weach
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mercoledì 19 ottobre 2011
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mentre il sogno diviene vivida realtà
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this must be the Place
di Paolo Sorrentino
anno di produzione 2011
La storia di Cheyenne non ha analogie con "Il Divo", diverso l'argomento , differente il contesto e gli input; se proprio vogliamo collegarli possiamo solo dire che è un film di Paolo Sorrentino :basta.
Poi mi correggo ed intravedo un legame:l' l'uso intelligente dei primi piani che parlano spesso più della parola come del resto i silenzi e gli occhi che osservano.
Il senso del film ?Non tutto deve avere un senso; si può anche essere semplicemente osservatori di accadimenti che ci scorrono addosso.
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this must be the Place
di Paolo Sorrentino
anno di produzione 2011
La storia di Cheyenne non ha analogie con "Il Divo", diverso l'argomento , differente il contesto e gli input; se proprio vogliamo collegarli possiamo solo dire che è un film di Paolo Sorrentino :basta.
Poi mi correggo ed intravedo un legame:l' l'uso intelligente dei primi piani che parlano spesso più della parola come del resto i silenzi e gli occhi che osservano.
Il senso del film ?Non tutto deve avere un senso; si può anche essere semplicemente osservatori di accadimenti che ci scorrono addosso.
Tutto ciò non ha indirizzo, proposito,messaggio, ma può essere proposito o esercizio di stasi volta ad assimilare una profondità che si è persa.
La dilatazione dello spazio e del tempo nell'opera di Sorrentino confluiscono in un luogo indeterminato dove tutto può evolvere verso una crescita.
Apprezzabile la sinergia che si riesce a costruire fra suoni ed immagini.
Imbattibile Sean Penn che gioca mirabilmente nel ruolo di Cheyenn!!!!!!!!!.
Alla fine parliamo bene , molto bene di questa ultima opera di Paolo Sorrentino,una fucina di esperimenti,un intelligente brodo primordiale dove si ramificano idee e propositi.
Vale sicuramente quattro stelle d'oro , tutto da vedere !!!!!
Buona visione
weach illuminati
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pierpi78
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lunedì 17 ottobre 2011
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notevole
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Finalmente un regista italiano che fa il regista. Scene, inquadrature, soggetti, musiche e location mozzafiato. Un film forse troppo denso di significati che descrive la storia di una vecchia pop star che vaga per l'america alla ricerca di una guardia Nazista che umiliò il padre morto ad Auschwitz ed invece trova se stesso. Un incrocio di storie e personaggi bizzarri che cullano lo spettatore fino alla conclusione. Film che può sembrare dai ritmi lenti ma che si è preso il giusto tempo per trasmettere emozioni. Uno Sean Penn favoloso che dà vita ad un personaggio dalle movenze alla Ozzy ma con una profondità e una caratterizzazione fortissima. Questo film è una piacevole sorpresa. Forse il cinema italiano ha bisogno solo di attori all'altezza e non più di registi.
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eduardo
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martedì 18 ottobre 2011
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clichè che funziona non si cambia
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Il canovaccio è sempre lo stesso per il regista di "This must be the place": c' è un protagonista suggestivo, cinico è candido allo stesso tempo, apparentemente stabile, ma che ad un certo punto, per motivi a lui esterni, cambia, è costretto a cambiare, ad evolversi. Questo è stato per "L' uomo in più", poi per "Le conseguenze dell amore", per "L amico di famiglia" e per ultimo per "Il divo". Il tutto accompagnato da una cifra stilistica superiore, da inquadrature e sequenze geniali (girate da un puro talento visivo nei tempi e negli spazi), da grandi dialoghi mai banali, e da una colonna sonora ricercata, varia ed in sincrono coi vai momenti della vicenda.
Ecco, questo è Paolo Sorrentino, questo è quello che egli ci propone in tutti i suoi film, nessuno escluso.
