Il maestro dei rapporti famigliari eleva il suo linguaggio con un'amara analisi delle disuguaglianze sociali. E diventa un classico vivente. Recensione di Emanuele Sacchi, legge Roberta Azzarone.
di A cura della redazione
In un umile appartamento vive una comunità di persone che sembra unita da legami di parentela. Così non è, nonostante la presenza di una nonna, di una coppia e una bambina trovata per strada. La famiglia, per definizione, non si sceglie, o forse la vera famiglia è proprio quella che si ha la facoltà di scegliere. Il "libero arbitrio parentale" è un tema ricorrente nel cinema di Kore'eda: dallo scambio di figli di Father and Son alla sorellanza estesa di Little Sister.
Buoni, cattivi, giusto e sbagliato, diventano concetti ribaltati sullo spettatore e sui suoi dubbi, con una padronanza della narrazione che guarda Akira Kurosawa, ancor più che al consueto termine di paragone di Ozu.
Con Un affare di famiglia si ride, ci si commuove e si rischia di finire con il cuore in frantumi. Mai così pessimista, e mai così lucido, Kore-eda è ormai un classico vivente.
In occasione dell'uscita al cinema di Un affare di famiglia (guarda la video recensione), in sala dal 13 settembre, Roberta Azzarone interpreta la recensione di Emanuele Sacchi.