davidearte
|
lunedì 2 gennaio 2012
|
il road movie visto da un italiano
|
|
|
|
Una ex rock star in pensione vive una vita agiata e apparentemente piatta in una Dublino preoccupata della crisi economica. Il suo mondo viene stravolto quando scopre che il padre, ebreo deportato in un campo di concentramento, cercava ancora vendetta dopo più di 60 anni dalla fine della guerra. Sarà compito del figlio (un grandioso Sean Penn alias Cheyenne) cercare il nazista in bizzarre località americane, ma come ogni buon road movie, la vera meta del viaggio è un’altra: i personaggi in cui si imbatte e le storie che scaturiscono da questi incontri lo faranno crescere e trasformeranno il viziato, annoiato e a tratti depresso musicista in un uomo capace di affrontare la vita. Ma nell’intreccio non mancano (anzi ce ne sono parecchi) esilaranti eventi al limite dell’impossibilità statistica (come l’autocombustione della macchina o la chiacchierata con l’inventore del trolley).
[+]
Una ex rock star in pensione vive una vita agiata e apparentemente piatta in una Dublino preoccupata della crisi economica. Il suo mondo viene stravolto quando scopre che il padre, ebreo deportato in un campo di concentramento, cercava ancora vendetta dopo più di 60 anni dalla fine della guerra. Sarà compito del figlio (un grandioso Sean Penn alias Cheyenne) cercare il nazista in bizzarre località americane, ma come ogni buon road movie, la vera meta del viaggio è un’altra: i personaggi in cui si imbatte e le storie che scaturiscono da questi incontri lo faranno crescere e trasformeranno il viziato, annoiato e a tratti depresso musicista in un uomo capace di affrontare la vita. Ma nell’intreccio non mancano (anzi ce ne sono parecchi) esilaranti eventi al limite dell’impossibilità statistica (come l’autocombustione della macchina o la chiacchierata con l’inventore del trolley). Cheyenne è un personaggio dalle mille sfumature, ben costruito e credibilmente inserito nella realtà contemporanea, interpretato da un premio oscar che merita per questo un’altra statuetta. Fisicamente è evidentemente ispirato a Robert Smith (frontman dei Cure), ma negli atteggiamenti, per il vocabolario che usa, per come si veste in casa e per il vivace rapporto con la moglie assomiglia inequivocabilmente a Ozzy Ozbourne, protagonista di un reality di Mtv con tutta la sua famiglia. La fotografia è straordinaria e totalizzante in tanti momenti del film e la colonna sonora è azzeccatissima: spesso un attento mix di queste due cose dona uno spessore e un carattere incisivo alla storia, molto più di mille parole e di mille racconti. La qualità di questo film di Paolo Sorrentino dimostra che il cinema italiano non è morto e non è neppure solo cinepanettoni &co., ma è di alto livello e sta a testa alta nell’Olimpo della settima arte. Ottimo sotto tutti i punti di vista.
Due scene da incorniciare: Cheyenne riesce a zittire cinque donne impegnate in alte discussioni estetiche (come far durare tutto il giorno il rossetto) e la partita a ping pong con il giovane americano.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a davidearte »
[ - ] lascia un commento a davidearte »
|
|
d'accordo? |
|
amandagriss
|
mercoledì 27 marzo 2013
|
un uomo allo specchio
|
|
|
|
Sean Penn nelle mani del demiurgo Sorrentino si lascia plasmare e trasfigurare per incarnare,nel corpo e nell'anima,un moderno clown di nero vestito,asessuato,triste,depresso o“forse solo annoiato”, stanco e accartocciato su se stesso,fragile come una scultura di cristallo,pacato e lento nelle parole e nei gesti, sensibile fino ad essere emotivamente senza pelle,dotato di un'ironia sofisticata e corrosiva,ancorato ad un passato che rifugge ma di cui non può fare a meno.Il passato,il suo rifugio,il suo presente e probabilmente anche il suo futuro se un evento improvviso non fosse giunto a distoglierlo da quel vivere'in sospensione',in perenne raggomitolata intimità con se stesso,richiamandolo alla realtà,inducendolo ad emergere dal suo liquido amniotico:una villa dall'arredo minimalistico, svuotata del presente e munita di piscina che mai ha visto acqua,il vicino centro commerciale,le solite,poche care facce.
