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Einstein aveva ragione. E anche Star Trek

Il salto epocale della fisica: le onde gravitazionali esistono. Ma il cinema le aveva già trasformate in storie e in immagini.
di Andrea Bellati

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Benedict Cumberbatch (Benedict Timothy Carlton Cumberbatch) (48 anni) 19 luglio 1976, Londra (Gran Bretagna) - Cancro. Interpreta John Harrison nel film di J.J. Abrams Into Darkness - Star Trek.
lunedì 22 febbraio 2016 - Focus

Solo una settimana fa la fisica ha compiuto un salto epocale: l'osservazione diretta delle onde gravitazionali ha galvanizzato la scienza e conquistato le prime pagine dei quotidiani e il primo servizio dei telegiornali. Noi, il pubblico, ne abbiamo percepito l'importanza anche se per molti di noi i concetti di relatività, spaziotempo e onde gravitazionali fanno più parte della fantascienza che della realtà.

Infatti, ciò che per la scienza è una novità, per il cinema è da tempo un argomento assodato. Prima che la ricerca confermasse le teorie, il cinema le aveva già trasformate in storie e in immagini.
Andrea Bellati

Ipotizzate da Einstein nel 1916, le onde gravitazionali trovano conferma solo ora grazie alla registrazione di un'increspatura dello spaziotempo dovuta alla collisione tra due buchi neri avvenuta un miliardo di anni fa. Abbiamo aspettato un secolo ma ora abbiamo una chiave nuova per leggere l'Universo. I protagonisti sono un migliaio di scienziati da tutto il mondo e due strumenti, i formidabili gemelli LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory), uno di casa in Lousiana, l'altro nello Stato di Washington. La scoperta è anche motivo di orgoglio nazionale: i nostri centri di ricerca hanno avuto un ruolo primario nell'ideazione e nello sviluppo del progetto.


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Matthew McConaughey e Anne Hathaway in una scena di Interstellar (2014) di Christopher Nolan.
Una scena di The Black Hole (1979) di Gary Nelson.
Eddie Redmayne in una scena de La teoria del tutto (2014) di James Marsh.

Quante dimensioni? Parecchie, forse undici, secondo alcuni addirittura quaranta. Dove sono? Ovunque, anche dietro la libreria dove galleggia Matthew McConaughey in Interstellar di Christopher Nolan che ha vinto l'Oscar per gli effetti anche per questa sequenza. Secondo la Relatività di Einstein, un corpo, qualsiasi corpo, incurva il tessuto spaziotemporale intorno a sé, come fa una palla sopra un lenzuolo teso: tutto ciò che si trova nei pressi viene attratto verso la palla, o meglio, tenta di caderci sopra.
Anche noi abbiamo una massa e incurviamo lo spaziotempo. Ma il motivo per cui non abbiamo qualche oggetto appiccicato alla faccia sta nel fatto che siamo piccoli. Sì perché la gravità si rivela solo quando ad agire sono i pezzi grossi: stelle, pianeti, buchi neri.

Tutto ciò che finisce dentro un buco nero non scappa più, nemmeno la luce. Ma dato che nell'Universo nulla si crea e nulla si distrugge, tutto ciò che un buco nero cattura deve finire da qualche parte.
Andrea Bellati

Buchi neri, onde gravitazionali, sembra che la fisica stia per dare ragione alla fantascienza. In realtà è ovviamente il contrario. Il cinema e la letteratura hanno usato teorie e scoperte per motivare l'impossibile. A partire dal 1979 quando nel film The Black Hole, di Gary Nelson, considerato la risposta della Disney a Guerre Stellari, vediamo recitare il primo buco nero. I protagonisti umani attraversano il mostro e si salvano passando magicamente in un altro punto dell'Universo. I buchi neri però sono tutt'altro che spazi vuoti: si tratta di oggetti densi e compatti, così pieni di massa da distorcere lo spaziotempo fino a trasformarlo in una trappola per materia ed energia.


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Kurt Russell in una scena di Stargate (1994) di Roland Emmerich.
Jodie Foster in una scena di Contact (1997) di Robert Zemeckis.
Una scena di 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick.

In Contact di Robert Zemeckis, un'altra macchina ad anelli, questa volta rotanti, apre un wormhole e porta Jodie Foster da qualche parte nell'Universo, o da qualche parte dentro Jodie Foster in una sequenza che ricorda fin troppo quella di Kubrick in 2001: Odissea nello spazio.

Mai la scienza è stata fantasticamente ben tradotta come in Star Trek, in televisione e al cinema. Tanto da meritare un saggio serissimo, "La fisica di Star Trek" scritto dal fisico statunitense Lawrence M. Krauss.
Andrea Bellati

Benché Contact sia la versione cinematografica dell'omonimo romanzo di Carl Sagan, uno dei più importanti astrofisici del Novecento, mai la scienza è stata fantasticamente ben tradotta come in Star Trek, in televisione e al cinema. Tanto da meritare un saggio serissimo, "La fisica di Star Trek" scritto dal fisico statunitense Lawrence M. Krauss. Come vola l'Enterprise? Il motore a curvatura alimentato dal reattore materia-antimateria dilata lo spaziotempo dietro l'astronave e lo fa contrarre davanti. Il risultato è un'onda gravitazionale che l'Enterprise cavalca verso l'ultima frontiera. Star Wars è una saga decisamente meno precisa: sappiamo che il Millennium Falco va parecchio veloce ma perché è ancora un mistero. Non resta che sperare nei nuovi episodi.


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