una fascia di pubblico che potrebbe a buon diritto non sapere chi sia ma se se ne volesse fare un'idea, tanto veloce quanto efficace, potrebbe cercare in Rete C'etait un rendez vous, un cortometraggio del 1976 girato un mattino di festa all'alba mettendo la macchina da presa su un'auto, mettendosene alla guida e lanciandola a tutta velocità su un percorso da Porte Dauphine a Place du Tertre a Parigi senza mai fermarsi. Si potrebbe dire: senza trucco e senza inganno. Lo scopo? Sfidare un alto numero di disposizioni del codice della strada per mostrare il desiderio di un uomo di incontrare la sua donna. Usiamo il termine 'donna' perché Un uomo, una donna è stato il film che gli ha messo nelle mani la statuetta dell'Oscar ed ha smentito (insieme agli altri 45) la recensione dei Cahiers du Cinéma che, in occasione del suo esordio nel lungometraggio, chiudeva così: "Claude Lelouch. Segnatevi questo nome. Non lo sentirete più". Non è andata precisamente così anche se l'ostilità di buona parte della critica francese (e non solo) non gli è mai mancata.


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In foto una scena di Parliamo delle mie donne.
In foto una scena di Parliamo delle mie donne.
In foto una scena di Parliamo delle mie donne.

Il suo cinema è sempre stato una sfida: con se stesso, con la critica, non con il pubblico al quale ha sempre cercato di offrire (anche sbagliando) quella che ha definito "un'apologia del difficile mondo in cui viviamo. Tutto è complesso prima di essere semplice. Le complicazioni sono la ginnastica per ottenere la felicità". Ed eccolo allora operatore dei propri film (anche sui set americani, dove era costretto sindacalmente ad assumerne uno e lo lasciava poi ad osservare o lo utilizzava come consigliere), mescolatore di generi, interessato alla colonna sonora al punto di metterla a punto con il sodale Francis Lai prima di iniziare a battere il primo ciak. E, soprattutto, restio a non mettere una parte di sé, della propria storia, delle proprie variazioni sentimentali, del proprio pensare e agire sul set all'interno dei suoi film. Come è accaduto nei film che dopo il 2002 sono comparsi sugli schermi francesi.

Con Le genre humain - Les parisiens (2004) voleva dare inizio a una trilogia impegnando tutti i suoi averi nella produzione. Il film è uscito ed è stato stroncato da parte della critica ed allora lui ha affittato un numero spropositato di sale in tutta la Francia offrendo una proiezione gratuita al pubblico. Non soddisfatto dell'esito ha poi rimontato il film utilizzando scene tagliate e ne è uscito Le courage d'aimer (2005) che ha avuto un'accoglienza migliore.
Giancarlo Zappoli

Sempre poi per non adagiarsi su una tipologia definita eccolo misurarsi con il thriller in Roman de gare (2007) con una ambigua Fanny Ardant quale coprotagonista. Il passato (quello collettivo e quello personale) è tornato poi a bussare alla sua memoria di cineasta con Ces amours-là (2010) in cui intreccia l'eccesso di amori della sua protagonista, interpretata da Audrey Dana, con l'occupazione della Francia da parte dei nazisti e con le sue memorie di bambino ebreo per parte di padre lasciato molto spesso dalla mamma in un luogo protetto che si chiamava cinema.

La sovrapposizione di storie, il gioco di specchi, il piacere della seduzione e la provocazione hanno continuato e continuano ad essere presenti nel suo fare cinema. Lelouch resta così di fatto fedelmente legato a quel ventenne cineasta alle prime armi che, recatosi negli Stati Uniti con il padre impegnato in un viaggio di industriali tessili francesi, girò due documentari sugli Usa con il contributo della televisione di stato francese. Uno dei due era decisamente critico e venne rifiutato mentre si decise di mandare in onda alle ore 22, sull'unico canale, l'altro decisamente estetizzante ed innocuo. Al momento di consegnare la bobina Claude inserì nel contenitore il documentario critico che così andò in onda. Il mattino dopo giunse puntuale la protesta ufficiale dell'Ambasciata Usa a Parigi. Ladies and Gentlemen... Claude Lelouch!


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