[+]
Sean Penn nelle mani del demiurgo Sorrentino si lascia plasmare e trasfigurare per incarnare,nel corpo e nell'anima,un moderno clown di nero vestito,asessuato,triste,depresso o“forse solo annoiato”, stanco e accartocciato su se stesso,fragile come una scultura di cristallo,pacato e lento nelle parole e nei gesti, sensibile fino ad essere emotivamente senza pelle,dotato di un'ironia sofisticata e corrosiva,ancorato ad un passato che rifugge ma di cui non può fare a meno.Il passato,il suo rifugio,il suo presente e probabilmente anche il suo futuro se un evento improvviso non fosse giunto a distoglierlo da quel vivere'in sospensione',in perenne raggomitolata intimità con se stesso,richiamandolo alla realtà,inducendolo ad emergere dal suo liquido amniotico:una villa dall'arredo minimalistico, svuotata del presente e munita di piscina che mai ha visto acqua,il vicino centro commerciale,le solite,poche care facce.In una Dublino silente assente dalla caotica frenesia contemporanea.La morte del padre-deceduto a New York-lo costringe ad uscire allo'scoperto',ad abbandonare l'ordinaria monotonìa(voluta,cercata e che ha finito con l'imprigionarlo)di un'esistenza-surrogato,la cui piattezza comincia a far sentire tutto il suo peso schiacciante.Così,con al seguito un piccolo trolley(la sua essenza irrisolta)approda negli States e raggiunge il capezzale del genitore defunto, con cui non parlava da trent'anni.Verrà a conoscenza di un doloroso episodio che gli sconvolse l’esistenza -allora era solo un bambino- senza più abbandonarlo.Provvederà a rendergli giustizia.La morte,per rammaricarsi e rimpiangere di aver permesso alla vita di lasciar scivolar via gli affetti più cari.La morte,per riconciliarsi spiritualmente,come espressione di un vincolo sempiterno,che si rafforza invece di estinguersi, come estremo atto d'amore,come regalo di speranza per chi non si aspetta e crede di non volere più niente.La morte,per guardarsi dentro e riuscire a comprendere oltre ogni incomprensione,per non ripetere irrimediabilmente gli errori dei padri,per rendersi conto della vita,del presente costantemente sotto gli occhi eppur impalpabile,sfuggente, inafferrabile.Respiro internazionale in questo racconto commovente quanto eccentrico,bizzarro e personalissimo secondo lo stile del regista-autore campano,che partendo dal luogo comune del viaggio come introspezione,tanto caro alla settima arte,disegna 1 road movie esistenziale,curioso,indecifrabile,originale quanto il suo protagonista,il quale,sotto lo strato di spesso cerone che lo rende un ridicolo anacronismo,finirà col trovare l’uomo che è oggi,non più'scollato'dal presente ma'saldato'in esso.Forte è la componente visionaria,che affascina,ipnotizza(David Byrne che canta This must be the place su un palco con scenografia in divenire),mai fine a se stessa,simbolo del percorso umanissimo del nostro.Gli spazi immensi,i colori accesi,il vento sulla pelle,il soffermarsi sui volti,sui gesti,sui particolari fisici della gente comune che incrocia sul suo cammino sono la meraviglia che contiene il mondo,di cui per tanto tempo si è privato e che adesso si scopre,folgorato,a contemplare.Tempi dilatati,modalità di ripresa assai suggestive e ricercate, carrellate e piani sequenza atti ad esprimere stati d'animo,sottolineare parole e invitarci al loro ascolto(la scena-medesima ripresa reiterata-in cui il vecchio nazista in carrozzina comincia a parlare).Sean Penn giganteggia:ammalia lo spettatore col suo perfetto travestimento.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a amandagriss »
[ - ] lascia un commento a amandagriss »
|
|
d'accordo? |
|
matthewbrown
|
venerdì 21 ottobre 2011
|
una sedia per tutti..
|
|
|
|
This must be the place è un film molto intenso, lento, complesso e ricco di tematiche affrontate con la giusta sensibilità. Si tratta di famiglia, di solitudine, di evoluzione, di sentimenti, di persone, di vita. Si tratta anche di Olocausto.
