owlofminerva
|
venerdì 9 marzo 2012
|
lento deprimente e riflessivo
|
|
|
|
Lento, instabile e deprimente fino al percorso on the road. Cheyenne è un ossimoro: è una rock star, lo è stata, si concia come tale ma dice di non esserlo, ne respinge l’immagine anche se non riesce a liberarsi dalla maschera che indossa come una seconda pelle, una condanna al ricordo delle sue colpe. Ancora si ostina ad avere capelli neri cotonati, labbra rosse, matita nera intorno agli occhi, unghie laccate, abiti attillati in stile gotico. Ha un’andatura dondolante, uno sguardo ingenuo e assente e una vocina flebile ed effeminata, garbata, gentile e generosa, un personaggio problematico, a tratti umoristico ma non grottesco.
Per camminare si deve sempre aggrappare a qualcosa: al carrello della spesa o al trolley con le ruote.
[+]
Lento, instabile e deprimente fino al percorso on the road. Cheyenne è un ossimoro: è una rock star, lo è stata, si concia come tale ma dice di non esserlo, ne respinge l’immagine anche se non riesce a liberarsi dalla maschera che indossa come una seconda pelle, una condanna al ricordo delle sue colpe. Ancora si ostina ad avere capelli neri cotonati, labbra rosse, matita nera intorno agli occhi, unghie laccate, abiti attillati in stile gotico. Ha un’andatura dondolante, uno sguardo ingenuo e assente e una vocina flebile ed effeminata, garbata, gentile e generosa, un personaggio problematico, a tratti umoristico ma non grottesco.
Per camminare si deve sempre aggrappare a qualcosa: al carrello della spesa o al trolley con le ruote. Da solo non si regge. Continua a bere ma solo analcolici colorati. Ha deciso di eclissarsi dal mondo Cheyenne e vive comodamente senza far nulla insieme ad una moglie che gli fa da madre e da argine alla sua depressione. Serve una botta e arriva dal padre. Da bambino, aveva deciso che il padre non gli voleva bene. E di quell’intuizione ne è ancora convinto con la presunzione di un bambino. La fine del padre rappresenta per il figlio l’inizio di un lungo percorso. Il sedentario Cheyenne trova la motivazione per viaggiare: trovare il nazista che aveva umiliato il padre. Lo trova. È solo, macilento, scheletrico, vecchio e indifeso. L’ex-nazista ormai vecchissimo compare nudo in mezzo alla neve: in quell’inquadratura estremamente realistica e insieme simbolica c’è tutta la ferocia del tempo che passa sui nostri corpi e l’umiliazione dell’umanità. Somiglia tanto alle povere vittime, vecchie e denudate, accasciate nella morte sulla neve nei campi di sterminio.Quel vecchio senza abiti, sulla neve, in una luce bianca, muove a pietà più che a vendetta. Ha ritrovato il padre e scoperto il suo ruolo. E’ il momento in cui si capisce che il protagonista si è finalmente liberato della maschera. Adesso può tornare a casa.
Cheyenne non ha più capelli lunghi e il rossetto sulle labbra. È un uomo come gli altri. È diventato se stesso. Dal cuore l’odio è fuoriuscito e finalmente sorride. This Must Be the Place, questo dovrebbe essere il posto. Un pellicola che lascia con l’amaro in bocca di mille interrogativi. Introspettivo e riflessivo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a owlofminerva »
[ - ] lascia un commento a owlofminerva »
|
|
d'accordo? |
|
intothewild4ever
|
lunedì 17 ottobre 2011
|
the strange place...
|
|
|
|
Film davvero molto particolare, come tutti i film di Sorrentino del resto. Il personaggio di Sean Penn è davvero ben pensato e, come sempre, stupendamente recitato dall'attore Statunitense, il quale riesce miracolosamente a non trasformare lo stesso, in un personaggio grottesco, se non addirittura farsesco.
C'è molta ironia nel film e, certo, anche una bella dose di stravaganza (vedi il pellerossa in giacca e cravatta che si fa dare un passaggio in macchina, o il tizio vestito da Batman, se non la papera tenuta in casa), insomma, si ride spesso durante la visione del film, e ciò rende molto piacevole la sua visione, nonostante la trama sia a tratti un pò enigmatica.