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Il canovaccio è sempre lo stesso per il regista di "This must be the place": c' è un protagonista suggestivo, cinico è candido allo stesso tempo, apparentemente stabile, ma che ad un certo punto, per motivi a lui esterni, cambia, è costretto a cambiare, ad evolversi. Questo è stato per "L' uomo in più", poi per "Le conseguenze dell amore", per "L amico di famiglia" e per ultimo per "Il divo". Il tutto accompagnato da una cifra stilistica superiore, da inquadrature e sequenze geniali (girate da un puro talento visivo nei tempi e negli spazi), da grandi dialoghi mai banali, e da una colonna sonora ricercata, varia ed in sincrono coi vai momenti della vicenda.
Ecco, questo è Paolo Sorrentino, questo è quello che egli ci propone in tutti i suoi film, nessuno escluso. Ora la domanda è: quale potrebbe essere la differenza degna di nota che Sorrentino riesce a proporre con la sua ultima opera rispetto agli altri suoi film? Essere approdato nella patria della celluloide girando una pellicola in tutto e per americana, essere riuscito ad esaltare un attore americano protagonista già all' acme del successo e del proprio livello artistico, essere riusciuto a proporre l' ennesima storia importante, densa di significato, narrata col suo consueto e non stancante modo autoriale ( Sean Penn non ha esitato a definire Sorrentino il regista che più si avvicina al concetto di artista).
Personalmente ho amato maggiormente gli ultimi tre film del regista napoletano, più freschi e carichi di energia, ma "This must be the place" andava girato con queste caratteristiche.
A mio avviso, il nostro, insieme a Tornatore, Virzi' e qualcun' altro, rientra nel ristretto novero dei migliori registi italiani, ma per consolidarsi in questa élite dovrebbe ora misurarsi con soggetti un pò più nuovi e magari corali.
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26watt
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giovedì 20 ottobre 2011
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svegliatevi!
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Sorrentino sembra riprendere in questo film il filo del discorso di The Three of Life, soprattutto nell'uso magistrale dei molteplici livelli linguistici del mezzo cinematografico, facendolo srotolare a Sean Penn che plana dal quel paradiso in questo purgatorio.
Una scatola accattivante piena di "cose" belle e inutili che fanno da contorno al vuoto interiore di chi ci vive dentro (broker, giovani rampanti, presunti Don Giovanni e commessi), ciascuno in attesa di Cheyenne che con la sua ingenua spontaneità li sveglia e li riporta alla realtà, nel bene e nel male.
Purtroppo sembra che nessuno riesca a svegliare lui, non la amatissima moglie, non la piccola amica che funge da figlia, non la morte del padre che comunque ha il merito di spingerlo fuori dal suo dorato isolamento.
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Sorrentino sembra riprendere in questo film il filo del discorso di The Three of Life, soprattutto nell'uso magistrale dei molteplici livelli linguistici del mezzo cinematografico, facendolo srotolare a Sean Penn che plana dal quel paradiso in questo purgatorio.
Una scatola accattivante piena di "cose" belle e inutili che fanno da contorno al vuoto interiore di chi ci vive dentro (broker, giovani rampanti, presunti Don Giovanni e commessi), ciascuno in attesa di Cheyenne che con la sua ingenua spontaneità li sveglia e li riporta alla realtà, nel bene e nel male.
Purtroppo sembra che nessuno riesca a svegliare lui, non la amatissima moglie, non la piccola amica che funge da figlia, non la morte del padre che comunque ha il merito di spingerlo fuori dal suo dorato isolamento.
Solo così, con il pretesto di rintracciare l'aguzzino del padre ebreo, riesce ad uscire dalla sua condizione di vecchio bambino e a riguadagnare un'identità che non sia più quella della rock star.
Perchè ci si dovrebbe interessare alla sorte di questo privilegiato, annoiato e depresso?
Perchè è la rappresentazione della nostra quotidianità, vite piene di cose inutili e vuote di contenuti, non ci fermiamo mai a capire cosa ci ha disturbato e perchè!