Non è un tema facile da portare sul grande schermo, ma in questo caso Sorrentino lo sfiora e lo affronta obbiettivamente (memorabile la scena delle diapositive in un silenzio imbarazzante), senza cadere in ridondanti giudizi, ma adattandolo originalmente alla sceneggiatura, non proprio irresistibile però.
La regia invece è superba, fantasiosa, libera da schemi, matura, maniacale; accompagnata da una grande colonna sonora e da una fotografia impressionanate firmata Luca Bigazzi.
[+]
This must be the place è un film molto intenso, lento, complesso e ricco di tematiche affrontate con la giusta sensibilità. Si tratta di famiglia, di solitudine, di evoluzione, di sentimenti, di persone, di vita. Si tratta anche di Olocausto.
Non è un tema facile da portare sul grande schermo, ma in questo caso Sorrentino lo sfiora e lo affronta obbiettivamente (memorabile la scena delle diapositive in un silenzio imbarazzante), senza cadere in ridondanti giudizi, ma adattandolo originalmente alla sceneggiatura, non proprio irresistibile però.
La regia invece è superba, fantasiosa, libera da schemi, matura, maniacale; accompagnata da una grande colonna sonora e da una fotografia impressionanate firmata Luca Bigazzi. Numerose inoltre le comparse di "sedie", una curiosità del film che forse hanno un richiamo allegorico(?) al "posto" ricercato dai Talking Heads e da Cheyenne. Sean Penn, appunto, si riconferma un Attore immenso, incarnando ogni ruolo con incredibile spessore emotivo, riuscendo ogni volta ad emozionare e a trascinare lo spettatore.
E' un film che va rivisto più di una volta, per capirne meglio le relazioni tra i personaggi, per godere a pieno della drammatica ed intensa bellezza visiva donataci da Sorrentino, che si dimostra sempre più geniale e ormai una garanzia dietro la macchina da presa.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a matthewbrown »
[ - ] lascia un commento a matthewbrown »
|
|
d'accordo? |
|
www.federicoremiti.com
|
lunedì 31 ottobre 2011
|
un sorrentino da hollywood, ma con poesia.
|
|
|
|
Premettendo che io ho un debole per i lavori di Paolo Sorrentino, per me uno dei migliori registi contemporanei italiani, devo dire che l’ultimo lavoro del regista mi è piaciuto molto, sebbene io sia tutto tranne che un estimatore dei Road Movie. Se posso permettermi parto da cosa non mi è piaciuto. Per prima cosa, la fotografia a volte è occasionalmente esagerata. Capisco bene abbia avuto un budget talmente elevato da poter mettere gru ovunque, ma alcune di queste a mio modesto avviso non sono funzionali alla storia, ma puro esercizio estetico. Alcune inquadrature d’altro canto sono stupende (la ragnatela in contro luce, il passaggio con carrello sotto il camion argentato, solo per ricordarne alcune).
[+]
Premettendo che io ho un debole per i lavori di Paolo Sorrentino, per me uno dei migliori registi contemporanei italiani, devo dire che l’ultimo lavoro del regista mi è piaciuto molto, sebbene io sia tutto tranne che un estimatore dei Road Movie. Se posso permettermi parto da cosa non mi è piaciuto. Per prima cosa, la fotografia a volte è occasionalmente esagerata. Capisco bene abbia avuto un budget talmente elevato da poter mettere gru ovunque, ma alcune di queste a mio modesto avviso non sono funzionali alla storia, ma puro esercizio estetico. Alcune inquadrature d’altro canto sono stupende (la ragnatela in contro luce, il passaggio con carrello sotto il camion argentato, solo per ricordarne alcune). Fotografia comunque generalmente ottima. La sceneggiatura. I subplot per la prima volta in un film italiano sono estremamente spassosi e ben concepiti, purtroppo la sceneggiatura ha dei punti di debolezza sintomatici. E’ difficile sostenere il ritmo nel secondo atto sopratutto nei road movie, e infatti diventa un pelo noioso il film quando Cheyenne incontra la ragazza madre. Inoltre in alcuni tratti il legame Irlanda-USA è oscuro e ci lascia un po’ confusi. Sorrentino ci chiede di credergli e noi gli crediamo per sospensione dell’incredulità, ma non perché ci ha convinti della bontà della storia. Detto questo la costruzione dei personaggi è più felice di quanto io abbia mai sperato, ad eccezione della madre forse. Ecco