[+]
Film davvero molto particolare, come tutti i film di Sorrentino del resto. Il personaggio di Sean Penn è davvero ben pensato e, come sempre, stupendamente recitato dall'attore Statunitense, il quale riesce miracolosamente a non trasformare lo stesso, in un personaggio grottesco, se non addirittura farsesco.
C'è molta ironia nel film e, certo, anche una bella dose di stravaganza (vedi il pellerossa in giacca e cravatta che si fa dare un passaggio in macchina, o il tizio vestito da Batman, se non la papera tenuta in casa), insomma, si ride spesso durante la visione del film, e ciò rende molto piacevole la sua visione, nonostante la trama sia a tratti un pò enigmatica.
E' la storia di una rinascita, o meglio della tardiva crescita di una Rockstar rimasta bambino, che deve scontrarsi con la morte del papà perduto, fare la strana ricerca attraverso l'America dell'antico nemico del genitore, per riuscire infine a divenire adulto.
Da vedere, ma non è per tutti.
[-]
[+] mi associo!!!!!!!!!!!!!!!
(di weach)
[ - ] mi associo!!!!!!!!!!!!!!!
|
|
[+] lascia un commento a intothewild4ever »
[ - ] lascia un commento a intothewild4ever »
|
|
d'accordo? |
|
diego vitali
|
giovedì 20 ottobre 2011
|
sorrentino, penn e il suo pierrot dark
|
|
|
|
Sean Penn è Cheyenne, una volta una rockstar dark-glam, che ora vive nella sua villa di Dublino, con una moglie pompiere (Frances McDormand) e un cane con il collare vittoriano. Si circonda di altri personaggi altrettanto singolari, come una ragazza bella e triste, la madre ossessionata dalla scomparsa di suo figlio e il suo promotore di borsa Don Giovanni. Cheyenne è il centro di questo paesaggio circense. Non è mai cresciuto: continua a truccarsi e acconciarsi i capelli come Robert Smith dei Cure. È stralunato e depresso (o solo annoiato e stanco?) e continua a rivangare gli errori del passato. Viene distolto dal suo melange di dolore e dolcezza quando viene a sapere che suo padre, con il quale non ha rapporti da trent’anni, sta molto male.
[+]
Sean Penn è Cheyenne, una volta una rockstar dark-glam, che ora vive nella sua villa di Dublino, con una moglie pompiere (Frances McDormand) e un cane con il collare vittoriano. Si circonda di altri personaggi altrettanto singolari, come una ragazza bella e triste, la madre ossessionata dalla scomparsa di suo figlio e il suo promotore di borsa Don Giovanni. Cheyenne è il centro di questo paesaggio circense. Non è mai cresciuto: continua a truccarsi e acconciarsi i capelli come Robert Smith dei Cure. È stralunato e depresso (o solo annoiato e stanco?) e continua a rivangare gli errori del passato. Viene distolto dal suo melange di dolore e dolcezza quando viene a sapere che suo padre, con il quale non ha rapporti da trent’anni, sta molto male. Decide di partire per l’America per vederlo un’ultima volta, ma arriva troppo tardi. Al suo capezzale viene a sapere che l’uomo era ossessionato da un episodio avvenuto durante la prigionia ad Auschwitz e che in tutti quegli anni non aveva mai smesso di cercare il suo aguzzino nazista. Cheyenne decide allora di mettersi in viaggio per poter, forse, vendicare suo padre.
Uscito nei cinema il 14 ottobre ma presentato al festival di Cannes, questo film è stato costruito da Sorrentino e Penn intorno al personaggio di Cheyenne, splendido e credibile freak, un adulto che si veste e si trucca da adolescente dark, un Pierrot con gli anfibi, dall’animo malinconico, candido e infantile, incapace di affrontare la vita eppure pieno di dolcezza e dignità, così come di dolore e di rimorsi. Chiuso in un corpo segnato dagli eccessi e dalle colpe del passato, si muove a fatica in un mondo che gli resta estraneo. Il rapporto irrisolto con il padre sarà l’occasione per un viaggio nel profondo dell’America, dove, tra splendidi paesaggi rurali e periferici, farà una serie di incontri con personaggi assurdi e umanissimi, grotteschi e a volte esilaranti ma anche toccanti e sinceramente commoventi. Suonando la chitarra insieme a un bambino che ha paura di nuotare, Cheyenne chiuderà i nodi irrisolti e le ossessioni di suo padre, riuscendo a trovare il bandolo della matassa anche della propria esistenza, avendo finalmente scontando le “colpe dei padri”. Al termine del suo viaggio, Cheyenne potrà rivendicare il suo posto nel mondo, senza più bisogno di maschere.
