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Van Johnson, un amico che ci ha lasciati

Si è spento l'attore della seconda generazione dell'età dell'oro hollywoodiana.
di Pino Farinotti

Un uomo di grande umanità
Van Johnson 25 agosto 1916, Newport (Massachusetts - USA) - 12 Dicembre 2008, Nyack (New York - USA).

martedì 16 dicembre 2008 - News

Un uomo di grande umanità
Van Johnson era nato nel '16. Fa parte della seconda generazione dell'età dell'oro hollywoodiana, la prima è quella dei Gable, Bogart, Cooper, Astaire, tutti nati intorno al 1900. Coetanei (più o meno) di Johnson erano Peck, Lancaster, Power, Ladd, Granger. Adesso l'ultimo eroe superstite di quel gruppo è Kirk Douglas, del '16 anche lui.
Johnson era quello che si dice il bravo ragazzo. Non bellissimo, rosso con lentiggini, ma capace di trasmettere grande umanità, di rassicurare. Come suggerisce la liturgia dello spettacolo, a un certo punto arriva qualcuno che ti nota e ti propone a uno Studio. Successe anche a lui. Faceva parte di un gruppo di sette ragazzi che si esibivano in un night di Broadway. Cantavano e ballavano. Van era il più dotato. Un talent scout lo vide e lo portò a Hollywood. Erano i primi anni Quaranta. In carriera mostrò di saper coprire tutti i ruoli: la commedia, il musical, il dramma, il giallo e anche il west. La sua casa fu per molto tempo la Metro, che ospitava "più stelle che in cielo" e lui, Van, era una di quelle stelle. Per molte stagioni fu uno dei "top ten money making stars", una misura esatta e impietosa per misurare il successo. Nel '49 a fianco di Judy Garland fece Fidanzati sconosciuti, in una sequenza teneva in braccio la figlia di Judy, Liza Minnelli, di due anni. Johnson ha interpretato almeno un classico nei vari generi. In Brigadoon, di Minnelli, balla il tip tap insieme a Gene Kelly, e riesce, lui così corpulento, a non sfigurare. Un grande classico della guerra, Bastogne, lo vede soldato consapevole e dolente durante la campagna delle Ardenne. Un'altra grande prova di attore la compie nell'Ammutinamento del Caine di Dmytryk, del '54, nel ruolo dell'ufficiale antagonista di Humprey Bogart.
Due anni dopo dà corpo e volto a un reduce in Incontro sotto la pioggia. Il film faceva parte, un po' tardivamente, della propaganda del dopoguerra. L'America aveva mandato tanti suoi figli sui due fronti, Europa e Pacifico. Molti non erano tornati. Assumendo l'input governativo, Hollywood produsse film che dessero notizie, e speranza, ai famigliari a casa. Titoli come Signora Miniver e I migliori anni della nostra vita, letteralmente coperti di Oscar, fotografavano la guerra di chi la faceva e di chi era a casa in ansia. I tre reduci dei "Migliori anni" trovano situazioni difficili a casa, ma si integreranno. Uno di loro, Harold Russell, un vero mutilato che fa se stesso, ottiene delle protesi che gli permetteranno di (soprav)vivere, e 200 dollari al mese "vita natural durante". Poi c'era chi non tornava, appunto. E Hollywood cercò di risolvere, a modo suo, anche il non-ritorno, anche la morte. E in Incontro sotto la pioggia Johnson lascia l'innamorata Jane Wyman per andare in guerra, dove muore. Ma lei se lo vede ritornare come spirito. E... le basterà. Per un ruolo tanto difficile, in equilibrio fra grottesco e assurdo, chiamarono Van che riuscì ad essere, a suo modo, quasi credibile. E tutti piansero.
Qualche anno fa Paolo Limiti chiamò Johnson nella sua trasmissione della nostalgia. L'attore 85enne, si mostrò spiritoso e ancora vitale, raccontò vicende del suo lavoro. Molti giovani, ospiti, lo guardavano attenti, poi incuriositi, poi incantati. Voglio ricordarlo anche in un thriller di gran classe, 23 passi dal delitto, dove fa un cieco che risolve in caso attraverso l'udito e gli odori. Ma se devo isolare un unico personaggio nella storia di questo grande attore estraggo il protagonista Charlie di L'ultima volta che vidi Parigi, di Richard Brooks, con Elizabeth Taylor, tratto da un racconto di Fitzgerald Babilonia rivisitata. Il film sposta l'azione dalla prima alla seconda guerra mondiale. Charlie rimane a Parigi alla fine della guerra, si innamora di Elena, hanno una bambina. Elena muore di polmonite, Charlie si lascia andare all'alcol... proprio come Fitzgerald. Gli portano via la bambina. Dopo un paio di anni Johnson torna a Parigi da Milwaukee, per riprendersi la figlia. È cambiato, non beve più ed è diventato uno scrittore. Ma occorre convincere la cognata che ha in custodia la piccola e che ha del rancore per un'antica gelosia. Nella scena finale abbraccia la figlia e con lo sguardo ringrazia la cognata, che ha capito. E ancora una volta, fra sentimento e commozione, le misure trasmesse sono quelle giuste. L'umanità di Van prevaleva e rassicurava. Come fanno gli amici.

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