lì direi che si è esagerato un pelo nella costruzione, comunque grande interpretazione dell’attrice. La recitazione. Nulla da dire, cast di primo livello, lavorare con un Sean Penn divertito dal suo personaggio deve essere stato così bello da valere tutta la fatica nel concepirlo. Senza di lui probabilmente il film non sarebbe mai esistito. Le musiche. Finalmente un film italiano costruito con le musiche in mente. Si vede e si sente. Andate a vedere quanti si scaricano su iTunes la colonna sonora del film. Il doppio finale. Geniale, mi ha fatto commuovere e rinfrancare dalle quasi due ore di proiezione. Un ottimo salto di qualità di Paolo che farà sicuramente grandi cose con la Indigo Film. Grazie ragazzi continuate così!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a www.federicoremiti.com »
[ - ] lascia un commento a www.federicoremiti.com »
|
|
d'accordo? |
|
desgi
|
lunedì 17 ottobre 2011
|
il fulminante incontro con l’inventore del trolley
|
|
|
|
Sorrentino propone una storia complessa, probabilmente troppo per essere trattata come materia da fumetto alla maniera di Tarantino. E’ un problema di registro linguistico quello che affligge il film, per cui la forma di discosta non poco dal contenuto. Manca, come è invece accaduto per i film precedenti, quel legame inscindibile tra le immagini e il significato di fondo della storia che è costituito dalla poesia. Sorrentino è un maestro nella rappresentazione del vuoto esistenziale, dell’incomunicabilità, del disagio dell’uomo contemporaneo di viere in una società globalizzata e devitalizzata che pure ha creato ma in cui non si ritrova, anzi, per l’esattezza, in cui si sente inadeguato. Le inquadrature sono perciò sempre essenziali, fatte di architetture geometriche e vuote, iperrealiste e quasi metafisiche; ecco allora il susseguirsi di supermercati, di centri commerciali, di scale mobili, di cavalcavia futuristi che volano sulle teste degli uomini e sulle case.
[+]
Sorrentino propone una storia complessa, probabilmente troppo per essere trattata come materia da fumetto alla maniera di Tarantino. E’ un problema di registro linguistico quello che affligge il film, per cui la forma di discosta non poco dal contenuto. Manca, come è invece accaduto per i film precedenti, quel legame inscindibile tra le immagini e il significato di fondo della storia che è costituito dalla poesia. Sorrentino è un maestro nella rappresentazione del vuoto esistenziale, dell’incomunicabilità, del disagio dell’uomo contemporaneo di viere in una società globalizzata e devitalizzata che pure ha creato ma in cui non si ritrova, anzi, per l’esattezza, in cui si sente inadeguato. Le inquadrature sono perciò sempre essenziali, fatte di architetture geometriche e vuote, iperrealiste e quasi metafisiche; ecco allora il susseguirsi di supermercati, di centri commerciali, di scale mobili, di cavalcavia futuristi che volano sulle teste degli uomini e sulle case. Si spiega così la predilezione per i luoghi asettici e privi di anima come l’ incolore Svizzera ne “Le conseguenza dell’amore”, le repulsive architetture fasciste di Latina in “L’amico di famiglia”, l’insignificante realtà provinciale di Ascoli nel romanzo ”Hanno tutti ragione”, gli agghiaccianti motel anonimi dell’entroterra statunitense e via di questo passo.
Anche il protagonista di “This must be the place” si muove in luoghi simili, tanto è vero che l’Irlanda e gli Stati Uniti non hanno un'identità riconoscibile: i luoghi dell’azione non appartengono a nessun posto particolare e il centro commerciale, come pure il paese stravolto da svincoli e cavalcavia autostradali, potrebbero trovarsi indifferentemente in una qualsiasi periferia del mondo. La rockstar del film si chiama Cheyenne, ,ma in realtà è Robert Smith, il leader dei Cure anche se Sorrentino utilizza il personaggio in quanto figura dell’immaginario collettivo e lo adatta ai a suoi scopi rendendolo protagonista di un'avventura come un qualsiasi eroe dei fumetti. Certamente il regista può essere stato attratto dalla figura di Smith per la stretta relazione di questi con alcuni film di di David Lynch come “Twin Peaks” e “Muholland Drive” in cui si prefigurava la scena dark.