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fabrizioarno
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giovedì 1 marzo 2012
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capolavoro assoluto
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Cuore, impegno, perseveranza, amore, coinvolgimento, tenerezza, riflessione... tutto questo è This must be the place di Sorrentino, tutto questo e molto di più. E' la dichiarazione d'amore di un regista italiano per il cinema. Una dichiarazione che dura 118 minuti tondi. Un viaggio introspettivo dell'autore all'interno dell'animo umano, all'interno delle paure millenarie, della fame di rivalsa. Certo, Paolo Sorrentino ha avuto a sua disposizione uno degli attori più intensi ed espressivi in circolazione, Sean Penn, che con la sua interpretazione ha regalato alla storia del cinema un personaggio unico ed irripetibile, emblema della diversità, icona dell'umanità snocciolata senza remore e finzioni, nuda e cruda, reale, vera, con le sue pecche e le sue anomalie, con i suoi slanci e le sue vendette trasversali, con i suoi vuoti esistenziali e quei sentimenti in grado di far muovere il mondo.
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Cuore, impegno, perseveranza, amore, coinvolgimento, tenerezza, riflessione... tutto questo è This must be the place di Sorrentino, tutto questo e molto di più. E' la dichiarazione d'amore di un regista italiano per il cinema. Una dichiarazione che dura 118 minuti tondi. Un viaggio introspettivo dell'autore all'interno dell'animo umano, all'interno delle paure millenarie, della fame di rivalsa. Certo, Paolo Sorrentino ha avuto a sua disposizione uno degli attori più intensi ed espressivi in circolazione, Sean Penn, che con la sua interpretazione ha regalato alla storia del cinema un personaggio unico ed irripetibile, emblema della diversità, icona dell'umanità snocciolata senza remore e finzioni, nuda e cruda, reale, vera, con le sue pecche e le sue anomalie, con i suoi slanci e le sue vendette trasversali, con i suoi vuoti esistenziali e quei sentimenti in grado di far muovere il mondo. Sorrentino ha fatto centro, decisamente, con professionalità, dedizione, parsimonia. Con l'uso di coloro algidi e cupi che poi dileguano in un arcobaleno estatico, quando il protagonista compie il balzo che lo separa della sua condizione di eterno bambino ripiegato su se stesso a quella di uomo maturo e conscio dei propri mezzi. Candidato all'Oscar 2013? Ovvio. Se non vincesse sarebbe un'onta!
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riccardotripodi
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martedì 25 ottobre 2011
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qualcosa di unico!
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Spesso, quando ci rechiamo al cinema, non pensiamo all'importanza che ha il nostro umore nella visione del film. Spesso, ci ritroviamo a ridere in film che al massimo hanno qualche "discreta" battuta e a sorridere in capolavori del genere comico. E' così, non possiamo farci nulla. E' il nostro umore che comanda.
Sabato pomeriggio ero a posto. Riposato quanto basta. Con la compagnia giusta. In anticipo sull'inizio dello spettacolo. Senza cellulari dei "vicini" che squillavano, senza nessun giocatore di basket con i capelli "afro" davanti a me. Insomma stavo bene, ero comodo e nessuno mangiava popcorn.
Ed è con questa serenità che guardo un film meraviglioso. This Must Be the Place mi ha lasciato brividi piacevoli anche dopo la proiezione.
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Spesso, quando ci rechiamo al cinema, non pensiamo all'importanza che ha il nostro umore nella visione del film. Spesso, ci ritroviamo a ridere in film che al massimo hanno qualche "discreta" battuta e a sorridere in capolavori del genere comico. E' così, non possiamo farci nulla. E' il nostro umore che comanda.
Sabato pomeriggio ero a posto. Riposato quanto basta. Con la compagnia giusta. In anticipo sull'inizio dello spettacolo. Senza cellulari dei "vicini" che squillavano, senza nessun giocatore di basket con i capelli "afro" davanti a me. Insomma stavo bene, ero comodo e nessuno mangiava popcorn.
Ed è con questa serenità che guardo un film meraviglioso. This Must Be the Place mi ha lasciato brividi piacevoli anche dopo la proiezione. Non so spiegare ancora bene perchè mi senta profondamente bene a distanza di giorni, ma posso giurare che è merito di questo film.
Cosa dire di Sean Penn? La sua interpretazione supera anche quella che ha fatto in "Carlito's way" quando interpretava l'avvocato cocainomane amico di Al PAcino.
Riesce (Penn) a rendere credibile un personaggio "in-credibile", nel senso di "poco credibile" nel mondo attuale.
