Il testamento di Giacomo Puccini è anche la sua opera più innovativa, quella con cui, più di ogni altra, il compositore cercò di tenere il passo con quanto di più avanzato stava accadendo nel teatro musicale europeo a lui contemporaneo, di cui aveva perfetta consapevolezza (si è parlato, a proposito di Turandot, ad esempio, di echi straussiani). Già l'argomento è inconsueto per Puccini: una fiaba "cinese", in gran parte crudele, che i librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni trassero dall'omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi (1762). Con protagonista non una donna reale, come Mimì, Manon o Butterfly, ma un'algida principessa che dispensa morte per due terzi dell'opera.