Cheyenne conduce un’esistenza vuota, sull’orlo della disperazione resa più cupa dal senso di colpa, simboleggiato dal trolley che l’accompagna in qualsiasi sua attività, fosse quella di fare la spesa al supermercato o più propriamente di viaggiare. Quando incontrerà l’inventore del trolley, troverà anche l'indizio giusto che lo porterà a scovare il nascondiglio del nazista aguzzino di suo padre e il film si avvia alla sua conclusione. Durante la confessione del tedesco emerge che anche quest’uomo trascina un suo peso, il suo senso di colpa da espiare. La storia acquista allora un significato universale, con riferimenti anche biblici sulla condizione umana: ciascuno trascina il suo peso, ciascuno è sull’orlo del precipizio e per salvarsi bisogna perseverare nella ricerca, quindi espiare la propria colpa. Solo così la catarsi può compiersi ed iniziare la rigenerazione.
E’ evidente che tanta carne a cuocere richiede una maestria eccelsa per essere degnamente rappresentata senza correre il rischio di scivolare e cadere nel banale. Sorrentino fa del suo meglio, ma alla fine resta una certa sensazione di scollatura e di freddezza. Tuttavia, i soli tre minuti in cui compare sulla scena David Byrne rendono imprescindibile la visione del film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a desgi »
[ - ] lascia un commento a desgi »
|
|
d'accordo? |
|
katamovies
|
venerdì 21 ottobre 2011
|
sorrentino non ci tradire!!!
|
|
|
|
Sorrentino, non ci tradire!!! dopo aver infilato quattro titoli uno meglio dell'altro ("L'uomo in più", "L'amico di famiglia", "Le conseguenze dell'amore", "Il Divo") Paolo Sorrentino ha diretto un film negli USA. Che dire? Spero non faccia la fine si quei campioni di basket italiani, che appena entrano nella NBA cominciano a giocare come pivelli..
Intendiamoci, il rischio che pavento è ben lontano, a giudicare da questo film.
Sorrentino si confronta con gli Stati Uniti d'America: con i suoi paesaggi (il cielo basso sulle infinite highways), con i suoi prototipi (la rockstar cinquantenne che mi ha ricordato Ozzy o Alice Cooper, o i Kiss), con i suoi fantasmi (la caccia al criminale nazista da parte della suddetta rockstar, di famiglia ebraica).
[+]
Sorrentino, non ci tradire!!! dopo aver infilato quattro titoli uno meglio dell'altro ("L'uomo in più", "L'amico di famiglia", "Le conseguenze dell'amore", "Il Divo") Paolo Sorrentino ha diretto un film negli USA. Che dire? Spero non faccia la fine si quei campioni di basket italiani, che appena entrano nella NBA cominciano a giocare come pivelli..
Intendiamoci, il rischio che pavento è ben lontano, a giudicare da questo film.
Sorrentino si confronta con gli Stati Uniti d'America: con i suoi paesaggi (il cielo basso sulle infinite highways), con i suoi prototipi (la rockstar cinquantenne che mi ha ricordato Ozzy o Alice Cooper, o i Kiss), con i suoi fantasmi (la caccia al criminale nazista da parte della suddetta rockstar, di famiglia ebraica).
Ora, Sorrentino conosce la poesia, gli attori sono meravigliosi e non c'è nemmeno da dirlo, lo stile con cui sorrentino gira è stupendo, elegante, asciutto allo stesso tempo (il personaggio principale entra in campo sempre alla fine). L'unica cosa che mi ha lasciato perplessa è la vicenda, che rispetto a tutto il resto (attori, sceneggiatura, personaggi, stile etc) ho trovato esile. Cioè questa storia della rockstar di mezza età che, alla morte del padre, parte alla ricerca del nazista che maltrattò questi in un campo di concentramento boh.. Mi sembra poco plausibile, esile, ripeto, rispetto al film, alle potenzialità che aveva. Però, che dire, con Sorrentino le aspettive sono alte, dopo "Il Divo": quello era un film in cui si affrontava un personaggio (Andreotti) difficile, complesso, controverso. Certo, il soggetto non aveva il respiro internazionale di questo, né l'intera produzione ne aveva l'appeal (Servillo è bravissimo ma Sean penn è una star di ollivùd), ma il fatto che Il Divo fosse un film tratto daun soggetto di respiro nazionale non ne limita la grandiosità. Comunque, Sorrentino è il migliore regista italiano di questi anni, per cui sono molto felice che abbia avuto questa visibilità.
