Il fuoco artistico che brucia nello sguardo carismatico e nella voce roca di Carlo Cecchi è alimentato dal legno del palcoscenico. Il teatro riassume il fine di un'intera carriera dedicata alla messa in scena di grandi classici della letteratura (Molière, Brecht, Beckett). Eppure per Cecchi è Shakespeare a rappresentare il "teatro assoluto", ovvero una scrittura naturalmente predisposta per la rappresentazione teatrale, massima espressione della tradizione inglese, da lui prediletta. Scettico nel definirsi artista, Cecchi preferisce essere definito semplicemente "attore". Un interprete umile e schivo che ha sperimentato ogni mezzo espressivo, lavorando anche nel cinema, in televisione e nella prosa radiofonica. Molto critico nei confronti dell'attuale stato dell'arte (soprattutto italiana), Cecchi predilige il rapporto diretto tra il mondo della rappresentazione e il pubblico, diffidando dalle forme di fruizione virtuale. Il teatro è calore, è vita, ed è "l'unica forma d'arte che non si trova su internet". Definizione emblematica per chi difende una tradizione che ha sempre bisogno di passione per reinventarsi e mantenersi viva come una fiamma da condividere.

La carriera oltre il palco
Nato a Firenze nel 1939, Carlo Cecchi ha una formazione artistica invidiabile, infatti studia recitazione nei laboratori teatrali di Edoardo De Filippo e nella compagnia sperimentale contemporanea Living Theatre di New York. Si avvicina al cinema sul finire degli anni '60, esordendo nel film sessantottino La sua giornata di gloria (1969), seguito da Il gatto selvaggio (1969) un'altra storia di giovani rivoluzionari. Negli anni '70 e '80 il teatro prende il sopravvento. Grande amico di Elsa Morante, Cecchi viene spinto dalla scrittrice ad impegnarsi anche nella regia, così il cinema passa in secondo piano, tanto da rifiutare il ruolo di protagonista in Salto nel vuoto (1980) di Marco Bellocchio. Il ritorno su pellicola arriva in un film diretto da un regista teatrale al suo battesimo cinematografico. Mario Martone lo dirige in Morte di un matematico napoletano (1991), insignito del Premio Speciale al Festival di Venezia. Qui Cecchi interpreta con grande empatia il matematico suicida Caccioppoli e si riscopre grande protagonista anche sul grande schermo. Il rapporto col cinema riprende con assiduità, vedendolo impegnato con grandi registi come Bertolucci in Io ballo da sola (1996), con Avati in L'arcano incantatore (1996) e con Ozpetek in Il bagno turco (1997). Un anno più tardi tocca anche la corda artistica della musica nei panni del liutaio Niccolò Bussotti nell'ambizioso Il violino rosso (1998). Dopo aver interpretato un procuratore nel giallo Un delitto impossibile (2000), entra nei cast corali del cupo Arrivederci amore, ciao (2006) e del drammatico Io sono con te (2010). Valeria Golino lo sceglie come co-protagonista per il suo esordio alla regia. In Miele 2013) Cecchi affronta sulla sua propria pelle il dilemma etico dell'eutanasia.