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La verità su La dolce vita, il dietro le quinte di un capolavoro da Oscar

Tra fiction e documentario, la lavorazione del film secondo l'archivio del produttore Peppino Amato. Fuori concorso a Venezia 77 e da martedì 15 settembre al cinema.
di Raffaella Giancristofaro

venerdì 11 settembre 2020 - Mostra di Venezia

Ottobre 1959: il film su Via Veneto che Federico Fellini ha ricostruito (in piano) a Cinecittà ha raggiunto le quattro ore di lunghezza e ha largamente sforato il budget, al punto che la sua uscita nelle sale è a rischio. Peppino Amato, che produce il film insieme ad Angelo Rizzoli, crede fortemente che il film avrà successo e ne difende il caotico set contro ogni evidenza, ogni tradimento e le svariate bizze del regista riminese, finendo per compromettere l'amicizia con il socio. Per rivendicare il ruolo determinante di Amato nella realizzazione di questo titolo iconico, Giuseppe Pedersoli (figlio dell'attore Carlo Pedersoli, più noto come Bud Spencer, e di Maria Amato, figlia di Peppino) sceglie una formula ibrida tra fiction e documentario, facendo leva sui carteggi privati tra il nonno, Rizzoli e Fellini e i ricordi di famiglia.

Produttore tra gli altri di La cena delle beffe, Umberto D, la serie di Don Camillo, Francesco, giullare di Dio, Un maledetto imbroglio, il napoletano Giuseppe Vasaturo più noto come Peppino Amato (1899-1964), attore del muto prima di essere produttore e regista, viene ricordato per la sua esperienza americana negli anni Venti, per aver fatto esordire Vittorio De Sica, sostenuto il teatro di Eduardo e Peppino De Filippo, aver diretto Totò, ma anche per le madornali storpiature della lingua italiana (come riportò puntualmente Ennio Flaiano), sceneggiatore di La dolce vita insieme a Fellini, Tullio Pinelli e Brunello Rondi.


In una stridente alternanza di ricostruzione finzionale dalla messa in scena approssimativa (in cui Amato è interpretato da Luigi Petrucci) e di interviste molto differenti per provenienza e qualità, Pedersoli ripercorre i mesi della complicatissima lavorazione del film utilizzando ogni parola, aneddoto, dialogo raccolti in famiglia, esaltando enfaticamente (anche con la lettura dell'epistolario ad opera di attori in studio) il carattere inedito delle fonti in suo possesso.

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