Una nota su Sean Penn: forse ha ripreso qualcosa dal suo lavoro in "Io sono Sam": è divertente, ma a tratti macchiettistico. comunque, un grandissimo niente da dire.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a katamovies »
[ - ] lascia un commento a katamovies »
|
|
d'accordo? |
|
molenga
|
lunedì 17 ottobre 2011
|
lontano da sé
|
|
|
|
cheyenne è un uomo ricco: negli abnni della new wave è stato una star del rock, oggi vive a Dublino con la moglie; continua a vestirsi come quando era sul palco, gira con una ragazzina dark che, come lui, non riesce ad avere relazioni con i suoi coetanei. é depresso, terribilmente. In America per la morte del padre, compirà un viaggio alla ricerca dell'aguzzino di quest'ultimo, un nazista ultranovantenne, e lo incontrerà...
Regia perfetta, magiche ambientazioni immortalate da una fotografia memorabile, una colonna sonora superba e ,a mio avviso, un'immagine finale azzeccatissima; Sorrentino nasconde i suoi marchi di fabbrica-balletti, controcampi etc.- e il film ne guadagna.Paradossalmente è il personaggio di Sean Penn, pur ben interpretato, a non apparire indimenticabile.
[+]
cheyenne è un uomo ricco: negli abnni della new wave è stato una star del rock, oggi vive a Dublino con la moglie; continua a vestirsi come quando era sul palco, gira con una ragazzina dark che, come lui, non riesce ad avere relazioni con i suoi coetanei. é depresso, terribilmente. In America per la morte del padre, compirà un viaggio alla ricerca dell'aguzzino di quest'ultimo, un nazista ultranovantenne, e lo incontrerà...
Regia perfetta, magiche ambientazioni immortalate da una fotografia memorabile, una colonna sonora superba e ,a mio avviso, un'immagine finale azzeccatissima; Sorrentino nasconde i suoi marchi di fabbrica-balletti, controcampi etc.- e il film ne guadagna.Paradossalmente è il personaggio di Sean Penn, pur ben interpretato, a non apparire indimenticabile.
Comunque un ottimo film
[-]
|
|
[+] lascia un commento a molenga »
[ - ] lascia un commento a molenga »
|
|
d'accordo? |
|
il fisio
|
martedì 18 ottobre 2011
|
un soffio sui capelli non basta a fare cult-movie
|
|
|
|
Il viaggio oltre confine di Sorrentino e quello decisamente interiore del protagonista del suo film non rendono palpabile, immediata ed evocativa l'esperienza di qualsiasi viaggiatore...Il film si trascina stancamente alla ricerca di un approdo che, una volta raggiunto(?), non smuove e non commuove. L'ottima interpretazione di Sean Penn, riguardo alla cui capacità non possiamo non essere pretenziosi, mitiga in parte l'ebbrezza errante della storia. L'olocausto è pesante ed importante da affrontare, sfiorarlo marginalmente con un senso di giustizia politicamente corretta, attraverso il contrappasso del vecchio tedesco nudo fermo sulla neve, alleggerisce solo le coscienze di chi non ha vissuto "veramente" quel periodo.
[+]
Il viaggio oltre confine di Sorrentino e quello decisamente interiore del protagonista del suo film non rendono palpabile, immediata ed evocativa l'esperienza di qualsiasi viaggiatore...Il film si trascina stancamente alla ricerca di un approdo che, una volta raggiunto(?), non smuove e non commuove. L'ottima interpretazione di Sean Penn, riguardo alla cui capacità non possiamo non essere pretenziosi, mitiga in parte l'ebbrezza errante della storia. L'olocausto è pesante ed importante da affrontare, sfiorarlo marginalmente con un senso di giustizia politicamente corretta, attraverso il contrappasso del vecchio tedesco nudo fermo sulla neve, alleggerisce solo le coscienze di chi non ha vissuto "veramente" quel periodo. L'unico indizio favorevole è la capacità di aver saputo trasportare sullo schermo ciò che rimane di una rockstar moderna, le sue paranoie, i suoi dubbi, la sua scarsa dialettica bruciata dalle droghe, i suoi sensi di colpa, la sua spensierata monotonia. Già Muccino si era sbilanciato a ricercare la felicità nelle stelle e strisce, ma il tricolore rimane, almeno per ora, il tessuto migliore sul quale stendere e far apprezzare le storie dei nostri profeti in patria...
