Un esperimento ambizioso e avanguardistico, con pochi eguali nella storia del documentario musicale. Documentario, Francia1972. Durata 85 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +16
Nel 1971 i Pink Floyd, in rampa di lancio verso la consacrazione mondiale, furono la prima band a suonare a Pompei. Espandi ▽
Nel 1971 Adrian Maben ha a disposizione le rovine di Pompei per sei giorni, in cui girare le scene di un film-concerto dei Pink Floyd. Una sfida titanica. Nell'anfiteatro della città sepolta e incredibilmente conservata suona l'unica band che ha legittimità di farlo, senza sentirsi fuori posto: i Pink Floyd del 1971, espressione di una musica mai sentita prima, sperimentale e ambiziosa.
È l'istantanea di un gruppo all'apice della sua creatività, che unisce il repertorio del periodo susseguente all'abbandono del fondatore Syd Barrett, che attirò le attenzioni di cineasti come Michelangelo Antonioni, con una svolta incipiente, come dimostrano i primi vagiti dell'epocale album "The Dark Side of the Moon", che ascoltiamo tra un'esecuzione live e l'altra.
Live at Pompeii non è solo un film-concerto, con la particolarità di non avere spettatori. È un'esperienza mistica e immersiva, che la versione del cinquantesimo anniversario restituisce nella magnificenza del 4K ricavato dal negativo originale, con l'audio remixato in 5.1 da Steven Wilson. Recensione ❯
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Dietro il divertissement, un'opera che lascia emergere il lato più politico e libertario di Miyazaki. Animazione, Giappone1992. Durata 94 Minuti. Consigli per la visione: Film per tutti
Marco è un aviatore che, assunte le sembianze di un maiale a seguito di un incidente aereo, vive le sue giornate sulla costa Adriatica tra combattimenti aerei e l'amore di due donne. Espandi ▽
Italia, periodo tra le due guerre mondiali. Un misterioso pilota di aerei dalle sembianze di maiale, detto Porco Rosso, è il terrore dei pirati del Mare Adriatico, almeno finché questi non si affidano all'americano Curtis, avventuriero spavaldo che sfida Porco Rosso a duello. Quello che a prima vista potrebbe apparire come uno dei lavori più scanzonati del maestro dell'anime giapponese è al contrario la perfetta cartina di tornasole per cogliere alcuni temi portanti della poetica di Miyazaki. Sotto le vesti del divertissement, infatti, ecco spuntare il lato più politico e libertario del regista nipponico, incarnato nell'anarchico escapismo di Porco Rosso, eroe senza tetto né legge, solitario come un ronin errante, che rifiuta ogni forma di omologazione. Pur scegliendo un approccio visivamente quasi dimesso, quella che Miyazaki ci regala è una pagina tutt'altro che minore del grande libro delle sue visioni, in grado di stupire al pari di quanto sanno insegnare. Recensione ❯
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L'adattamento del romanzo omonimo di William S. Burroughs che racconta di un viaggio in Sud America e di un'ossessione sessuale che trasforma la vita di un uomo di nome Lee. Espandi ▽
Nella Città del Messico dei primi anni cinquanta, l'americano William Lee vaga da un bar all'altro alla ricerca di uomini da portarsi a letto, nel frattempo facendo ampio uso di droghe e alcool. Nonostante un ristretto gruppo di conoscenze abituali, che comprendono il fidato amico Joe, Lee è alla ricerca di qualcosa che questi incontri occasionali non possono dargli. Un giorno però si imbatte per strada in Eugene, giovane e bello, forse gay, forse no. I due si imbarcano in una frequentazione che li porterà anche alla ricerca di una pianta, lo Yage, in grado di stimolare le abilità telepatiche.
Nel mezzo degli anni venti, Luca Guadagnino è il più vivo tra i grandi autori del cinema italiano, e quello che maggiormente ha dimostrato un eclettismo tale da disorientare il suo pubblico. Ormai fermamente parte dello zeitgeist internazionale, nello spazio di un anno dà seguito al giocoso e pulsante Challengers con un adattamento letterario dell'amato William S. Burroughs. La sua lettura di "Queer" è pensosa, sentimentale e immaginifica - più dell'opera originale della quale prosegue la storia troncata aprendo le porte della percezione; ma tra droghe magiche e spedizioni esotiche, il film ci ricorda che tali porte si rivelano spesso uno specchio, pronto a riflettere la profondità della nostra solitudine. Recensione ❯
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Un dramma toccante sulla lotta per la paternità e la resistenza in un Paese ostile, con un Romain Duris in stato di grazia. Drammatico, Francia, Belgio, Giappone, USA2024. Durata 98 Minuti.
