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Benvenuti al sud: abbasso gli stereotipi

Claudio Bisio è protagonista del remake di Giù al nord.
di Edoardo Becattini

Giù dal Nord
Claudio Bisio (67 anni) 19 marzo 1957, Novi Ligure (Italia) - Pesci. Interpreta Alberto nel film di Luca Miniero Benvenuti al Sud.

lunedì 27 settembre 2010 - Incontri

Giù dal Nord
Come il mondo ha due emisferi, ogni singolo paese ha (almeno) un Nord e un Sud. Nelle sue piccole dimensioni, lo stivale italiano riesce a fare anche di meglio in quanto a divisioni interne, ma, nelle linee sia storiche che culturali, si può dire che la differenziazione sia ormai da lungo tempo la stessa: l'operoso, frenetico e nebbioso Nord, contro il solare, rilassato e sanguigno Sud. Adattando a questo schema il "ciclone" francese del comico Dany Boon, che solo tre anni fa con Giù al nord conquistò tutti con una commedia leggera sugli stereotipi relativi all'estrema punta dell'hexagon, Luca Miniero (Incantesimo napoletano, Questa notte è ancora nostra) rilegge l'idea di un direttore delle poste che sogna il trasferimento ma trova solo l'incubo del luogo comune. Se nell'originale i due comici francesi Kad Merad e Dany Boon davano vita a un confronto giocato principalmente sulle incomprensioni linguistiche fra francese e inflessione piccarda, nella versione italica il milanese Claudio Bisio e il campano Alessandro Siani si fronteggiano anche sulle tradizioni, in un contrasto fra la nebbiosa Padania del gorgonzola e delle ronde e la soleggiata rocca di Castellabate dei caffè e del calcio balilla. Con Benvenuti al sud, la storia di Boon, nella sua leggerezza, dimostra di sapersi adattare bene alle varie identità locali e, nel mettere in primo piano i differenti retaggi, confessa l'universalità del suo messaggio e dei valori dell'amicizia e dell'ospitalità.

Perché un remake?
Giampaolo Letta (AD Medusa): Perché quando abbiamo visto l'originale francese abbiamo tutti pensato che fosse un film perfetto per la realtà italiana. Per questo abbiamo acquistato i diritti per un rifacimento prima ancora di distribuire il film in Italia e riscontrare anche da noi il successo di Giù al nord.
Riccardo Tozzi (Cattleya): Ci siamo incontrati a metà strada con la produzione Medusa. Loro è stata l'intuizione di acquistare i diritti del film di Dany Boon, noi della Cattleya abbiamo poi coinvolto Luca Miniero e Massimo Gaudioso per l'adattamento. Inizialmente volevamo che si trattasse di un rifacimento molto personale, ma è stato poi Gaudioso – sceneggiatore, fra vari film, anche di Gomorra - a decidere di tenersi più vicino alla sceneggiatura originale perché si adattava perfettamente anche alla nostra realtà.
Luca Miniero: Fare un remake è un po' come adattare un romanzo, L'originalità non sta tanto nella storia, ma nell'anima che puoi darle. Una storia come quella di Giù al nord si adattava perfettamente alla realtà italiana e alla nostra lunga tradizione della commedia, a cominciare dallo storico viaggio a Milano di Totò, Peppino e la malafemmina. L'importante era direzionare il racconto su altri conflitti culturali. Ad esempio, rispetto al film di Dany Boon, abbiamo cercato di ridurre l'effetto comico relativo al cliché verbale e di giocare più sulle tradizioni e sulle abitudini.