This must be the place è ovviamente al di fuori dei canoni di Hollywood – ma anche di quelli italiani. È stato detto che ricorda il Wim Wenders di Paris, Texas. Si possono riscontrare forti affinità anche il David Lynch di Una storia vera, un altro road movie impenitentemente positivo, basato su un personaggio stra-ordinario rispetto a quello che si vede di solito al cinema. Ma se guardiamo al cinema di Sorrentino, ci accorgiamo che tutto il suo cinema è fatto di personaggi irripetibili calati in situazioni di empasse da cui cercano di liberarsi. È molto facile il paragone con Le conseguenze dell’amore, ma un po’ viene anche con Il divo. Personaggi prigionieri del proprio mito, del proprio passato, chiusi in una gabbia di non detti, desiderosi di uno sfogo e di una liberazione che sanno impossibile eppure che continuano a braccare.
Questa commedia dark o dramma leggero trae la propria forza dal contrasto dei toni e dei sapori che vengono proposti, lasciando però una sensazione di felice e non banale equilibrio. Se il film viene preso sul serio, ripaga. Se ci si pone con distacco e con pregiudizio, allora lascia seccati e indifferenti. È un po’ una fiaba, questa di Cheyenne che si mette in viaggio per completare il percorso esistenziale di suo padre e il proprio. Un po’ fiaba, un po’ bildungsroman.
Sean Penn è magnifico in un ruolo estremamente sopra le righe, che però non diventa macchietta e resta credibile e mai retorico. La sua bravura sta nell’aver conferito profondità e ricchezza di sfaccettature alla sua interpretazione, rendendo il personaggio complesso e affascinante, generoso ma anche pieno di riserbo, al punto da apparire, nell’umanità variegata e a volte improbabile presentata (sempre con simpatia e partecipazione) da Sorrentino, come il più normale di tutti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a diego vitali »
[ - ] lascia un commento a diego vitali »
|
|
d'accordo? |
|
luigi spagnolo
|
domenica 30 ottobre 2011
|
hic manebimus optime
|
|
|
|
La lentezza, cifra stilistica del cinema di Sorrentino, in questa pellicola è incarnata da un protagonista 'sui generis': nome indiano, trucco da rockstar, eloquio strascicato da ex-eroinomane, origini ebraiche. Una combinazione tanto improbabile quanto plausibile, che consente al regista napoletano di esplorare con sguardo incontaminato una Dublino depressa (indimenticabile l'icona della madre che fuma alla finestra in attesa del figlio smarrito) e il caleidoscopio americano, da New York allo Utah. Sean Penn, in stato di grazia, perfetto quando soffia via il ciuffo ribelle dalle labbra come quando si tira dietro il carrello della spesa o il trolley (nuova versione della coperta di Linus), cattura il pubblico per due ore senza problemi, e alla fine si svela in un sorriso alla Leonardo, libero da cerone e rotelle.
[+]
La lentezza, cifra stilistica del cinema di Sorrentino, in questa pellicola è incarnata da un protagonista 'sui generis': nome indiano, trucco da rockstar, eloquio strascicato da ex-eroinomane, origini ebraiche. Una combinazione tanto improbabile quanto plausibile, che consente al regista napoletano di esplorare con sguardo incontaminato una Dublino depressa (indimenticabile l'icona della madre che fuma alla finestra in attesa del figlio smarrito) e il caleidoscopio americano, da New York allo Utah. Sean Penn, in stato di grazia, perfetto quando soffia via il ciuffo ribelle dalle labbra come quando si tira dietro il carrello della spesa o il trolley (nuova versione della coperta di Linus), cattura il pubblico per due ore senza problemi, e alla fine si svela in un sorriso alla Leonardo, libero da cerone e rotelle.