Un film che racconta il Giappone di oggi da un punto di vista inusuale, in cui convivono luci e ombre. Espandi ▽
Jerome, detto Jay, è un tassista francese che vive a Tokyo, ma è soprattutto un padre separato che non vede l'ora di ritrovare sua figlia Lily. In Giappone la legge non prevede l'affido congiunto. Nel frattempo aiuta la sua amica Jessica, che si trova nella sua stessa situazione, a rivedere suo figlio. Ai genitori europei la burocrazia nipponica appare come una barriera insormontabile, bisogna ricorrere a metodi più empirici, più umani, solo così l'impossibile "caccia al tesoro" filiale può trasformarsi in una concreta opportunità di incontro.
È un commovente dramma sulla paternità e insieme un'opera di sottile denuncia sulla rigida legge nipponica in tema di affidamento, Ritrovarsi a Tokyo.
È un tema decisamente inedito, quello di cui sceglie di occuparsi Guillaume Senez, regista e cosceneggiatore di evidente sensibilità, che ci ha abituato a riflessioni sulla paternità ma anche sul senso di appartenenza. Con lo spessore umano che caratterizza le sue opere precedenti, finisce questa volta per firmare un'opera toccante e malinconica, un film sulla resistenza di un uomo, o meglio di un padre-coraggio. Recensione ❯
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Un documentario che non fa sconti ma ci invita a porci delle domande su una realtà che non vogliamo vedere. Documentario, Italia2024. Durata 86 Minuti.
L'umanità che vive attorno alla stazione Termini di Roma vista insieme ad uno dei suoi componenti. Espandi ▽
Damiano (35 anni), fuggito dall’ospedale psichiatrico di Breslavia, in Polonia, è arrivato a Roma alla ricerca di una nuova vita e, senza un soldo in tasca, si è immerso nel brulicante mondo che bazzica intorno alla stazione Termini. Rifiutandosi di vivere come un senzatetto, ha trovato rifugio in una torre sulle antiche mura romane e ha cominciato a frequentare la determinata Sofia. Un documentario senza filtri che ci immerge in un microcosmo che chiunque sia passato dalla stazione Termini di Roma ha sicuramente sfiorato magari voltando lo sguardo. I due registi non hanno la benché minima intenzione di fare del pietismo e di tracciare un ritratto agiografico di questo mondo e dei suoi abitanti. Si mostra la realtà così come si presenta. Con le sue luci e con le sue ombre invitandoci a porci delle domande. Perché queste persone sono lì? Qual è il loro vissuto? Qualcuno ce lo racconta. Qualcuno, come Sofia, mostra un carattere deciso pur tra innumerevoli contraddizioni. Recensione ❯
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Una fiaba indimenticabile, ambientata all'indomani di un generico conflitto, che esplora le verità universali sulla guerra, il trauma, la memoria e la guarigione. Espandi ▽
Da qualche parte nel mondo e alla fine di una guerra mai precisata, un uomo è assediato. Riparato in casa, Manuel Roca nasconde la sua bambina sotto le assi del pavimento e chiede al figlio maggiore di trovare un rifugio sicuro. Ma il destino ha la meglio su di lui e sul suo ragazzo. Nina, scoperta e subito nascosta ai compari dal giovane Tito, è l’unica sopravvissuta al massacro. Anni dopo, una donna matura si presenta da Tito. Come nei suoi debutti, Angelina Jolie rivisita la Storia, attraverso un destino individuale, un racconto edificante messo in scena secondo i codici più standard del genere. Le premesse sono promettenti, la prosa di Baricco, un cast ispirato, il destino fuori norma di una donna e un debutto che mette a ferro e fuoco la vita della protagonista. Poi il film sprofonda in un torpore confidenziale, si allenta fino all’inerzia. L’adattamento di Angelina Jolie è un dramma ‘da caffè’ quasi toccante nella sua naïveté. Nessun colpo di scena, nessuna scossa a scuotere la superficie liscia. Recensione ❯
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Una riunione di famiglia non va come previsto. Espandi ▽
Michelle ha tre passioni: suo nipote Lucas, la sua migliore amica Marie-Claude e i funghi che raccoglie nei boschi. La sua unica afflizione è Valérie, figlia ingrata che le rinfaccia il passato. Un incidente a tavola e una quiche di funghi tossici dopo, un equilibrio già fragile si rompe. Valérie accusa Michelle di averla deliberatamente avvelenata e le impedisce d'ora in avanti di rivedere Lucas. A rimettere le cose a posto ci pensa Vincent, figlio di Marie-Claude. Forse.
Dopo l'esuberante commedia Mon crime, François Ozon cambia genere (e generazione) e passa al polar rurale ficcato nella campagna borgognona. Con un gioco sapiente di ellissi, il regista chiede allo spettatore di riempire emotivamente gli spazi vuoti e di comporre con tutto quello che resta fuori campo, di considerare tutti i punti di vista e di dubitarne costantemente.