Da attori, come ci si adatta ai cliché?
Alessandro Siani: Rispetto alla sceneggiatura, c'è stata data molta possibilità di improvvisare e modificare alcune cose. Ad esempio, ho chiesto di cambiare il nome del mio personaggio da Ciro a Mattia, perché non sembrasse troppo stereotipato. Inoltre, in alcune scene abbiamo discusso su come lavorare sulla parlata e sui modi di presentare i personaggi affinché il luogo comune facesse emergere sempre l'umanità dei personaggi anziché solo il cliché. E soprattutto abbiamo cercato di evitare la rappresentazione del sud che vediamo in televisione, dove si vedono sempre cinque persone in motorino e i panni stesi sullo sfondo. Ma quei panni non asciugano mai?
Valentina Lodovini: Da toscana, per me è stato più anomalo degli altri adattarmi all'idea del cliché e interpretare una ragazza del sud. Tuttavia, mi sono divertita più a giocare con lo stereotipo del ruolo della donna che con quello campano. Nel film, sono l'unica donna di questo gruppo strampalato, una ragazza saggia e sicura di sé che vuole riconquistare il proprio uomo e fargli superare una sorta di complesso di Edipo.
Claudio Bisio: Ho visto Giù al nord da spettatore prima ancora di essere coinvolto in questo progetto e la prima cosa che ho pensato è stata in effetti perché non ci abbiamo pensato prima noi? I conflitti geo-culturali non esistono certamente solo in Francia, anzi, direi forse che da noi in Italia sono pure troppo forti. I nostri conflitti spesso infatti non si limitano al puro folklore, ma contaminano anche la politica e l'intera identità dell'Italia. L'idea forte del film per me era quella di mostrare questi conflitti irrisolti navigando sul filo della commedia. Non era quindi importante mostrare i discorsi di Bossi alla tv o la spazzatura di Napoli, ma far apprezzare un messaggio sul valore della diversità. Il mio personaggio e sua moglie sono in sostanza due persone ignoranti nel senso di due persone che ignorano completamente la diversità di luoghi, culture e usanze. Non si tratta di persone cattive, ma di persone che devono ancora comprendere e imparare l'importanza della diversità. Io stesso, per esempio, non conoscevo affatto il Cilento, pur avendo girato spesso in Campania. In questo senso, spero sia un film che stimoli delle curiosità e che mi piacerebbe vedessero in tanti, anche chi viene bonariamente "deriso" nel film, sia del nord che del sud.
Angela Finocchiaro: In realtà, messo a confronto con un nord come quello della Germania o della Scandinavia, ci rendiamo conto che nel "nostro" nord non c'è poi tanto motivo per fare i galletti. Il mio personaggio è a tutti gli effetti una persona ignorante: una personcina piccola ed egoista che purtroppo rappresenta molto bene sia una parte di me che di tanta altra gente. È la tipica rappresentante di una cultura di chiusura che guarda solo al proprio piccolo orto e che non usa la tradizione per guardare al futuro ma per chiudersi nelle proprie abitudini.

Come avete scelto la location?
Luca Miniero: Il Cilento è stato scelto in quanto presenza scenografica straordinaria, ma anche perché i suoi paesi sono realtà di periferia estremamente virtuose e con una forte umanità. Il paese si mostra con un'identità molto diversa rispetto a Napoli o altre location. Avevamo infatti l'intenzione di mostrare una zona che potesse dare un'immagine diversa rispetto alla Campania dei telegiornali, della spazzatura e della camorra.

Come avete affrontato i contrasti più attuali?
Luca Miniero: La contrapposizione nord-sud è a livello politico molto recente. Molto più profondo e antico è invece il contrasto culturale, che si esprimeva nello sfottò e molto meno spesso degenerava nell'intolleranza. Quel che è certo è che in tutta Italia vive tuttora un grande senso di appartenenza e un legame forte con le proprie tradizioni; è però l'identità nazionale a farsi però sempre più travagliata. Il film cerca di rendere questa contraddizione puntando soprattutto sui contrasti meno evidenti ed aggressivi. D'altronde, penso che nessuno riesca a essere un leghista 24 ore al giorno e che il conflitto politico si situi a un livello molto più superficiale.

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