Riesce (Penn) a non farti pesare la sua noia che cerca di spacciare per depressione ma che è solo un capire come fare a ritrovare "se stesso". Ed è la cosa più difficile che un uomo possa fare, quanti di noi sanno effettivamente chi sono? Quanti di noi possono dire di non essere sopraffatti dalla noia? Ecco, lui, straricco ma annoiato, ex-tossico, ex-alcolista, innamorato di sua moglie (ed anche qui sta la vera rivoluzione), cerca di farci vedere il mondo dal suo punto di vista, cerca di farci capire che anche con il successo ed i soldi non è facile tirare avanti se non si ha gioia di vivere.
La ricerca, in America, del criminale nazista è un "maturare in ritardo", ed è bellissimo scoprire una volta di più che non è mai troppo tardi.
Difficilmente un film mi ha entusiasmato a tal punto, amo il cinema, tutti i generi, ma queste emozioni le ho percepite pochissime volte. Paolo Sorrentino è un ottimo regista ma qui devo proprio dire che è stato grande. Stilisticamente perfetto.
Questo film è un mix perfetto di emozioni e dopo 5 minuti sei già preso dal protagonista. Chissà se lo faranno concorrere ai Premi Oscar ma comunque un premio glielo abbiamo dato noi andandolo a vedere. Merita 10.
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aldo ricci
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giovedì 20 ottobre 2011
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real great movie
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Straordinario film che, oltre all'impeccabile performance di Sean Penn, rivela la grandezza di Paolo Sorrentino, un regista finalmente italiano! Un film che è forse inutile recensire, perché anche la recensione più favorevole non renderebbe la bellezza e la profondità di una delle migliori pellicole mai viste nella mia vita, della quale non mi rimane che caldeggiare la visione nel senso più letterale del termine.
Impeccabili anche le gli altri interpreti come Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stenton, Joyce Van Patten e un David Byrne ottimo interprete di se medesimo, mentre il titolo è tratto da una canzone dei Talking Heads.
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carolinabruno
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sabato 22 ottobre 2011
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superlativo
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Questo film io lo trovo meraviglioso. Sorrentino è geniale, il suo personaggio ammaliante, non ti lascia più - anche per la sofisticata e intensa bravura di Sean Penn. Tutto è perfetto - la sceneggiatura, i personaggi, la musica (e l'utilizzo che ne viene fatto soprattutto), la fotografia, i significati - alcune scene poi mi si sono impresse nella mente e mi hanno lasciata estasiata. Un film profondo, un film delle piccole cose (i suoni degli oggetti, dei passi, del vento, i particolari più sottili) ma anche delle grandi cose, del significato della vita e dei nostri sentimenti.
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giacomogabrielli
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mercoledì 26 ottobre 2011
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sorrentino's. ****
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Originale. Triste. Irriverente. Pazzo. Intimo. Lucido. Diverso. Indimenticabile. Ecco il nuovo film del regista de "Il Divo". L'elemento principale che anche qui denota chi è l'autore è senza ombra di dubbio il personaggio attorno al quale ruota tutto. Un viaggio attraverso la vita di un uomo più unico che raro, portato in scena da uno Sean Penn affascinante, misterioso ed umano. Certo, da Sorrentino ci si aspettava una storia come poche altre, anche se stavolta la bellezza dell'opera stupisce come mai prima d'ora. Non un film "italiano girato in America", ma a tutti gli effetti un film americano. Luca Bigazzi, ancora una volta per Sorrentino, fotografa splendidamente i paesaggi della provincia e delle distese naturali americane, che il regista ha selezionato con occhio furbo.
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Originale. Triste. Irriverente. Pazzo. Intimo. Lucido. Diverso. Indimenticabile. Ecco il nuovo film del regista de "Il Divo". L'elemento principale che anche qui denota chi è l'autore è senza ombra di dubbio il personaggio attorno al quale ruota tutto. Un viaggio attraverso la vita di un uomo più unico che raro, portato in scena da uno Sean Penn affascinante, misterioso ed umano. Certo, da Sorrentino ci si aspettava una storia come poche altre, anche se stavolta la bellezza dell'opera stupisce come mai prima d'ora. Non un film "italiano girato in America", ma a tutti gli effetti un film americano. Luca Bigazzi, ancora una volta per Sorrentino, fotografa splendidamente i paesaggi della provincia e delle distese naturali americane, che il regista ha selezionato con occhio furbo. Come sempre adorabile Frances McDormand e molto apprezzata la parte di Judd Hirsch (il papà di Jeff Goldblum in "Indipendence Day"). I movimenti di macchina e le trovate geniali per comporre le inquadrature rendono il film ancor più coinvolgente. Profondo e ben riuscito il finale, dove tutto converge, dove tutto finisce. SORRENTINO'S ****
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flavia58
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mercoledì 2 novembre 2011
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andamento lento che piacere !