La musica di David Byrne si fonde con la storia, ma il pericolo del videoclip è abilmente evitato grazie a un solido impianto emotivo, psicologico ed estetico.
Da Oscar.
[-]
[+] tutto perfetto e di una sintesi chirurgica
(di weach )
[ - ] tutto perfetto e di una sintesi chirurgica
|
|
[+] lascia un commento a luigi spagnolo »
[ - ] lascia un commento a luigi spagnolo »
|
|
d'accordo? |
|
maria giorgia
|
sabato 5 novembre 2011
|
sì, il posto deve essere questo
|
|
|
|
Cheyenne, cinquantenne, ex popstar di musica gothic, che non abbandona il suo passato apparente fatto di makeup glam e abbigliamento dark, ma quasi non ricorda come si suona la chitarra, conduce una vita da pensionato agiato in una villa lussuosa a Dublino, con una moglie che lo ama in modo sconfinato. Il suo stato d’animo oscilla tra una lieve depressione e una infinita noia. La morte del padre, con il quale aveva interrotto i rapporti da tempo, lo costringe a tornare a New York. Scopre che egli aveva un’ossessione: vendicarsi del suo carnefice per un’umiliazione subita in un campo di concentramento. Inizierà così un viaggio attraverso gli Stati Uniti alla ricerca di quest’uomo.
[+]
Cheyenne, cinquantenne, ex popstar di musica gothic, che non abbandona il suo passato apparente fatto di makeup glam e abbigliamento dark, ma quasi non ricorda come si suona la chitarra, conduce una vita da pensionato agiato in una villa lussuosa a Dublino, con una moglie che lo ama in modo sconfinato. Il suo stato d’animo oscilla tra una lieve depressione e una infinita noia. La morte del padre, con il quale aveva interrotto i rapporti da tempo, lo costringe a tornare a New York. Scopre che egli aveva un’ossessione: vendicarsi del suo carnefice per un’umiliazione subita in un campo di concentramento. Inizierà così un viaggio attraverso gli Stati Uniti alla ricerca di quest’uomo. Questo si rivelerà essere un viaggio nel quale egli ritroverà un luogo, proprio dentro di sé, anche se il personaggio lo negherà (“..non sto cercando me stesso. Sono in New Massico, non in India”).
This must be the place, canzone dei Talking Heads, dà il titolo al film ed echeggia per tutta la pellicola. Non a caso, proprio David Byrne scrive le musiche per il film durante il quale si esibisce anche cantando l’omonimo brano. Proprio il testo offre al pubblico una chiave di lettura. Il brano inizia così: Home is where I want to be. Cheyenne deve ritrovare la casa, intesa non come luogo fisico, ma come quel luogo dove stare in pace con se stessi. Tuttavia risuona spesso un altro pezzo, quello del compositore Arvo Pärt, Spiegel im spiegel. È una melodia candida e armoniosa dal forte impatto emotivo che avvolge la fragilità e la sensibilità del personaggio.