In breve, spetta al pubblico decidere se i nostri eroi hanno commesso un crimine o sono stati solo (s)fortunati, spetta a noi fare luce su un mistero che Ozon si diverte a offuscare, conducendo il suo film verso l'onirismo realistico di Sotto la sabbia. Recensione ❯
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Piero ed Elisabetta si sono conosciuti e amati molto presto, riuscendo a costruire una famiglia felice. Ma un lutto terribile li ha colpiti. Espandi ▽
Piero ed Elisabetta si sono molto amati e hanno avuto tre figli con cui formare un'unità apparentemente indissolubile. Ma quando il maggiore, Flavio, perde la vita in un incidente la famiglia si disgrega. Sono i due figli che restano, Dennis e Sara, a convincerli a celebrare insieme il Natale a Cortina d'Ampezzo, la località dove i nonni materni possiedono un lussuoso chalet. I due ragazzi hanno un piano, che però verrà bruscamente interrotto da un evento inaspettato. Tutte le dinamiche famigliari verranno messe in discussione, e terranno tutti in sospeso per una lunga notte di attese e di riflessioni sul passato.
Storia di una notte racconta le ricadute di un lutto terribile su un nucleo domestico e soprattutto su una coppia che non riesce a non trasformare il dolore in una serie di rinfacci.
Basata sul romanzo "Nelle migliori famiglie" di Angelo Mellone, la vicenda esplora quel dolore trasformandolo in uno spazio vuoto che nessuno riesce a colmare, e che tiene separati gli uni dagli altri. Purtroppo però il risultato drammaturgico risulta artificioso e poco emotivamente coinvolgente, forse anche perché nelle prime scene la famiglia appare forzosamente felice, e in quelle ambientate dopo la tragedia altrettanto forzosamente ostile. Recensione ❯
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Un uomo diviene un mutante: il suo corpo si trasforma in un ammasso di ferro e metallo e compie orrendi delitti. Espandi ▽
Il grigio impiegato Tomoo Taniguchi e la fidanzata investono un uomo e si disinteressano della sua sorte. La vendetta di quest'ultimo si traduce in una strana mutazione, destinata a contaminare Tomoo: radendosi, questi scopre qualcosa di metallico in procinto di uscire dalla sua guancia. È l'inizio di una graduale trasformazione da uomo a macchina, che finisce per togliergli il senno. A farne le spese è la fidanzata, perforata dal suo membro meccanico, finché Tomoo non si avvia all'inevitabile scontro finale con il suo misterioso aguzzino feticista.
È un film che non potrebbe prescindere da un substrato di immaginario pornografico e da quanto compiuto in questo senso dagli anime, che hanno in qualche modo legittimato perversioni fin lì sottaciute attraverso il tratto di fumetti dall'apparenza innocente.
Tsukamoto svela tutto quanto, toglie il pedale dal freno delle inibizioni e si lascia andare oltre quel che i limiti di budget e tecnologia sono in grado di mostrare, celando l'incubo futurista in un bianco e nero da cinema d'autore e in un 16mm che confonde i contorni e aumenta il mistero del non visibile. Il viaggio, senza ritorno, nell'universo di Tsukamoto non può che cominciare da qui, consapevoli che dopo aver visto Tetsuo nulla sarà più come prima. Recensione ❯
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Ottime riprese e inquadrature per questa seconda opera di Tsukamoto. Però l'originalità e l'eversione del primo Tetsuo è andata persa. L'uomo ... Espandi ▽
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L'atteso sequel con Ben Affleck e Jon Bernthal, diretto da Gavin O'Connor. Espandi ▽
Sono passati nove anni da quando il Dipartimento del Tesoro ha smantellato, con l'aiuto del Contabile, la Living Robotics. Raymond King, l'ex-direttore dell'ufficio per la lotta ai crimini finanziari, ha lasciato il suo posto alla prescelta Marybeth Medina, ora l'unica a ricevere informazioni sul mondo criminale da parte di Christian Wolff, alias il Contabile. King si ritrova però invischiato in un caso più grande di lui, caso per il quale viene ucciso.
Seguito del successo di nove anni fa, The Accountant 2 è prodotto dalla stessa Artists Equity di Ben Affleck e Matt Damon. The Accountant 2, invece, arriva quasi un decennio dopo, quando ad un'America polarizzata e scossa da tensioni pre-Guerra Civile non interessano più le analisi critiche sulla connivenza, di più, la dipendenza, tra capitalismo e criminalità.
