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Woody Allen e l'ennesimo eterno canto d'amore per la sua città

Da Manhattan a Un giorno di pioggia a New York: il regista e la sua sconfinata passione per New York. Al cinema.
di Pino Farinotti

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Timothée Chalamet (Timothée Hal Chalamet) (28 anni) 27 dicembre 1995, New York City (New York - USA) - Capricorno. Interpreta Gatsby nel film di Woody Allen Un giorno di pioggia a New York.
lunedì 2 dicembre 2019 - Focus

Ho visto Un giorno di pioggia a New York (guarda la video recensione) che mi ha dato una conferma, scontata, la passione sconfinata di Woody Allen per New York. Woody ha 84 anni e da tempo deve valersi di alter ego per trasmettere i suoi contenuti. In Midnight in Paris era Owen Wilson, in Irrational Man Joaquin Phoenix, in Magic in the Moonlight Colin Firth, in Café Society (guarda la video recensione) Jesse Eisenberg. Nel suo ultimo è l'emergente, ventenne, Timothée Chalamet, che nel film si chiama Gatsby Welles... occorre un commento sul significato di letteratura e di cinema che rappresentano questi nomi? È un primo, super-identitario, forte segnale alleniano. Lascio la trama ai recensori. Rimango su New York.
Gatsby, newyorkese ha organizzato, per Ashleigh, provinciale dell'Arizona, un week end strepitoso in città. Ma niente va secondo le intenzioni. I due ragazzi, dopo imprevisti e complicazioni si ritrovano sotto la pioggia. Il weekend non sarebbe finito, ci sarebbe ancora il tempo per rifarsi. Ma ecco che d'improvviso New York detta le sue regole, che non sono per tutti, occorre misurare se stessi e le possibilità di convivenza. Gatsby possiede tutti quei requisiti, ma Ashleigh è un corpo estraneo. Per loro non c'è destino. Affronta la pioggia, solo, ma rimarrà solo per poco, perché da un angolo spunta una ragazza che conosceva anni prima. Lei è di New York e i due possono incamminarsi, mano nella mano. E chissà.

C'è tutto Woody Allen: tutto ti può succedere, abbandoni e dolori, sicurezze tradite e tutto da rivedere, ma poco dopo, girato l'angolo, tutto può sdrammatizzarsi e tornare allo status quo. Con la prospettiva per un nuovo amore, un nuovo impegno, altre nevrosi e un altro analista.
Pino Farinotti

A questo punto passo il testimone a Woody, e assumo come riferimento Manhattan (guarda la video recensione), 1979, la sua opera maggiore, completa. La sua chanson de geste su New York. È seduto su una panchina con Diane Keaton sotto il ponte di Brooklyn. È l'alba. Lei dice: "Guarda, non è bello?" "Sì, è proprio bello quando comincia a far giorno." "Lo so, l'adoro." "Ragazzi... questa è davvero una grande città, non mi importa di quello che dicono gli altri... ti mette veramente knockout.."
Ancora in Manhattan Allen è alle prese con l'incipit di un romanzo che intende scrivere. Fa diversi tentativi. Una sintesi:
"Capitolo primo. Adorava New York. Per lui, in qualunque stagione questa era ancora una città che esisteva in bianco e nero e pulsava dei grandi motivi di George Gershwin... no, fammi cominciare da capo... capitolo primo. Era troppo romantico riguardo a Manhattan. Per lui New York significava belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi navigazione... eh no, stantio, dai, impegnati un po' di più... Capitolo primo. Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea: la stessa carenza di integrità individuale... Non sarà troppo predicatorio? Capitolo primo. Adorava New York, ma com'era difficile esistere, in una società desensibilizzata dalla droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine, immondizia. Troppo arrabbiato. Capitolo primo. "Era duro e romantico come la città che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre..." No, aspetta, ci sono: "New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata..."
Un segnale appassionato e lungo, che arriva al giorno di pioggia a New York, 2019.


LA RECENSIONE CONTINUA A LEGGERE

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