La figura di Cheyenne riporta alla mente personaggi già noti: Eduard mani di forbici, ma anche Robert Smith, leader dei Cure, se non addirittura un Ozzy Osbourne nelle vesti di se stesso nella fiction televisiva creata su misura, The Osbournes. A tutto questo si aggiunge un elemento caratterizzante; è una sorta di “coperta di Linus”, rappresentata dapprima da un carrellino per la spesa, poi da un trolley nero. Inizialmente può suscitare ilarità, ma poi fa riflettere. Nonostante la fama e il successo, il personaggio è profondamente timido, dalla flebile voce, che si alterna a stridenti grida (ma anche a risatine esilaranti). È un bambino nel corpo di un adulto, ancora non consapevole di sé e dell’altro da sé. Di adulto, ha solo il senso di colpa (alcuni giovani si sono tolti la vita a causa dei suoi testi impregnati di tristezza e angoscia) che pesa letteralmente sulle sue spalle, infatti cammina curvo e lento. Profondamente inadeguato, nella società, lui rappresenta lo xenos, il diverso, ma non alimenta paura o minaccia, piuttosto derisione e incomprensione. Ecco che il viaggio rappresenta un percorso catartico, necessario per la crescita sia fisica, dal punto di vista prettamente estetico (alla fine abbandonerà le vesti da rockstar) sia intima, in quanto avrà una presa di coscienza della sua reale esistenza. Quindi il fine del viaggio non sarà tanto la ricerca della vendetta (che, ad ogni modo, si consumerà) quanto un riscatto da se stesso. Insomma, purificazione e liberazione on the road con un Sean Penn dall’infinita grazia e dall’umorismo sottile. Unico neo è il finale, forse troppo improvviso e troppo semplice da assimilare bene, essendo sazi di una fotografia eccezionale e di alcuni dialoghi ben costruiti. E’ come uno scossone a rallenti che, tuttavia, ci offre un bellissimo messaggio: anche se adulti, si può sempre sorridere alla vita e andare avanti. Quindi, sì, il posto deve essere questo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maria giorgia »
[ - ] lascia un commento a maria giorgia »
|
|
d'accordo? |
|
boffese
|
lunedì 17 ottobre 2011
|
american sorrentino
|
|
|
|
This must be place è la prima opera di Paolo Sorrentino fuori dai confini italiani, una pellicola stupenda e sorprendente.
Il regista napoletano cambia registro , e' un Sorrentino diverso da quello che conosciamo , piu' maturo e capace di caricare la pellicola di atmosfere e dialoghi molto concreti , che lo rendono un tipico film d'autore americano.
Il personaggio di Cheyenne , e' interpratato da Sean Penn, che sfrutta tutte le sue capacita' regalandoci una performance favolosa.
Riesce a rendere il personaggio bizzarro dell'ex rockstar , senza esagerazioni , mai sopra le righe , sempre posato e divertente.
[+]
This must be place è la prima opera di Paolo Sorrentino fuori dai confini italiani, una pellicola stupenda e sorprendente.
Il regista napoletano cambia registro , e' un Sorrentino diverso da quello che conosciamo , piu' maturo e capace di caricare la pellicola di atmosfere e dialoghi molto concreti , che lo rendono un tipico film d'autore americano.
Il personaggio di Cheyenne , e' interpratato da Sean Penn, che sfrutta tutte le sue capacita' regalandoci una performance favolosa.
Riesce a rendere il personaggio bizzarro dell'ex rockstar , senza esagerazioni , mai sopra le righe , sempre posato e divertente.
La regia , non si lascia sfuggire la minima espressione del divo americano, che si lascia accompagnare in questo intenso road-movie dall' Irlanda , fino agli Stati Uniti d'America.
Una sceneggiatura inquietante per la sua bellezza. mai una parola in piu' , dialoghi sintetici e pieni di significato.
Cheyenne , la moglie vigile del fuoco(la bravissima F. MacDormand) e i tantissimi variopinti personaggi Sorrentiniani , vanno a scontrarsi con i tanti quesiti di vita toccati dal film; la redenzione , la vendetta , il senso di colpa , la fragilita' giovanile , l'insicurezza , l'immaturita' .
Splendida la fotografia di Luca Bigazzi e coinvolgente la colonna sonora firmata da David Byrne.
This must be place e' un opera d'arte , e non si dovrebbe neanche perdere tempo a dare giudizi , si deve guardare e riguardare per essere partecipi delle magnifiche sensazioni che ci regala il piu' grande artista italiano contemporaneo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a boffese »
[ - ] lascia un commento a boffese »
|
|
d'accordo? |
|
stefano b
|
venerdì 11 novembre 2011
|
visto da una prospettiva differente .....
|
|
|
|
La trama di this must be the place, è nota. Cheyenne, rockstar mai cresciuta, in un viaggio alla ricerca di se stesso nell’America dei grandi spazi e delle grandi scene stereotipate.
Mi è molto piaciuto questo film , che ho visto un po’ per caso e senza leggere trama ne critiche. Ho impiegato qualche giorno a metabolizzarlo, a cercare di risolvere un racconto, in se estremamente semplice e dissociato. Ma poi non ho capito che il film non andava visto dall’angolazione di Cheyenne, ma da un altro punto di vista.