O'Connor - e Dubuque - sentono questo, avvertono che ci si è spostati sul terreno delle culture wars, del capitale simbolico, così rifrangono il loro film attraverso queste lenti: dal riciclaggio si è passati al problema dei migranti, dalle aziende multinazionali ai trafficanti di esseri umani, dalle collar counties dell'Illinois alle zone di confine con il Messico. Recensione ❯
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Basata sulla vita di Gesù di Nazareth, la seria è creata, diretta e co-scritta dal regista americano Dallas Jenkins. Espandi ▽
Prodotta interamente con il sostegno dei suoi fan attraverso una grande attività di crowdfunding (raccolti oltre 10 milioni di dollari solo per produrre la prima stagione), è stata tradotta in 62 lingue.Una serie dal successo planetario. Diretta e co-scritta dal regista Dallas Jenkins, è ambientata principalmente in Giudea e Galilea nel I secolo , si incentra sulla vita di Gesù e sulle diverse persone che lo incontrarono e lo seguirono. La serie è interpretata da Jonathan Roumie nei panni di Gesù, accanto a Shahar Isaac, Elizabeth Tabish, Paras Patel, Noah James e George H. Xanthis. Recensione ❯
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Un'incredibile storia di resilienza, strass e piume, con protagonista un'inedita Pamela Anderson. Espandi ▽
Shelly Gardner era una leggenda a Las Vegas, la star dello spettacolo Le Razzle Dazzle nato negli anni Ottanta. Ma ora lo show sta per chiudere definitivamente. Per di più Shelly ha affidato sua figlia Hannah ad una famiglia-ospite che risiede a Tucson, e ora la ragazza non la chiama più mamma. È valsa la pena per Shelly rinunciare a sua figlia e a una vita normale, con la pensione e l'assicurazione sanitaria, per quel mondo che ora la lascia senza soldi e senza futuro?
A metà strada fra Tournée di Mathieu Amalric e The Wrestler di Darren Aronofsky, The Last Showgirl si addentra nel ventre molle di una città-spettacolo. Grande protagonista è Pamela Anderson in un ruolo metacinematografico: la ricordiamo come la bagnina più desiderata della serie Baywatch e la ritroviamo 57enne ancora bellissima ma sfiorita, un pallido ricordo della star che è stata tanto nella vita quanto nella finzione.
Il mondo di Shelly è esposto nella sua crudeltà e pochezza, ma per lei è tutto, e il film coraggiosamente non le chiede di "redimersi", o di rinnegare il suo desiderio di primeggiare in palcoscenico, di "sentirsi guardata e bella", e di inseguire i suoi sogni anche a discapito di una figlia, comunque amata. Recensione ❯
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La Turandot in diretta dal palcoscenico principale del Covent Garden. La produzione di Andrei Serban è una delle più spettacolari del repertorio della Royal Opera. Espandi ▽
L'ultima opera di Puccini, Turandot, in diretta dal palcoscenico principale del Covent Garden. Attingendo alla tradizione teatrale cinese e italiana per evocare una Pechino fiabesca e sontuosa, la straordinaria produzione del regista Andrei Serban è una delle più spettacolari del repertorio della Royal Opera. Dirige Rafael Payare, mentre la soprano Sondra Radvanovsky canterà nel ruolo eponimo. Recensione ❯
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Sotto l'apparenza dimessa, un film che approfondisce le riflessioni di Cronenberg, conducendole in luoghi inattesi. Thriller, Canada, Francia2024. Durata 119 Minuti.
Cronenberg continua la sua esplorazione dei confini tra tecnologia, corpo e mente, offrendo una riflessione profonda sul dolore e sulla memoria. Espandi ▽
Rimasto vedovo di Becca da quattro anni, Karsh ha faticosamente trovato il modo di elaborare il lutto, benché in maniera peculiare. Grazie ai suoi ingenti mezzi finanziari ha fondato una società, GraveTech, che fabbrica sudari speciali, che permettono di riprendere con videocamere i defunti e di farli osservare post mortem ai congiunti attraverso un dispositivo elettronico. Soprattutto Karsh può così osservare Becca in ogni momento, anche da morta. Così facendo, scopre un’anomalia nelle ossa di Becca, come se queste stessero mutando sottoterra. In continuità con Crimes of the Future David Cronenberg prosegue nel suo percorso di rarefazione del ritmo e di riflessione metafisica, nuovamente accompagnato dai bordoni ipnotici assemblati da Howard Shore. In netta discontinuità con l’immediato predecessore della filmografia del regista canadese, invece, The Shrouds è un film costruito sul dialogo, verboso e quasi dimesso sul piano scenografico, benché la tecnologia reciti un ruolo di primaria importanza. Cronenberg non demonizza la tecnologia, ma mostra un’inedita diffidenza verso di essa e ne osserva lo strapotere, guidato dalla necessità umana di vedere di più, abusando di uno dei cinque sensi al di là di ogni ostacolo. Recensione ❯
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