[-]
[+] mi dispiace abbiamo visto film differenti
(di weach)
[ - ] mi dispiace abbiamo visto film differenti
|
|
[+] lascia un commento a il fisio »
[ - ] lascia un commento a il fisio »
|
|
d'accordo? |
|
shanks
|
giovedì 3 novembre 2011
|
il viaggio riuscito a metà
|
|
|
|
C'è qualcosa che non convince nel nuovo Sorrentino. Non stiamo parlando della bella fotografia o delle scelta dei brani musicali, veri colpi di pennello, ma forse nel tema portante del film stesso. Il punto di partenza è composto da una trama e da un movente che spinge Sean/Cheyenne/John Smith/Penn ad un lungo viaggio nel cuore degli States quantomeno originale,ma forse è proprio questo il limite della pellicola, soffrire dell'ennesima visione del viaggio interiore, il viaggio che porta a riscoprire se stessi nella classica ambientazione del "sogno americano". Sogno che ha portato al regista la possibilità di confrontarsi con un cinema per noi italiani inarrivabile, la possibilità di dirigere uno dei più grandi attori esistenti (gigantesco per prova e presenza) e di sbarcare oltreoceano come il suo predecessore Muccino.
[+]
C'è qualcosa che non convince nel nuovo Sorrentino. Non stiamo parlando della bella fotografia o delle scelta dei brani musicali, veri colpi di pennello, ma forse nel tema portante del film stesso. Il punto di partenza è composto da una trama e da un movente che spinge Sean/Cheyenne/John Smith/Penn ad un lungo viaggio nel cuore degli States quantomeno originale,ma forse è proprio questo il limite della pellicola, soffrire dell'ennesima visione del viaggio interiore, il viaggio che porta a riscoprire se stessi nella classica ambientazione del "sogno americano". Sogno che ha portato al regista la possibilità di confrontarsi con un cinema per noi italiani inarrivabile, la possibilità di dirigere uno dei più grandi attori esistenti (gigantesco per prova e presenza) e di sbarcare oltreoceano come il suo predecessore Muccino.
Ma se il cinema è dare emozioni, uscire dalla sala con ancora le scene davanti agli occhi e non cercare risposte dietro ad ogni angolo ma dare la propria interpretazione...beh, allora la missione è compiuta.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a shanks »
[ - ] lascia un commento a shanks »
|
|
d'accordo? |
|
lolligno69
|
giovedì 24 novembre 2011
|
assolutamente si.e' il miglior regista italiano.
|
|
|
|
This must be the place.
Innanzitutto bisogna puntualizzare che non si tratta di un road movie ma di un percorso di redenzione , un western postmoderno.
La vecchia rockstar (Oscar ?) per alleviare i suoi sensi di colpa(padre e figli/fans) scopre che non gli resta che la via della vendetta.
[+]
This must be the place.
Innanzitutto bisogna puntualizzare che non si tratta di un road movie ma di un percorso di redenzione , un western postmoderno.
La vecchia rockstar (Oscar ?) per alleviare i suoi sensi di colpa(padre e figli/fans) scopre che non gli resta che la via della vendetta. L'inerzia che lo accompagna (trolley) e' in realtà la sua inarrestabile , invincibile forza. Un Forrest Gump ex tossico. Ha smesso tutto ciò che lo faceva vivere ma non e' ancora morto. Crede nei rapporti umani addirittura anche quello tra vittima e carnefice. Uccide e salva contemporaneamente.
I riferimenti cinematografici di fanno più alti (direi Paris,Texas e Zabriskie Point). I dialoghi strepitosi (!).
'Passiamo dall'età in cui diciamo un giorno faro' così a il giorno in cui si dice d'andata così'. Sorrentino dimostra di saper giocare a ping pong nella massima serie.
E' il miglior regista italiano ed e' tempo di ostentarlo.
E' questo doveva essere il Film.
Ps il ragazzino che canta penso sia un Paolino piccolo( assomiglia). Personaggi di contorno indimenticabili.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lolligno69 »
[ - ] lascia un commento a lolligno69 »
|
|
d'accordo? |
|
|