Così, ho finalmente apprezzato il film per quello che realmente è: non il racconto di un rocker in viaggio, non è la storia di Cheyenne, ma invece una profonda parodia dell’America, o meglio dei resti di quell’America degli anni ’60, che abbiamo tutti amato in Kerouac e Antonioni.
[+]
La trama di this must be the place, è nota. Cheyenne, rockstar mai cresciuta, in un viaggio alla ricerca di se stesso nell’America dei grandi spazi e delle grandi scene stereotipate.
Mi è molto piaciuto questo film , che ho visto un po’ per caso e senza leggere trama ne critiche. Ho impiegato qualche giorno a metabolizzarlo, a cercare di risolvere un racconto, in se estremamente semplice e dissociato. Ma poi non ho capito che il film non andava visto dall’angolazione di Cheyenne, ma da un altro punto di vista.
Così, ho finalmente apprezzato il film per quello che realmente è: non il racconto di un rocker in viaggio, non è la storia di Cheyenne, ma invece una profonda parodia dell’America, o meglio dei resti di quell’America degli anni ’60, che abbiamo tutti amato in Kerouac e Antonioni.
Solo che qui, al posto della maestosità dei paesaggi si è sostituita la desolazione dei Motel abbandonati, dei parcheggi distrutti. La strada americana, il simbolo dell’avventura, della voglia e delle opportunità offerte a ognuno, è ora una strada che collega piccoli paesi stanchi e disperati, persone ancorate al passato che non hanno più speranza nel sogno americano.
Sembra che Sorrentino abbiamo voluto riprendere il discorso di JKF sulla New Frontier ..(”
the frontier of the 1960's, the frontier of unknown opportunities and perils, the frontier of unfilled hopes and unfilled threats. ... Beyond that frontier are uncharted areas of science and space, unsolved problems of peace and war, unconquered problems of ignorance and prejudice, unanswered questions of poverty and surplus) ”) per dimostrare come gran parte di ciò si è infranto contro un muro di nulla, di ignoranza, di desolazione e di mancanza di passione , un popolo di personaggi nelle loro situazioni: la ragazza che non si vuole fidanzare, la madre che aspetta il figlio scappato.. un popolo di anime terrorizzate.
Non può mancare, in questo film sul sogno americano ormai andato, oltre all’immobilismo, il senso del denaro, che invade e spiega ogni situazione: La sfruttamento da parte di sua moglie, l’amico, il padrone del costoso Pick up, il ragazzo che vuol farsi produrre il disco, l’inventore del trolley…una critica feroce al modello Usa, a una società in declino che viene battuta sul suo stesso campo dai nuovi padroni, i cinesi. Non a caso, nel film non c’è alcuna citazione della Cina, esorcizzata e nascosta sotto la sabbia, da una cultura ancorata e bloccata nel passato.
Come Cheyenne, che è rimasto in un riquadro immobile di un mondo fotografato. Cheyenne rappresenta non solo l’America che non c’è più, ma ognuno di noi, quando restiamo ingessati nel nostro personaggio, quando sorridiamo scioccamente e dovremmo piangere, quando non vogliamo accettare le situazione e non sappiamo guardarci dentro. Invece solo l’accettare il rischio, il metterci a nudo e affrontare i cambiamento, l’aprirsi al mondo e alle opportunità, ci farà vivere.
Ma Cheyenne, ed è questo il messaggio vero del film, ce la fa. Rischia, si perde, si lancia nelle situazioni improbabili, brucia i legami (il pick up), esorcizza le paure (il nazista) e alla fine esce, positivo vincitore. Un bel messaggio un incitamento ad andare avanti, a rimettersi in gioco.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a stefano b »
[ - ] lascia un commento a stefano b »
|
|
d'accordo? |
|
angelo umana
|
sabato 25 agosto 2012
|
cercar sé stessi
|
|
|
|
Victor Hugo ne i Miserabili: “E’ nulla il morire. Spaventoso è non vivere” (o, si potrebbe anche dire, vivere da morti). Questo sta facendo Cheyenne – superlativo insuperabile Sean Penn, da risultare infine grandemente simpatico e degno d'affetto – ex rocker che vive di rendita e di ricordi in Irlanda, una vita ferma e lenta come i suoi pensieri e parole, non privi di ironia, un morto vivente, un’ameba, sebbene vestita pettinata e truccata (con relativi matite rossetto smalto cipria e fondotinta) ancora da rocker.