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Molto è stato già detto dai precedenti commenti. Solo qualche puntualizzazione : sono dalla parte di chi lo considera un gioiello. E' tutto di ottima levatura : la fotografia è splendida ma mai ammiccante e non sopravanza nè la trama, nè la sceneggiatura, tantomeno l'andamento, lento come sempre in Sorrentino. Ma la sua lentezza non è mai sfinente, piuttosto dona allo spettatore l'occasione per riflettere su ogni singola frase : personalmente ritengo i dialoghi una calibrata caduta di perle che, una dopo l'altra, chiariscono e sottolineano,in armonica successione,sentimenti e dati caratteriali dei singoli personaggi. Ho visto il film in lingua e così ho raccomandato di fare a chi mi ha chiesto un parere ( e qui apro una parentesi su le tante volte che -a mio avviso- il doppiaggio, specie ultimamente, leva parecchio al godimento della pellicola).
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Molto è stato già detto dai precedenti commenti. Solo qualche puntualizzazione : sono dalla parte di chi lo considera un gioiello. E' tutto di ottima levatura : la fotografia è splendida ma mai ammiccante e non sopravanza nè la trama, nè la sceneggiatura, tantomeno l'andamento, lento come sempre in Sorrentino. Ma la sua lentezza non è mai sfinente, piuttosto dona allo spettatore l'occasione per riflettere su ogni singola frase : personalmente ritengo i dialoghi una calibrata caduta di perle che, una dopo l'altra, chiariscono e sottolineano,in armonica successione,sentimenti e dati caratteriali dei singoli personaggi. Ho visto il film in lingua e così ho raccomandato di fare a chi mi ha chiesto un parere ( e qui apro una parentesi su le tante volte che -a mio avviso- il doppiaggio, specie ultimamente, leva parecchio al godimento della pellicola). Qualcuno ha detto che è un film per cinquantenni : al contrario ritengo che per ogni età vi sia un messaggio. Ai giovani arriva in special modo il segnale di quanto possa nuocere farsi strumentalizzare dai tanti messaggi mortiferi o comunque negativi o distruttivi,insinuati da alcune delle icone che di volta in volta la grande macchina discografica ha prodotto e produce. Molti anziani ritroveranno forse la loro cronaca, riappacificando l'animo con un messaggio di giustizia compiuta verso i tanti orrori del nazismo ( e del fascismo) nei confronti dei "non ariani".Ma è una giustizia pur sempre meno violenta di quella subita, più che altro un contrappasso. Interessante per tutte le età invece la rivisitazione e l'analisi del rapporto genitore-figlio, proposto come positivamente risolvibile anche post-mortem del genitore : luce di speranza per tutti coloro che, di fronte alla scomparsa della controparte, spesso risolvono i conflitti irrisolti con anni di analisi ! E' una pellicola gentile e poetica, magistralmente interpretata, ironica, pietosa ed impietosa nel contempo,profonda e liberatoria, mai ruffiana, come non è ruffiano l'happy end. Il personaggio di Sean Penn è stato sovrapposto a tante figure, ma a me è parso ricalcare piuttosto il vecchio Ozzy Osborne...ma forse non è poi così fondamentale : è un simbolo, una maschera, ed anche nell'utilizzo dello strumento "maschera" Sorrentino ha dato dimostrazione di saper trattare il tutto con sensibilità e profondità, senza annoiare, pur con le sue famose pause : in lui "il tacet è in partitura", se vi ricordate la famosa chiosa di "Amici miei".
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[+] flavia, brava!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
(di weach )
[ - ] flavia, brava!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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