Alla morte del padre, ebreo polacco emigrato in America dopo il campo di concentramento e la seconda guerra - padre che Cheyenne non vede da trent’anni - l’ex rocker si muove, si anima un po’, ha uno scopo, quello di trovare negli USA l’ormai 95enne ex ufficiale nazista che aveva umiliato papà nel lager, un certo Aloise Lange che si fa chiamare Smith.
[+]
Victor Hugo ne i Miserabili: “E’ nulla il morire. Spaventoso è non vivere” (o, si potrebbe anche dire, vivere da morti). Questo sta facendo Cheyenne – superlativo insuperabile Sean Penn, da risultare infine grandemente simpatico e degno d'affetto – ex rocker che vive di rendita e di ricordi in Irlanda, una vita ferma e lenta come i suoi pensieri e parole, non privi di ironia, un morto vivente, un’ameba, sebbene vestita pettinata e truccata (con relativi matite rossetto smalto cipria e fondotinta) ancora da rocker.
Alla morte del padre, ebreo polacco emigrato in America dopo il campo di concentramento e la seconda guerra - padre che Cheyenne non vede da trent’anni - l’ex rocker si muove, si anima un po’, ha uno scopo, quello di trovare negli USA l’ormai 95enne ex ufficiale nazista che aveva umiliato papà nel lager, un certo Aloise Lange che si fa chiamare Smith. Una voce di fondo – quella del padre, probabilmente – dice che prima dell’esperienza nel lager non ricordava altro che “spensieratezza” e che in fondo il cielo che vedeva dal campo, pure se segnato dalla linea del fumo dei forni, era bello come quello della sua infanzia.
Più che la ricerca dell’ex nazista è un “on the road” che lo fa riflettere su se stesso, su tutta la sua vita e le sue convinzioni errate; il viaggio ci mostra anche un’America legata ai suoi schemi, quasi ingenua. Scopre ad esempio, lui che non ha avuto un figlio e che a 15 anni si convinse di non essere amato dal padre, che nessun padre può non amare il proprio figlio. Attraverso vari stati americani alla ricerca di Lange, col suo inseparabile trolley, il suv, i motel, ha degli incontri anche toccanti che lo aiutano nelle sue riflessioni (un’associazione di idee conduce a “Into the wild”): un ex pilota d’aereo che è egli stesso l’inventore del trolley, l’ebreo cacciatore di nazisti e grande amico di suo padre, Mordecai Midler, la giovane barista Rachel e suo figlio che da sempre cercano un affetto, e saranno gli unici per i quali Cheyenne riprende in mano una chitarra per suonare "This must be the place" dei Talking Heads.
Memorabile e di grande impatto emotivo la scena conclusiva, del corpo vecchio e decrepito di Aloise Lange che cieco e nudo vaga in un paesaggio nevoso.
[-]
[+] caro angelo ti vengo a trovare nella tua..........
(di weach )
[ - ] caro angelo ti vengo a trovare nella tua..........
|
|
[+] lascia un commento a angelo umana »
[ - ] lascia un commento a angelo umana »
|
|
d'accordo? |
|
melandri
|
mercoledì 19 ottobre 2011
|
l'elogio della lentezza
|
|
|
|
Paolo Sorrentino alla sua prima prova internazionale fa sicuramente centro.Dopo gli indimenticabili personaggi "made in italy" interpretati magistralmente dal suo attore feticcio Toni Servillo,Sorrentino ci regala(grazie anche all'ennesima grande prova d'attore del 2 volte premio Oscar Sean Penn)un'altra figura che restera' per molto tempo nella mente dello spettatore.L'ex rockstar darkeggiante Cheyenne(il look "rubato" al leader dei Cure Robert Smith non è casuale)che vive ormai di rendita e di rimorsi in una casa troppo grande quanto vuota.Consolato solo dalla moglie pompiere(anche questo non è un caso)che lo asseconda ma al tempo stesso lo completa essendone la controparte attiva e positiva,il nostro,causa la morte del padre che non vede da 30 anni,sarà costretto(o forse era proprio quello che stava aspettando?)a sradicare la sua omai monotona vita per portarla in un lungo viaggio on the road per gli states alla ricerca del nazista che durante la seconda guerra mondiale si rese colpevole di un torto mai digerito dal genitore.
[+]
Paolo Sorrentino alla sua prima prova internazionale fa sicuramente centro.Dopo gli indimenticabili personaggi "made in italy" interpretati magistralmente dal suo attore feticcio Toni Servillo,Sorrentino ci regala(grazie anche all'ennesima grande prova d'attore del 2 volte premio Oscar Sean Penn)un'altra figura che restera' per molto tempo nella mente dello spettatore.L'ex rockstar darkeggiante Cheyenne(il look "rubato" al leader dei Cure Robert Smith non è casuale)che vive ormai di rendita e di rimorsi in una casa troppo grande quanto vuota.Consolato solo dalla moglie pompiere(anche questo non è un caso)che lo asseconda ma al tempo stesso lo completa essendone la controparte attiva e positiva,il nostro,causa la morte del padre che non vede da 30 anni,sarà costretto(o forse era proprio quello che stava aspettando?)a sradicare la sua omai monotona vita per portarla in un lungo viaggio on the road per gli states alla ricerca del nazista che durante la seconda guerra mondiale si rese colpevole di un torto mai digerito dal genitore.Tra personaggi a volte felliniani e panorami da west end Cheyenne(accompagnato dall'inseparabile trolley)si muove in un'apparente lentezza di intenti che lo porteranno a scoprire molto di piu' di quello che credeva di trovare alla sua partenza.I viaggi piu' importanti ,ci ricorda Sorrentino,sono sempre quelli che facciamo dentro noi stessi.
Menzioni particolari per l'ottima fotografia e la coinvolgente colonna sonora dell'ex Talking Heads David Byrne.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a melandri »
[ - ] lascia un commento a melandri »
|
|
d'accordo? |
|
ernestoann1
|
martedì 25 ottobre 2011
|
film introspettivo e piacevole.sean penn da oscar.
|
|
|
|
Il film comincia in modo pacato,studiando molto il personaggio e tutto il mondo che lo circonda.Uno Sean Penn trasformato dal trucco ma come sempre al Top regala l'ennesima perla di interpretazione calandosi perfettamente nella parte di Ceyenne,Rockstar attempata e stanca della vita che non gli regala piu emozioni.
La notizia della morte del padre con cui non aveva rapporti dall'età adolescienziale è l'inizio di un viaggio che porta l'ex musicista a riscoprire se stesso e a dargli stimoli che non aveva più da troppo tempo.
A parere mio la regia gioca molto bene sul personaggio,rendendolo piacevole e mai noioso e poi c'è uno Sean Penn che da solo vale il prezzo del biglietto.Le musiche sono a pennello e incalzano perfettamente in ogni scena.
[+]
Il film comincia in modo pacato,studiando molto il personaggio e tutto il mondo che lo circonda.Uno Sean Penn trasformato dal trucco ma come sempre al Top regala l'ennesima perla di interpretazione calandosi perfettamente nella parte di Ceyenne,Rockstar attempata e stanca della vita che non gli regala piu emozioni.
La notizia della morte del padre con cui non aveva rapporti dall'età adolescienziale è l'inizio di un viaggio che porta l'ex musicista a riscoprire se stesso e a dargli stimoli che non aveva più da troppo tempo.
A parere mio la regia gioca molto bene sul personaggio,rendendolo piacevole e mai noioso e poi c'è uno Sean Penn che da solo vale il prezzo del biglietto.Le musiche sono a pennello e incalzano perfettamente in ogni scena.
Non sarà uno di quei film che passerà alla storia ma sicuramente è uno di quelli che non guastano mai.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ernestoann1 »
[ - ] lascia un commento a ernestoann1 »
|
|
d'accordo? |
|
|